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Autore Discussione: FRANCO VENTURINI. - Conti (e veleni) correnti L’accordo europeo sull’Unione...  (Letto 2137 volte)
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« inserito:: Dicembre 24, 2013, 06:18:44 pm »

L’EDITORIALE
Conti (e veleni) correnti
L’accordo europeo sull’Unione bancaria


L’Unione Europea è arrivata a una doppia svolta che può decidere del suo futuro, e che interessa da vicino gli sforzi italiani volti ad «agganciare » una ripresa altrove emergente. La prima novità si chiama fase due dell’Unione bancaria, e sarà il piatto forte del vertice della Ue che si apre stasera a Bruxelles. Dopo tre giorni e tre notti di intense e talvolta vivaci discussioni, prima in sede ristretta su richiesta tedesca (per l’Italia c’era a Berlino il ministro Saccomanni), poi all’Eurogruppo e ieri nell’Ecofin, viene dato per imminente un accordo sulla più cruciale delle questioni: come deve rispondere l’Europa se una banca, una grande banca europea, si trova sull’orlo del fallimento e minaccia di seminare panico tra i risparmiatori e contagi mortali nel sistema finanziario? Basta ricordare che la crisi dei debiti sovrani nacque con il fallimento di una banca Usa, e che alcuni Stati europei dovettero poi svenarsi per tenere a galla i loro istituti di credito, per capire l’assoluto rilievo del dibattito sulla creazione di un «meccanismo di risoluzione» destinato alle banche in crisi.

Non vi era migliore occasione per ostentare visioni diverse e anche interessi diversi, in una Ue già troppo spesso divisa. Ma il nuovo governo tedesco, il terzo guidato da Angela Merkel, questa volta ha usato tutto il suo notevole peso per far sì che un accordo fosse trovato. Non che la Cancelliera e i suoi collaboratori si siano mostrati arrendevoli, questa sarebbe davvero una rivoluzione. Ma, fresca vincitrice delle elezioni in Germania e appena confermata capo della Grande coalizione con i socialdemocratici della Spd, poteva Angela Merkel ripresentarsi a Bruxelles e ai suoi soci comunitari (e aggiungiamo pure al critico Obama) bloccando il vitale progetto dell’Unione bancaria? Evidentemente no, se un compromesso accettabile per Berlino era possibile. Ed è così, un piccolo passo avanti dopo l’altro, che per una volta la politica ha favorito l’esito di un arduo negoziato partito male. Beninteso servirà tempo per valutare ogni risvolto delle nuove regole in via di adozione, sempre che il diavolo dei dissensi non ci metta lo zampino all’ultimo minuto. Ed è anche vero che le indicazioni disponibili non inducono all’esultanza, perché restano alcune delle eccessive complicazioni che Mario Draghi aveva lamentato nei giorni scorsi, e il peso finanziario che viene posto sul sistema delle banche per salvare sé stesse o una consorella malata potrebbe indurre gli istituti di credito a restringere ulteriormente i finanziamenti rallentando le economie meno competitive come quella italiana.

E tuttavia sembra — la cautela è d’obbligo — che siano stati individuati i «paracadute » finanziari destinati a colmare il vuoto dei prossimi dieci anni (quando diventerà operativo il fondo creato dai versamenti delle banche), e che l’Esm, il Fondo europeo di stabilità già esistente, qualche ruolo lo avrà se tutti i tentativi prima bancari e poi statali a livello nazionale dovessero rivelarsi insufficienti. Su questo, opponendosi alle richieste di Italia, Francia e Spagna, la Germania è stata fino ad oggi particolarmente intransigente al riparo di una formula ormai nota: i contribuenti tedeschi e i correntisti tedeschi (super tutelati dallo Stato) non devono essere chiamati a pagare per le banche altrui. Se si arriverà all’accordo, dunque, ci sarà molto da lavorare e da vigilare sulla sua interpretazione. Per consolidare, e forse per migliorare, un compromesso lungi dall’essere perfetto ma comunque incoraggiante e ben diverso da un clamoroso fallimento. Germania protagonista, com’è inevitabile, anche nella seconda svolta che sarà evocata oggi a Bruxelles. È una idea tedesca, infatti, quella dei «contratti per riforme strutturali incentivate» che ogni Stato potrebbe volontariamente concludere con le istanze europee impegnandosi solennemente ad attuare riforme concordate con l’ausilio di altrettanto concordati incentivi finanziari. A qualcuno potrebbe venire in mente lo spauracchio di un nuovo Fiscal compact, oppure una eccessiva perdita di sovranità, e i politici populisti evocheranno sicuramente l’ennesimo diktat germanico. Ma in un Paese come l’Italia dove attuare una riforma seria diventa impresa talvolta impossibile, e dove il «vincolo» esterno ci ha sempre aiutati piuttosto che vilipesi, l’ipotesi del «contratto » merita attenta e favorevole valutazione. Purché non si traduca in discriminazione, e che risulti politicamente e socialmente sostenibile. Purché anche la Germania ne sottoscriva uno per se, favorendo la riattivazione degli investimenti interni a vantaggio di tutti. Un territorio da esplorare, insomma, ma non da respingere perché tedesco.

19 dicembre 2013
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Franco Venturini

Da - http://www.corriere.it/editoriali/13_dicembre_19/conti-veleni-correnti-0222a4f8-6873-11e3-a596-3f90988b64b7.shtml
« Ultima modifica: Gennaio 09, 2017, 06:30:40 pm da Arlecchino » Registrato
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