Martedì 29 Ottobre 2013 10:33
Marco Milanese, ex deputato Pdl e consigliere di Tremonti
Al professore un compenso di 194.332 euro. Dalla risposta del Mef a una interrogazione del M5S emerge che il Consiglio di disciplina della Scuola ha sospeso l'azione disciplinare avviata dal rettore.
In attesa che le inchieste penali si concludano.Marco Milanese, ex deputato Pdl e consigliere di Tremonti, è tornato a insegnare alla Scuola superiore dell'economia e delle finanze. Nonostante una condanna a otto mesi e le inchieste in corso in tre procure per svariati reati, il suo nome compare tra i professori ordinari della Scuola che dovrebbe preparare i funzionari dell'amministrazione finanziaria. I vertici della Scuola, dunque, hanno reintegrato Milanese al termine dell'aspettativa concessa durante il mandato parlamentare nonostante il 'professore', assunto a suo tempo più per meriti politici che scientifici, abbia mostrato, stando alle accuse, una spiccata propensione all'illegalità. Non abbiamo motivo di dubitare che la Scuola abbia rispettato formalmente le norme e le regole. Ed è proprio questo il punto. Le regole. Come è possibile che una pubblica amministrazione che pretende di essere severa con i dipendenti dei livelli più bassi non si preoccupi di ciò che succede nei posti di maggior rilievo. E alcuni incarichi conferiti dalla Ssef sono certamente evidenti esempi di pratiche abnormi diffuse tra le alte burocrazie pubbliche, troppo spesso pronte a sfruttare opportunità e regole per fini personali. Scorrendo l'elenco dei professori ordinari della Scuola, oltre al citato Milanese, che guadagna 194.332 euro l'anno, troviamo, tra gli altri, Vincenzo Fortunato, ex capo di gabinetto di Tremonti, con 301.320 euro, Marco Pinto, ex capo dell'ufficio legislativo del Mef, con lo stesso stipendio, ora in aspettativa, e Gaetano Caputi, anch'egli un tempo all'ufficio legislativo del Mef e ora fuori ruolo in quanto direttore generale della Consob. Tutti personaggi che in forza di una "normetta" ad hoc sono stati nominati professori ordinari della Scuola senza alcun concorso e hanno utilizzato la Scuola per 'arrotondare', si fa per dire, il loro già generoso stipendio.
Ma torniamo a Milanese. Sul suo ritorno alla Ssef si registra una interrogazione dei deputati del Movimento 5 Stelle che chiedono la revoca dell'incarico."Il curriculum vitae, le sue tendenze giudiziarie" -scrivono- "non appaiono corrispondere ai criteri della Ssef". L'incarico, evidenziano, è stato conferito "nonostante una condanna in primo grado, un rinvio a giudizio ed un'inchiesta della magistratura che lo vede coinvolto proprio insieme all'ex Ministro Tremonti''. I grillini, che hanno presentato un'interrogazione anche al Senato, ricordano le vicende giudiziarie che a vario titolo vedono coinvolto l'ex braccio destro di Tremonti a via Venti Settembre. "il 28 marzo scorso -scrivono- Milanese è stato, condannato dal tribunale di Roma a 8 mesi per finanziamento illecito di un deputato (pena sospesa), nel processo nato da un filone dell'inchiesta sugli appalti Enav''. Inoltre è stato rinviato a giudizio, l'8 giugno 2013, dal Gup Amelia Primavera del tribunale di Napoli per associazione a delinquere, corruzione e rivelazione di segreto. Secondo l'accusa "avrebbe ricevuto denaro e regali (...) dall'imprenditore Paolo Viscione in cambio della promessa di rallentare e 'aggiustare' un inchiesta a suo carico". Dal 10 marzo 2013, infine, Milanese è indagato, insieme a Tremonti, per finanziamento illecito a singolo parlamentare, nell'inchiesta del Pm Paolo Ielo della Procura di Roma che riguarda l'abitazione nel cuore della capitale in cui l'ex Ministro dell'economia e delle finanze ha abitato dal luglio 2010 all'estate del 2011; l'ipotesi dell'inchiesta è che l'imprenditore Angelo Proietti, titolare della Edil Ars, abbia pagato di tasca propria, tra 2008 ed il 2009, i duecentocinquantamila mila euro di lavori eseguiti nell'immobile di 200 metri quadrati di via del Campo Marzio per entrare nelle grazie del ministro Tremonti e per consolidare il legame con Milanese il quale, in Sogei, aveva un peso specifico non indifferente in materia di nomine e di affidamento di appalti''.
Interessante e istruttiva la risposta del Mef letta dal sottosegretario Pier Paolo Baretta. Dopo aver ricordato che Marco Milanese è stato nominato professore ordinario della Scuola superiore dell'economia e delle finanze con decreto del Ministro dell'economia del 10 luglio 2004, e quali siano state le modifiche normative intervenute sull'ordinamento dei professori della Ssef, Baretta viene al dunque. L'8 marzo 2013 Milanese ha chiesto di rientrare dall'aspettativa per mandato parlamentare, con effetto dal 15 marzo 2013, data di cessazione dalla carica di deputato. Pertanto, con decreto del 15 marzo 2013, a decorrere dalla stessa data il professor Marco Milanese, a norma di legge, è stato riammesso nel ruolo a esaurimento dei professori ordinari della Scuola. E da tale data gli viene corrisposto il trattamento economico, determinato secondo i criteri previsti per i professori ordinari dall'articolo 3 del decreto ministeriale 28 settembre 2000, n. 301, nonché dal decreto rettorale 28 luglio 2004. E fin qui la parte burocratica. A questo punto, scrive il Mef: "a seguito dell'avvenuta conoscenza, attraverso i più diffusi organi di stampa, di procedimenti penali in corso a carico del professor Milanese, il Rettore della Ssef ha provveduto a chiedere, nel mese di marzo 2013, alle Procure della Repubblica di Milano, Napoli e Roma i correlati elementi conoscitivi per l'eventuale esercizio del potere disciplinare''.
Stando alla ricostruzione la scuola avrebbe appreso delle pendenze giudiziarie di Milanese nel mese di marzo scorso subito dopo averlo reintegrato. Quantomeno viene da pensare che ci si sia distratti un po' nel corso del 2012, dato che le vicende che hanno coinvolto Milanese, con annesse richieste di autorizzazione alla Camera, hanno riempito le pagine dei giornali e dei Tg nazionali. Ma torniamo alla risposta del Mef letta da Baretta in Commissione finanze alla Camera. "La Procura della Repubblica di Milano ha comunicato che, allo stato, «non erano ostensibili informazioni riguardanti la posizione in oggetto». Al momento, la Scuola non ha ancora ricevuto alcun riscontro dalla Procura della Repubblica di Roma. Acquisite informazioni dalla Procura di Napoli, il Rettore, con propri decreti n. 1794 e n. 1795 del 4 aprile 2013, ha disposto l'avvio, nei confronti del professor Milanese, di due procedimenti disciplinari, ai sensi dell'articolo 10, secondo comma, della legge 30 dicembre 2010, n. 240, in relazione ai fatti descritti nei capi di imputazione, in entrambi i casi per l'applicazione della sanzione più grave prevista dall'articolo 87 del regio decreto 31 agosto 1933, n. 1592 (destituzione dal servizio). Considerata la necessità di attendere l'esito dei correlati accertamenti per l'irrogazione della sanzione, il Rettore ha proposto al Collegio di disciplina, competente per i procedimenti disciplinari riguardanti i docenti e i ricercatori della Scuola, di sospendere il procedimento disciplinare fino al termine di quello penale, disponendo la trasmissione degli atti al Collegio stesso, per gli adempimenti istruttori e la redazione del parere come di competenza".
Il Collegio di disciplina della Ssef (sarebbe interessante conoscere i componenti), nella seduta del 15 aprile 2013, "considerata l'impossibilità di procedere ad autonomi accertamenti delle condotte contestate al professor Milanese, trattandosi di fatti non ascrivibili all'esercizio delle funzioni di professore della Scuola, sui quali sono in corso complesse indagini penali, ha espresso il parere di sospendere i procedimenti disciplinari fino al termine di quelli penali''. Non è uno scherzo, avete capito bene. Il Collegio di disciplina, anziché sospendere Milanese dalle funzioni e dallo stipendio, in attesa di conoscere l'esito degli accertamenti delle procure, ha sospeso l'azione disciplinare avviata dal Rettore. Comunque possiamo stare tranquilli, perché, ha assicurato Baretta, "la Scuola ha già inoltrato formale richiesta di aggiornamenti sullo stato dei giudizi in corso ai predetti organi di giustizia, per valutare eventuali ulteriori iniziative disciplinari".
Qualche riflessione tecnica più approfondita sul rapporto tra procedimento penale e procedimento disciplinare ci fa credere che le regole, formalmente rispettate, non imponessero alla Scuola la soluzione che ha scelto di adottare. Vediamo perché.
L'art. 55-ter del D.lgs. 150 del 2009 innova profondamente i rapporti tra il procedimento penale e quello disciplinare, eliminando la cosiddetta "pregiudiziale penale" nei confronti del procedimento disciplinare. Prima dell'entrata in vigore del d.lgs 150, infatti, la regola generale era quella della prevalenza del giudizio penale, per cui il procedimento disciplinare rimaneva sospeso fino alla sentenza definitiva. Ora, invece, nell'ipotesi in cui fatti di rilievo disciplinare costituiscano anche ipotesi di reato e quindi, per gli stessi fatti, proceda l'autorità giudiziaria penale, il procedimento disciplinare non viene più sospeso ma prosegue e viene portato a conclusione. Tuttavia, in alcuni casi, l'amministrazione ha la facoltà di sospendere il procedimento disciplinare. Tale facoltà trova una diversa applicazione a seconda che si stato avviato un procedimento disciplinare semplificato o ordinario. Nel primo caso, secondo quando stabilito dal primo comma dell'art. 55-ter, la possibilità di sospensione è totalmente preclusa. Nel secondo, il legislatore definisce due condizioni in presenza delle quali è ammessa la sospensione, che non necessariamente devono essere soddisfatte entrambe: per la "particolare complessità" degli accertamenti e per l'insufficienza di elementi a "motivare l'irrogazione della sanzione".
Nel caso in cui l'Amministrazione decida di chiudere il procedimento disciplinare prima che sia terminato il procedimento penale, archiviandolo o irrogando la sanzione, questa ha l'obbligo, per determinati casi, di riaprire il procedimento disciplinare una volta che quello penale sia arrivato a conclusione e di adeguarne le determinazioni finali a quanto stabilito nella sentenza penale. A tale riguardo, è opportuno chiarire che la legge distingue fra "riapertura" e "ripresa", le due forme in cui si può presentar la riattivazione del procedimento disciplinare. Per riapertura si intende la riattivazione di un procedimento disciplinare già arrivato alla conclusione; per ripresa si intende la riattivazione di un procedimento sospeso in attesa della conclusione del procedimento penale.
Il d.lgs 150/2009 disciplina i casi in cui il procedimento penale abbia un esito tendenzialmente in contrasto con quello del procedimento disciplinare non sospeso, prevedendo la riapertura del procedimento disciplinare in tre casi.
1) Il procedimento disciplinare si conclude con l'irrogazione di una qualsiasi sanzione, mentre quello penale con un sentenza irrevocabile di assoluzione piena (il fatto addebitato al dipendente non sussiste o non costituisce illecito penale o il dipendente non lo ha commesso). In questo caso la riapertura avviene su richiesta dell'interessato. L'istanza va presentata, a pena di decadenza, entro 6 mesi da quando diviene irrevocabile la sentenza assolutoria piena.
2) Il procedimento disciplinare termina con l'irrogazione di una sanzione meno grave del licenziamento, mentre quello penale con una sentenza irrevocabile di condanna. Da questa sentenza emerge che al dipendente è addebitabile in sede disciplinare un fatto tale da comportare la sanzione del licenziamento. In questo caso la riapertura è disposta d'ufficio.
3) Il procedimento disciplinare si conclude con l'archiviazione, mentre quello penale con una sentenza irrevocabile di condanna. Anche in questo caso la riapertura è disposta d'ufficio.
E' opportuno precisare che le ultime due ipotesi ricorrono anche in caso di sentenza di patteggiamento, perché l'art. 445-bis Cpp equipara per principio tale sentenza a una pronuncia irrevocabile di condanna. L'art. 55-ter, commi 2, 3 e 4, prevede che il procedimento disciplinare debba essere ripreso o riaperto entro 60 giorni dalla comunicazione della sentenza all'Amministrazione o dalla presentazione dell'istanza di riapertura da parte del dipendente, e concluso entro 180 giorni.
Per quanto riguarda i procedimenti disciplinari attivati e sospesi prima dell'entrata in vigore del D.lgs. n. 150 del 2009, ossia prima del 15 novembre 2009, questi continueranno a rimanere sospesi considerando la non retroattività delle norme sostanziali più sfavorevoli al dipendente e il principio del tempus regit actum. I termini per la riattivazione sono gli stessi previsti nella nuova previsione legislativa appena illustrati. Tutti i previgenti termini che disciplinavano l'avvio e la conclusione del procedimento disciplinare nei casi di condanna penale irrevocabile sono stati abrogati dall'art.72, comma2,delD.Lgs. n. 150/2009.
Alla luce del quadro normativo sopra ricordato appare evidente che la sospensione del procedimento disciplinare a carico di Marco Milanese non era l'unica decisione che poteva essere adottata dal Consiglio di disciplina della Scuola. A ciò si aggiunga l'ormai sopravvenuta conoscibilità degli atti da parte dell'amministrazione per due dei procedimenti penali che coinvolgono il docente, per uno dei quali si è giunti alla condanna in primo grado e per un altro alla richiesta di rinvio a giudizio.
Da -
http://www.fiscoequo.it/index.php?option=com_content&view=article&id=778:ssef-tra-i-docenti-marco-milanese-ex-consigliere-di-tremonti-inquisito-da-3-procure&catid=52:attualita&Itemid=110