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Autore Discussione: Monica Perosino. - “Io, dimenticata in cella perché sono bahai”  (Letto 2194 volte)
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« inserito:: Novembre 03, 2013, 07:15:58 pm »

Esteri
30/10/2013 - la storia

“Io, dimenticata in cella perché sono bahai”

Oltre ai sette dirigenti del gruppo Yaran sono circa 130 i bahai in carcere per motivi religiosi. Nella foto una protesta per la loro liberazione a Rio de Janeiro, in Brasile
Nell’Iran di Rohani minoranze religiose ancora discriminate

Monica Perosino

«Taraneh fiore mio, avevi 13 anni quando fui costretta ad abbandonarti». Fariba Kamalabadi, ha 51 anni, occhi scuri e melanconici, tre figli adolescenti e una condanna a vent’anni.

Dopo cinque anni di comunicazioni censurate e colloqui sorvegliati, una preziosa, unica lettera alla figlia è riuscita a sfuggire ai controlli, affidata a una compagna di carcere liberata. «Taraneh fiore mio, alle sei del mattino eri pronta col grembiule per andare a scuola. Gli agenti fecero irruzione in casa nostra e mi portarono via con loro». 

Fariba Kamalabadi dovrà stare nel carcere di massima sicurezza di Teheran fino al 2028 per spionaggio, vilipendio alla religione e propaganda contro la Repubblica islamica dell’Iran. In una parola: deve stare in carcere perché è bahai. Lei, con gli altri sei membri del gruppo Yaran («Amici»), sono stati rinchiusi, senza un solo giorno di permesso, perché la loro religione richiama l’uguaglianza dei sessi, la compatibilità tra scienza e religione, e la relatività della verità (compresa la verità religiosa). Soprattutto, la fede bahai prevede la scissione tra Stato e Chiesa. Che nella Repubblica islamica è già una contraddizione in termini. I bahai - se dichiarano la propria fede religiosa - sono ostracizzati: non possono studiare, lavorare per lo Stato e né dove sia previsto il contatto con il pubblico, dagli ospedali ai ristoranti. Sono impuri. 

Nonostante le aperture del nuovo presidente iraniano Rohani nei confronti delle minoranze i cambiamenti sembrano ancora da venire. Solo qualche giorno fa il relatore per i diritti umani in Iran diceva all’Onu che «la situazione dei diritti umani nella Repubblica islamica dell’Iran continua a creare serie preoccupazioni e non dà segni di miglioramento - ha spiegato Ahmed Shaheed -. Continuano le discriminazione contro le donne e le minoranze etniche, e non si attenuano i limiti imposti alla libertà di espressione e associazione». Non solo: «Le minoranze religiose, come i bahai, i cristiani, i musulmani sunniti sono sempre più soggette a varie forme di discriminazione legale, come nell’impiego e nell’educazione, e sono spesso sottoposte a detenzioni, torture e maltrattamenti arbitrari».

Scrive ancora Fariba Kamalabadi: «33 anni fa, a seguito della rivoluzione culturale, fui privata dell’accesso all’università a causa della mia appartenenza religiosa. Da quell’anno tutti i giovani bahai sono stati privati di questo loro diritto. Quest’anno, con l’avvento del nuovo governo e nuovo clima politico con promesse allettanti sui diritti per tutti i cittadini, noi speravamo che tu potessi continuare a studiare in patria». 

Non è stato così, la figlia di Fariba, come tante altre iraniane, per studiare ha solo una strada: abbandonare il Paese. Come Darya, 21 anni, «scappata» in Italia – dove c’è una forte comunità bahai – per poter frequentare l’università. «In Iran ti lasciano vivere, e ti deve bastare. Se vuoi studiare non puoi. Ti fanno fare il test d’ingresso all’università, ma devi dichiarare la tua religione. Se sei bahai sei fuori. In Iran i giovani non possono decidere di essere quello che vogliono essere». Darya è venuta in Italia con Fatemeh, la sua migliore amica, musulmana: «Non ho paura, anche se dovrei - dice -. Sto solo studiando all’estero con un’amica. Penso che le differenze religiose non contino e che la vita, per i giovani dell’Iran, dovrebbe essere più facile». 

Da - http://lastampa.it/2013/10/30/esteri/io-dimenticata-in-cella-perch-sono-bahai-9hEBzuRxxjO9b2H4LoGj4M/pagina.html
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