CRONACHE
07/10/2013 - L’EX COLONIA. 43 ANNI FA IL RIMPATRIO
La trattativa segreta di Moro con Nasser per gli italiani in Libia
Tra i primi gesti “rivoluzionari” di Gheddafi ci fu la cacciata degli italiani dalla Libia
Ma il 7 ottobre 1970 Gheddafi espulse i nostri connazionali
FRANCESCO GRIGNETTI
ROMA
Libia, 7 ottobre 1970. Quarantatrè anni fa. Gli italiani vengono cacciati da Gheddafi. Quarantamila persone sono espulse dalla mattina alla sera, dichiarate «indesiderate» dal nuovo governo rivoluzionario che ha preso il potere un anno prima. I loro beni, confiscati. Uno choc per tanta brava gente che nulla aveva a che fare con le vicende coloniali e che si considerava tripolina a tutti gli effetti.
Nella rabbia del momento, tanti accusarono il governo dell’epoca, e soprattutto il ministro degli Esteri Aldo Moro, di non avere capito gli eventi e di non essere intervenuto. Ma non è così. Dagli archivi emergono documenti che raccontano di una trattativa segreta condotta da Moro attraverso un mediatore d’eccezione, il raiss egiziano Gamal Nasser.
Quanto il ministro fosse in ansia ce lo racconta un certo ambasciatore Aldo Marotta, consigliere diplomatico dell’allora vicepresidente del Consiglio, Francesco De Martino. «Moro - si legge in una sua relazione del 27 maggio 1970, oggi consultabile sul sito storico del Senato, sezione archivi online - ha espresso le sue preoccupazioni per le difficoltà dei rapporti italo-libici particolarmente per quanto riguarda la nostra comunità in Libia. Nasser ha risposto che occorre avere pazienza perché la nuova dirigenza libica è giovane e inesperta, e oltre che Ghe Dafi (scritto così dal dattilografo di palazzo Chigi, malamente, in due parole: Gheddafi in Italia era un oggetto misterioso, ndr) solo pochi altri contano. Egli parlerà a Ghe Dafi nel prossimo vertice di Kartoum».
L’incontro tra Moro e Nasser si tiene al Cairo. In agenda: i rapporti arabo-israeliani e la situazione palestinese. Moro, con le sue tipiche cautele lessicali, fa capire all’interlocutore che finché l’Egitto si appoggerà all’Urss, la crisi dell’area non avrà soluzione in quanto parte della Guerra Fredda. Insiste perché l’Egitto si allontani da Mosca e apra trattative dirette con Tel Aviv.
Si propone come mediatore. «Il governo di Roma è a completa disposizione come ha già dimostrato in passato (proponendo il famoso “calendario operativo” nell’ambito dell’Onu, iniziativa Fanfani) e ritiene che si tratti ormai di dover iniziare qualche gesto concreto (come il riconoscimento di Israele) per mettere in moto un meccanismo, anche societario, che spinga Mosca, gli Stati Uniti, Israele e il Cairo a ravvicinare le loro posizioni».
E’ in questo quadro di reciproche disponibilità, che Nasser diventa il mediatore degli interessi italiani verso la Libia. «Nasser ha insistito - riferisce ancora Marotta - presso il ministro dell’Industria libico perché riceva a Tripoli, prossimamente, una nota personalità italiana. Ha ricevuto risposta affermativa. Pensa che l’incontro dovrebbe avvenire al più presto ed iniziare una nuova presa di contatti italo-libici che favorirebbero la situazione. Moro ringrazia e si dichiara d’accordo».
Fin qui, il 27 maggio, i primi passi di una trattativa che ben presto si rivela illusoria. Marotta aggiunge a margine che «ancora non è stato scelto il politico che dovrebbe andare in Libia perché si attende, per via diplomatica, conferma da Tripoli». La conferma non verrà mai. Anzi. A luglio il regime colpirà i beni degli italiani, ordinando la confisca di immobili e terreni. Ad agosto si minacciò di far chiudere tutti i negozi degli italiani. Forse era inevitabile che finisse così: Gheddafi aveva preso il potere per rivoluzionare la Libia, cacciare le truppe inglesi e americane, e cavalcare l’identità nazionale: l’Italia occupante e gli italiani colonialisti non potevano che diventare il suo principale bersaglio.
Secondo lo storico Arturo Varvelli, poi, che ha scritto un acuto saggio («L’Italia e l’ascesa di Gheddafi», Baldini Castoldi Dalai editore) basandosi su documenti della Farnesina, Moro in realtà sbagliò a fidarsi di Nasser. Gli egiziani avevano interesse a sostituirsi agli italiani in Libia, non a tenerli lì. Nasser avrebbe condotto quindi un doppio gioco, facendo credere al governo di Roma di curare i nostri interessi, invece organizzandosi per inviare a Tripoli migliaia di tecnici egiziani disoccupati al posto dei nostri ingegneri architetti e agronomi sul punto di essere espulsi. Probabile. E’ un fatto, però, che finché Nasser fu in vita, la crisi italo-libica non precipitò. L’estate del 1970 passò tra alti e bassi, roboanti dichiarazioni pubbliche e accomodanti segnali privati.
Drammaticamente, poi, il 1° ottobre, Nasser morì per un infarto, lasciando sconvolto l’Egitto e a lutto l’intero Medio Oriente. Sei giorni dopo, sentendosi le mani libere, Gheddafi cacciava gli italiani.
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