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Autore Discussione: Vittorio Emiliani - Io e l’orso Bernardo  (Letto 2887 volte)
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« inserito:: Ottobre 06, 2007, 10:45:49 pm »

Io e l’orso Bernardo

Vittorio Emiliani


La convivenza fra orsi, lupi, linci, cinghiali e gli umani sembrava ormai abbastanza garantita all’interno del nostro primo Parco Nazionale (anche per numero di visitatori, circa 2 milioni), quello d’Abruzzo. Erano abbastanza lontani gli episodi di bracconaggio che, in particolare, avevano colpito l’orso marsicano, magari per procurarsi quel prosciutto d’orso che la tradizione locale voleva fortificatore della virilità. Una autentica scemenza e che però era costata la vita a più di un esemplare. Sembrava lontano il clima appestato anni 70 nel quale Franco Tassi, direttore del Parco, e i sostenitori della grande area protetta, in primo luogo Antonio Cederna, venivano intimiditi.

E venivano pubblicamente accusati di essere più «amici del lupo e dell’orso che dell’uomo». Un’altra goffa idiozia. Diffusa da chi voleva seminare di lottizzazioni il Parco stesso e farne un’area ad alto valore di mercato. Magari col grande stradone di attraversamento proposto dall’allora sindaco di Pescasseroli, Spallone.

Lontano quel clima, perdurava e perdura il fenomeno, abbastanza diffuso, dei branchi di cani inselvatichiti i quali, in genere, fanno molti più danni dei lupi, anche perché quei cani conoscono bene l’uomo e non ne hanno alcun timore. Secondo qualche testimone, le capre avvelenate erano forse destinate proprio ai cani inselvatichiti e, colpendo nel mucchio, ai lupi. Non agli orsi. C’è andato di mezzo invece l’orso Bernardo la cui presenza, anche in paese, durante le ore notturne, aveva destato assai più simpatia che paura. Per lui si era costituita una Associazione Amici dell’Orso Bernardo (di cui mi onoro di far parte) che, con una modesta contribuzione, acquistava galline con le quali risarcire subito gli allevatori «espropriati» dall’orso Bernardo e, poi, dall’orsa Gemma. La stessa Associazione si era proposta quale pacifica salvatrice dell’orso di nome Bruno, carpatico di origine ma trasmigrato in Baviera dal Parco dell’Adamello, prima che i bavaresi lo uccidessero sbrigativamente.

Ci eravamo sentiti superiori ai vicini bavaresi, noi che, in Italia, convivevamo con gli orsi meglio di tedeschi o francesi, sulle Alpi o lungo la dorsale appenninica. Invece, no. Questa autentica strage di orsi, lupi e cinghiali a base di bocconi avvelenati ci ripropone con forza il problema di una tutela attenta, paziente della biodiversità animale, delle specie a rischio di estinzione, dei rapaci in specie, tanto necessari agli equilibri ambientali (vista la moltiplicazione di cinghiali e caprioli). Il Parco Nazionale d’Abruzzo, dagli anni di Michele Cifarelli a quelli più recenti di Fulco Pratesi, era un po’ il nostro fiore all’occhiello per la pax sociale ed ecologica conquistata, anche in nome di una economia alternativa del Parco stesso ormai ampiamente decollata.

Questo regresso politico e culturale ci colpisce in modo crudo. Come italiani e come amanti della natura. Ma già durante l’estate scorsa i numerosi roghi appiccati in quella zona preservata (e, si pensava, ormai ecologicamente incivilita), avevano suscitato allarmati interrogativi. C’era dunque chi ancora non si rassegnava all’esistenza del Parco Nazionale, in Abruzzo come nel Pollino? E quale mano armava gli incendiari? Nonostante i dinieghi del Ministero dell’Interno, più d’uno vide in quei roghi così ostinati la mano della camorra che tanto aveva fatto in passato per invadere, con scarso successo, l’Abruzzo proprio passando da Pescasseroli. E quel qualcuno è ora portato a pensare che pure questa strage di orsi e di lupi abbia una matrice criminale.

Probabilmente queste ultime sono dietrologie esagerate (per gli incendi le ho condivise, lo dico francamente, altro che piromani esaltati o piccoli speculatori locali!). Però non siamo più di fronte a fenomeni sporadici di bracconaggio tradizionale. Siamo di fronte ad un vero e proprio imbarbarimento. Vedremo cosa accerteranno le indagini della polizia e della magistratura. V’è chi sostiene che potrebbe esserci pure la mano, molto pesante, di pastori estranei al tessuto locale (spesso qui sono macedoni o albanesi), che si sono voluti in tal modo vendicare delle greggi assalite (ripeto: più dai cani inselvatichiti che da lupi o orsi) nel modo più primordiale e feroce. Ma la tecnica usata sembra troppo sofisticata.

Purtroppo la Regione Abruzzo - polemizza il Wwf - non ha neppure risposto al Ministero per la Tutela dell’Ambiente che le chiedeva di evitare la pre-apertura della caccia nelle zone incendiate (che coincidono, purtroppo, con quelle degli orsi e dei lupi avvelenati). La stessa organizzazione ambientalista ha segnalato inutilmente le voci che si diffondevano nei paesi su «atti vendicativi» progettati contro gli animali del Parco. Questo è grave, molto grave. La vicenda dovrebbe sollecitare le forze politiche, tutte quante, ad introdurre nel nostro codice il reato di crimine ambientale. Sarebbe una prima seria, decisa risposta.

Stasera si terrà nella zona della Valle del Giovenco una grande manifestazione di protesta, con fiaccolata, alla quale hanno aderito (dato importante) tutti i sindaci del comprensorio, oltre a scrittori come Dacia Maraini, ad attori come Paola Cortellesi e Silvio Orlando. Le adesioni sono già oltre 400. Mentre l’Associazione Amici dell’Orso Bernardo non si scioglie per niente, ma anzi ambisce a diventare una organizzazione volontaria per la tutela di tutti gli orsi del Parco Nazionale d’Abruzzo voluto (ricordiamolo) nel lontano giugno 1922 dal filosofo Benedetto Croce, nato a Pescasseroli, il paese della madre, una Sipari, e all’epoca ministro della Pubblica Istruzione dell’ultimo governo prefascista.

Pubblicato il: 06.10.07
Modificato il: 06.10.07 alle ore 9.49   
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