Alla ricerca della finanza senza ombra
Donato Masciandaro
05 settembre 2013
I Paesi industrializzati del G-20 vogliono davvero trasformare la finanza ombra da tossina a veicolo di efficienza e di crescita economica? La ricetta c'è e gli ingredienti sono due: massima trasparenza e minimi contatti con il sistema bancario tradizionale. Ma esiste la volontà politica di mettere in atto tale ricetta?
Al vertice di San Pietroburgo uno degli argomenti cardine sarà la necessità di definire regole dedicate al cosiddetto sistema finanziario ombra, che è ritenuto tra le cause principali della crisi finanziaria del 2008. Ma cosa è e per quali ragioni dobbiamo temere la finanza ombra? C'è qualche rischio di buttare il bambino con l'acqua sporca?
A sei anni dall'inizio della crisi non esiste ancora una definizione universale di cosa sia la finanza ombra. Più utile è invece chiamare finanza ombra tutte quelle attività di intermediazione per cui valgono due caratteristiche: l'assunzione del rischio può cambiare - in particolare aumentare - senza che una autorità pubblica possa o debba autorizzare o controllare; esiste un rischio sistemico, cioè una possibilità più o meno grande che tale attività possa creare costi economici per la collettività. In altre parole è finanza ombra quello che è gestione deregolamentata del rischio e nello stesso tempo crea danni pubblici.
A ben vedere, quello che deve preoccupare i governanti del G-20 - e i loro elettori - non è la caratteristica della deregolamentazione, ma quella dei danni pubblici. Infatti, in una qualsiasi economia di mercato, è fisiologico che la definizione di un sistema finanziario regolamentato individui contemporaneamente una zona ombra, come un tempo ogni fotografia creava il suo negativo. Se ci sono attività che sono regolamentate – le banche, i mercati, le assicurazioni – questo significa che chi opera in esse professionalmente trova limiti, diretti ed indiretti, alla sua libertà di assumere e trasformare i rischi. Allo stesso tempo, ci saranno attività - in cui magari operano, almeno in parte, anche gli intermediari regolamentati - in cui tali limiti sono minori, o nulli.
Insomma, la finanza ombra è fisiologica in tempi normali, e può fare anche bene: da essa posso giungere stimoli all'innovazione, all'efficienza, e anche alla crescita, soprattutto se si affianca a un sistema tradizionale meno dinamico, o addirittura in stasi, come avviene oggi in più di un Paese, se si guarda ad esempio al settore bancario.
Quello che non va affatto bene è una finanza ombra in cui è endemico il rischio di generare danni sistemici. È la finanza tossica generata nel periodo della grande moderazione negli Stati Uniti, e poi esportata, almeno in parte, in Europa. Ma è anche la finanza ombra cinese, che ora preoccupa almeno quanto quella "anglosassone". Ma perché oggi la finanza ombra è tossica? La causa originaria è in due eccessi creatisi negli ultimi due decenni: l'eccesso di liquidità e l'eccesso di deregolamentazione. L'eccesso di liquidità ha ampliato a dismisura la platea di chi può assumersi rischi; l'eccesso di deregolamentazione ha aumentato la platea di chi può assumersi rischi eccessivi.
La finanza ombra ha finito così per assumere una fisionomia patologica, che si può riassumere con tre sostantivi: dimensione, complessità e interconnessione. La finanza ombra è divenuta sempre più grande, sempre più complessa e sempre più interconnessa con il sistema finanziario tradizionale. È stato creato un sistema finanziario altamente infiammabile, e quando un cerino è caduto - chiamatelo Lehman Brothers se volete - l'incendio è stato straordinariamente disastroso.
Cosa deve fare il G-20? Non eliminare la finanza ombra (è impossibile e anche dannoso) ma combattere la sua patologia. Bisogna ridurre i rischi che la finanza deregolamentata diventi un catalizzatore di instabilità sistemica. Per cui il primo obiettivo, Paese per Paese, è ridurre i rischi di contagio che partono dalla finanza ombra e arrivano al sistema bancario tradizionale, e poi all'economia. Traduzione: occorre monitorare e, se del caso, ridurre o eliminare le interconnessioni tra la finanza ombra e le banche commerciali tradizionali. Senza opportune muraglie, è assolutamente inutile - forse addirittura controproducente - esportare nella finanza ombra forme di controllo che vanno bene per il sistema bancario tradizionale. Si creano senz'altro maggiori costi, con benefici tutti da dimostrare in termini di efficacia della regolamentazione.
Il secondo obiettivo è ridurre la complessità tossica della finanza ombra, quella cioè che porta opacità. La finanza ombra deve essere alla luce, ovvero le autorità di controllo bancarie e finanziare devono avere informazioni complete e profonde su tutto ciò che è attività di intermediazione. Meno interconnessioni e meno complessità aumentano l'efficacia dei controlli, ma non solo un pasto gratis: ovviamente, la finanza ombra diverrà più costosa e verosimilmente, e auspicabilmente, le sue dimensioni tenderebbero a diminuire. Un sistema finanziario più sicuro è un sistema finanziario più piccolo. Siamo sicuri che tutti i Paesi del G-20 lo vogliano davvero? Oppure si fa finta tutti insieme di voler affrontare il problema, ma in realtà si naviga con proclami e riforme di piccolo cabotaggio, nella migliore tradizione del "facite ammuina" borbonico? Staremo a vedere.
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