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Autore Discussione: Giovanni La Torre. Questi nostri politici "minori non emancipati".  (Letto 2595 volte)
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« inserito:: Agosto 27, 2013, 11:27:54 pm »

Questi nostri politici "minori non emancipati".

Giovanni La Torre


E’ già la seconda volta in pochi mesi che la nostra classe politica resta paralizzata di fronte agli eventi e ricorre al Presidente della Repubblica per vedersi sbrogliare la matassa, come i bambini che di fronte a fatti che sovrastano di molto le loro possibilità si rivolgono al “papà”. La prima volta è stata in occasione dell’elezione del nuovo inquilino del Colle. Dopo solo quattro votazioni sono tutti corsi al Quirinale in preda al panico per chiedere che Napolitano li togliesse dall’imbarazzo della loro incapacità di scelta. In questi giorni sono ricorsi sempre al “papà” per superare il loro immobilismo di fronte alla sentenza che ha finalmente qualificato Berlusconi come un pregiudicato. Ora, a prescindere dalle valutazioni di merito sui responsi di Napolitano, è evidente che questi eventi a così breve distanza uno dall’altro denotano solamente che la nostra classe politica è in preda a una crisi di panico. La paura di prendere decisioni li sovrasta totalmente e li paralizza. In fondo ai loro pensieri c’è il timore che la situazione italiana possa degenerare e allora si coprono in modo da poter eventualmente dire “ce lo ha detto papà”. Coprono la loro impotenza con ostentazioni verbali come “il decreto del fare” o il “ce l’abbiamo fatta” dopo una certa decisione dell’Ue che non ha cambiato minimamente i termini reali della questione italiana. Lo si era già capito, e chi scrive l’aveva commentato a suo tempo, in occasione dell’elezione del Presidente della Repubblica. Poche volte nella storia della Repubblica era accaduto che un presidente venisse eletto in quattro votazioni, ma questa volta superata quella soglia sembrava che si fossero superate le colonne d’Ercole delle istituzioni. Come pure pochissime volte il presidente eletto ha riscosso l’appoggio unanime del partito di maggioranza, e invece questa volta la presenza di 101 franchi tiratori nel partito di maggioranza aveva già decretato l’ineleggibilità di Prodi. Mi permetto a questo proposito di ricordare solo un paio di casi fra gli altri. Gronchi per esempio fu eletto addirittura contro il volere del segretario del partito di maggioranza (Fanfani) e del capo del governo di allora (Scelba) i quali avevano candidato Merzagora, ritenuto però “inadeguato” dalla sinistra del partito perché “massone”. Quando fu la volta di Segni i franchi tiratori si sprecarono, tanto che Moro dovette intervenire in una riunione dei gruppi parlamentari Dc e minacciare tutti con queste parole “a costo di arrivare alla centocinquantesima votazione, Segni deve essere il presidente”. L’ultima volta invece quattro votazioni già sono sembrate troppe, una sola bocciatura di Prodi è sembrata una bocciatura definitiva, e tutti a correre da papà Giorgio a chiedere “pensaci tu”. Questo evitare decisioni importanti, qualificanti, nasconde anche il timore di dover dire cosa si pensa, il rischio di doversi schierare, di doversi dividere. A questa classe politica interessa solo vivacchiare ma non affrontare e risolvere i problemi, cosa che oltre tutto pare non sia assolutamente alla loro portata. La sopravvivenza è l’unico imperativo categorico dei nostri attuali politici, la sopravvivenza del paese viene vista solo come propedeutica alla propria, pertanto se la prima venisse meno che cada pure tutta l’Italia. La resistenza al cambiamento dell’attuale nomenklatura è d’acciaio. Il povero Renzi se ne faccia una ragione, troveranno il modo per farlo fesso. Non condivido il programma politico del Sindaco di Firenze, però questo non mi impedisce di rilevare che tutta la dirigenza del Pd gli sta preparando un “servizio” di quelli che solo chi ha passato una vita a contare tessere di partito è capace di confezionare. Tutto il vano cianciare sul futuro di Berlusconi ha solo lo scopo di prendere tempo in attesa che il genio italico trovi la solita soluzione “all’italiana”, all’insegna del “primato della politica”, che nella versione italiana vuol dire primato dell’inciucio e della corruzione. In questo stesso contesto va visto anche il documento del Quirinale. Che poi ci riescano anche questa volta è un altro paio di maniche.

{ Pubblicato il: 21.08.2013 }
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