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Autore Discussione: Legge Gozzini», legge da difendere  (Letto 2212 volte)
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« inserito:: Ottobre 06, 2007, 12:05:08 am »

«Legge Gozzini», legge da difendere

Giancarlo Ferrero


Il fatto è di una indiscutibile gravità e ben giustifica le vivaci reazioni a caldo dell’opinione pubblica e (un po’ meno) di quella politica: un terrorista assassino, condannato all’ergastolo viene legalmente posto nelle condizioni di commettere altri delitti fuori dal carcere. Non deve più accadere, è indispensabile un drastico intervento dello Stato che ripristini la sua autorità e dia sicurezza ai cittadini. D’accordo, ma come? Ritornando al codice Rocco, al periodo antecedente alla riforma dell’ordinamento penitenziario del 1975, buttando a mare le legge Gozzini o rivedendola drasticamente ed introducendo insuperabili barriere?

Siamo un popolo di poca attenzione, di memoria corta e di coscienza mobile: sorvoliamo sulla Costituzione che all’art. 27 impone che le pene dei colpevoli debbono tendere alla rieducazione (e la rieducazione dentro una cella per tutta la vita può essere realizzata solo in vista dell’aldilà), che negli anni precedenti alla legge Gozzini le carceri erano polveriere pronte ad esplodere e che dopo, molti detenuti si sono comportati più correttamente proprio nella speranza di godere dei benefici previsti dal legislatore; che è troppo comodo far tacere la propria coscienza o mutarne la sensibilità per non dover affrontare certi problemi o per l’emozione del momento.

L’acqua è diventata sporca: buttiamola via, pazienza se c’è dentro qualcuno!
Certo, con il senno di poi, i magistrati piemontesi (oltretutto gente serie e non priva di esperienza) hanno sbagliato, dovevano negare il beneficio, considerare solo gli aspetti negativi del detenuto.
Evidentemente è stata una previsione errata, ma proprio perché è una previsione, per definizione anticipatoria di ogni verifica fattuale, gli errori sono possibili. C’è un solo modo per non sbagliare mai, se non a carico di chi è privo di voce per protestare: non provvedere o negare sempre. Il ministro di giustizia fa bene a verificare se i magistrati coinvolti nel caso abbiano bene interpretato la legge e valutato i fatti, ma deve farlo «ex ante», non «ex post» cioè al momento in cui la decisione è stata presa e sulla base delle conoscenze dei magistrati.

Se sono stati diligenti e non hanno commesso errori di interpretazione, non possono essere ritenuti responsabili dell’imponderabile,che per definizione sfugge ad ogni valutazione umana. Inoltre le statistiche parlano chiaro: i condannati che commettono reati mentre godono dei benefici di legge sono un’esigua minoranza, inferiore agli altri detenuti che sono usciti, provvisoriamente o definitivamente, dal carcere. A parte ogni considerazione etica ed umana, anche sul piano pratico e sociale la legge Gozzini dimostra tutta la sua attualità e valore, ne potrebbe essere diversamente provenendo da un uomo che, insieme a padre Balducci, ti lasciava un segno profondo ad ogni incontro.

Naturalmente la legge può essere rivista in alcuni punti, per restringere la discrezionalità interpretativa dei magistrati e rendere più uniforme la sua applicazione (uniformità che effettivamente oggi manca). Le modifiche vanno però fatte con intelligente prudenza, per evitare di incorrere in disparità di trattamenti costituzionalmente rilevanti. Quanto a rendere più rigorosa l’applicazione dei benefici premiali possiamo solo dire, senza il garbo di Caselli nella sua intervista su Repubblica, che i politici proponenti difettano di letture e conoscenze giuridiche: per gli appartenenti ad associazioni terroristiche e di tipo mafioso già esistono leggi molto più severe, a cominciare dalla n. 152 del 1991.

Pubblicato il: 05.10.07
Modificato il: 05.10.07 alle ore 8.43   
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