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Autore Discussione: Guido Santevecchi. Zong Qinghou Voglio il made in Italy che la Cina non sa fare  (Letto 2221 volte)
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« inserito:: Luglio 07, 2013, 11:34:32 am »

L’uomo più ricco della Repubblica Popolare: le tasse troppo alte ammazzano LE IDEE

Zong, «Voglio il made in Italy che la Cina non sa fare»

«È arrivata l’ora del lusso-soft a prezzi ragionevoli di cui le vostre piccole aziende sono maestre»


Chi è ancora convinto che ai cinesi piaccia parlare per metafore, per non farsi capire e non scontentare nessuno, dovrebbe ascoltare il signor Zong Qinghou, l'uomo più ricco della Cina, 68 anni, patrimonio personale stimato in 13 miliardi di dollari, accumulato con un gruppo industriale che vende bibite e alimenti per bambini: si chiama Wahaha (Bambino che ride) e nel 2012 ha raggiunto un fatturato di 10,8 miliardi di dollari, utili netti per 1,3 miliardi. Indebitamento con le banche zero. Zong è orgoglioso del suo stile di vita sobrio, pranza in mensa, non ha auto lussuose, niente vestiti di grandi sarti, mai vacanze. Si narra di un solo vezzo: l’orologio Vacheron Constantin da 35 mila euro. Ma non è una leggenda: quando lo incontriamo, dalla manica della camicia arrotolata spunta il gioiello.

A Pechino si vede gente straricca che vive in palazzi magnifici e gente molto povera, lavoratori migranti che vanno in giro con fagotti di stracci. È questa la Repubblica popolare?
«Sì, c'è dislivello economico, come in tutto il mondo. Una volta in Cina tutti erano uguali, ma tanto poveri. Quell’egualitarismo non ha incoraggiato la gente a creare lavoro e benessere comune, ha tolto entusiasmo. Finalmente ci siamo liberati da quel tabù: quando un capitalista apre una fabbrica, anche i lavoratori hanno nuove opportunità e un reddito certo».

Il capitalismo è nato in Europa e guardi alla crisi che c'è da noi...
«Il vostro problema è il livello di tassazione troppo elevato, il welfare molto costoso. E che succede? Per tanti disoccupati trovare un lavoro, magari meno pagato del precedente, non fa differenza, meglio continuare a ricevere i sussidi. Con tasse alte chi lavora non è appagato abbastanza. Chi non lavora non perde molto. Alla fine nessuno ha voglia di fare. Io dico che bisogna ridurre le imposte, da voi e anche in Cina».

Zong non parla per sentito dire, frequenta i mercati occidentali da vent’anni, conosce bene l'Italia. Lo abbiamo incontrato durante un forum sulla sicurezza alimentare della nostra ambasciata a Pechino e ha sorpreso l'inviata di Barilla che lo invitava a visitare Parma: «Ci sono stato molte volte, ho fatto buoni affari dalle vostre parti con imprese che producono macchinari per l'imbottigliamento, da Imola a Treviso».

Punta ancora sull’Italia?
«In questo momento ci sono dei consulenti di Wahaha per vedere se possiamo fare delle acquisizioni, abbiamo grande liquidità».

Che cosa ha detto ai suoi talent scout spediti in Italia?
«Di trovare aziende che fanno prodotti che la Cina non sa fare: quelle sono le imprese che io voglio comprare, per portare i loro prodotti qui, altrimenti mi ritroverei solo con fabbriche europee che competono per il loro mercato».

Lei ora sta diversificando: ha aperto uno shopping mall a Hangzhou nello Zhejiang, dove c'è la fabbrica di Wahaha. Dicono che voglia replicare il modello di Harrods o della Rinascente....
«L'espansione del lusso in Cina si sta fermando. Anche a causa della campagna contro la corruzione lanciata dal governo, l'ostentazione della ricchezza sta diventando un problema. I funzionari non osano più vestirsi griffati o portare cose preziose. Serve un soft luxury. Voglio proporre abbigliamento, scarpe, borse, di livello medio ma chic, prezzi ragionevoli, buona qualità e adeguati al mercato cinese. Nei miei centri commerciali la gente verrà per comprare, divertirsi, mangiare. Tutti questi prodotti le piccole e medie imprese italiane li sanno fare».

Per Zong il problema italiano in Cina è la distribuzione, i controlli doganali, la mancanza di fiducia reciproca: «Spesso i vostri prodotti restano bloccati in dogana per mesi, serve una rete affidabile, io posso crearla. Posso aiutare le vostre piccole e medie imprese a capire un grande mercato, ad adattarsi alle procedure. E anche alle piccole strategie: il vostro caffè è troppo amaro per i cinesi, che ci mettono il latte. Noi non siamo abituati al formaggio, io tolgo la mozzarella dalla pizza...».

Il lusso sta finendo dice, ma il suo Vacheron Constantin? Dovrebbe nasconderlo...
«Un regalo di mia figlia, lo porto per questo, altrimenti non mi importerebbe. E comunque non ho niente di cui vergognarmi perché i miei soldi sono guadagnati bene. Sa quanto ho pagato l'anno scorso di tasse? Cinque miliardi e ottocento milioni di yuan (quasi un miliardo di dollari, ndr)».

Ha degli hobby?
«La passione per the e fumo».

Dal taschino spunta un pacchetto di sigarette Davidoff, la sua marca preferita. Gli offriamo un Toscano, accetta ma ride: «E’ come il vostro caffè, troppo forte per noi. Dovete adeguarvi».

Zong Qinghou fondatore di WahahaZong Qinghou fondatore di Wahaha
Chi è
Zong Qinghou, proprietario di Wahaha, è nato nel 1945. Non è laureato e ha un diploma di scuola media. Nel 1966, durante la Rivoluzione Culturale, viene mandato in campagna a scavare in una salina. Nel 1987 rileva un negozietto di bibite e gelati davanti a una scuola. Nel 1989 fonda Wahaha che produce bibite gassate e bevande per bambini. Nel 1996 ha firmato una joint venture con Danone. Nel 2009, dopo una lunga vertenza legale, rileva la quota di Danone in Cina. Nel 2010 diventa l'uomo più ricco della Repubblica Popolare con un patrimonio personale stimato in 13 miliardi di dollari. Sposato, ha una sola figlia, Zong Fuli, 31 anni, che lavora con lui e che gli succederà in azienda. Beve the e fuma sigarette di marca Davidoff.
E' deputato all'Assemblea nazionale del Popolo.

Guido Santevecchi

5 luglio 2013 | 19:07© RIPRODUZIONE RISERVATA

da - http://www.corriere.it/economia/corriereconomia/13_luglio_05/zong-cina_db01586a-e55f-11e2-8d17-dd9f75fbf0e3.shtml
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