17/06/2013
"È tempo di ripensare Internet per restituirci privacy e sicurezza"
Non è troppo tardi per riconquistare la fiducia, scrive la "Cassandra digitale" Lawrence Lessig, ma dobbiamo iniziare facendo le domande giuste.
"Il governo degli Stati Uniti spia i suoi cittadini." Che cosa vuol dire?Lawrence Lessig
Quasi 15 anni fa, mentre stavo finendo un libro sul rapporto tra la Rete (allora si chiamava "cyberspazio") e le libertà civili, un paio di idee sembravano così ovvie da essere banali: in primo luogo, la vita si sarebbe evoluta in accordo alla Rete . In secondo luogo, la rete sarebbe cambiata, così come ha fatto. Addio alla semplice privacy, all'infrastruttura di default relativamente anonima per la comunicazione non monitorata, al loro posto sarebbe sorto un sistema perennemente monitorato e perfettamente tracciabile in supporto tanto al commercio come all’amministrazione. Questo, almeno, era il futuro che allora sembrava più probabile, con il mondo degli affari in gara per rendere possibile il commercio e il governo pronto a proteggere noi (o i nostri figli) dai pornografi, poi dai pirati e ora dai terroristi.
Ma era possibile anche un altro scenario futuro e questo era il mio terzo, e unico, punto importante: Riconoscendo queste evidenti tendenze, avremmo potuto capire come il codice (il mio modo di definire in breve la tecnologia di Internet) ci condiziona e forse anche cominciare a trovate una soluzione brillante per includere in quel codice le tutele che la Costituzione ci garantisce. Perché-e qui c’era la battuta finale, l'unico slogan che tutte le 724 persone che hanno letto quel libro ricordo-il codice è legge. E se il codice è legge, allora abbiamo bisogno di capire meglio come ci regola e di come lo fa la legge.
Che cosa pensa il presidente Obama mentre legge le vostre e-mail? Guardate e lo scoprirete.
Vi è, dopotutto, qualcosa che dà speranza in un futuro che avrebbe codificato le nostre libertà civili. In teoria poteva essere migliore. Più adatto a proteggerci dai futuri Nixon, a garantire la privacy, e a identificare i potenziali criminali.
Pensateci in pratica. Con buona pace dei cyberanarchici già nel 1999 era chiaro che il governo e la vigilanza avrebbero operato nel cyberspazio così come accade nello spazio reale. Ma con un potenziale assai maggiore. Non nel trovare il truffatore, ma anche nel non invadere la privacy. Un agente del FBI che ascolta una telefonata è sempre tentato di oltrepassare i propri doveri e farne un uso improprio. E’ un essere umano e il male è nel nostro sangue. Un computer in cerca di indizi di reato fa solo quello che il codice consente. E così la chiave è come e se si regola la materia, su internet e nel diritto.
Niente di tutto questo, si è scoperto, era evidente nel 1999. Fui definito "una Cassandra digitale" da David Pogue che scriveva sul New York Times. "Se non ti piace il sistema di Internet, puoi sempre buttare via il modem", concludeva. Certo. Spegni il computer, emigra in Islanda e sarai a posto.
Ma ciò che mi stupisce è che oggi, già da oltre un decennio nel 21° secolo, il mondo è rimasto per lo più ignaro di questi chiari punti del rapporto tra legge e codice.
Questo è il brano, nell’intervista di Edward Snowden, che per me è più scioccante. Come ha spiegato a Glenn Greenwald:
“La NSA segue in particolare tutte le comunicazioni. Le acquisisce di default. Le raccoglie nel suo sistema, le filtra e le analizza e le misura e le memorizza per un po’ di tempo, semplicemente perché questo è il modo più semplice, efficace e adatto a raggiungere questi fini ... Non tutti gli analisti possono seguire tutto. Ma io seduto alla mia scrivania certamente avevo l'autorità per intercettare chiunque, lei [il giornalista, Glenn Greenwald], il suo commercialista, un giudice federale, persino il presidente se avessi avuto una e-mail personale".
Non sappiamo ancora se Snowden stia dicendo la verità. Un sacco di persone hanno negato circostanze specifiche e anche se la sua intervista è avvincente, ora come ora davvero non sappiamo.
Ma sappiamo invece quali domande dovrebbero essere formulate in risposta alle sue affermazioni. E in particolare, questo: E il caso che il governo affidi la nostra privacy al discernimento di analisti privati? Veramente non ci sono controlli automatici per garantire che la sorveglianza specifica sia specificamente giustificata? E quale tecnologia viene usata per garantirci che i ladri pagati dal nostro governo non possano utilizzare i dati raccolti dal nostro governo per scopi che nessuno all'interno del nostro governo potrebbe mai apertamente e pubblicamente difendere?
"Fidatevi di noi" non basta.
Perché è un dato di fatto, la tecnologia che potrebbe restituirci fiducia esiste. "Fidatevi di noi" non rassicura. Ma la fiducia e la possibilità di verifica, accompagnate da crittografia di alta qualità, potrebbero bastare. E ci sono aziende, come Palantir, in grado di sviluppare tecnologie che potrebbero rassicurare noi, e cosa ancora più importante le corti incaricate della vigilanza, sul fatto che i dati raccolti o messi sotto osservazione non siano stati raccolti o utilizzati in modo improprio.
Immaginatelo come un enorme registro, capace di tenere traccia di chi e come ha usato i dati e per quali scopi. Potremmo codificare la Rete in una serie di modi ovvi per darci una migliore privacy consentendo allo stesso tempo una maggiore sicurezza.
Ma non lo facciamo e non l’abbiamo, ovviamente. Forse per colpa della stupidità. Quanti membri del Congresso saprebbero anche solo descrivere come funziona la crittografia? Forse a causa della cupidigia. Chi nel nostro sistema può resistere a grandi e lucrosi contratti con le aziende private, soprattutto quando sono affiancati da generosi pacchetti per il finanziamento della campagna? O forse perché la "guerra permanente" che Obama ha negato in realtà ha convinto tutti all'interno del governo che le vecchie idee sono morte e abbiamo solo bisogno di "superarle" idee-come la privacy, il giusto processo e, fondamentale, la proporzionalità.
E’ vero, queste idee sono morte, per ora. E così sarà in futuro. Almeno fino a quando impareremo come può sopravvivere la libertà nell'era digitale. Ed ecco il suggerimento: non solo attraverso la legge, ma attraverso una legge che esiga un codice affidabile anche per l’Electronic Frontier Foundation.
© 2013 The Newsweek/Daily Beast Company LLC
(traduzione di Carla Reschia)
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http://lastampa.it/2013/06/17/blogs/web-notes/e-tempo-di-ripensare-internet-per-restituirci-privacy-e-sicurezza-uKQNZlxGWz5t3QjwiOx9hK/pagina.html