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Autore Discussione: LUCIANO FONTANA. Un'anomala fragilità  (Letto 2247 volte)
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« inserito:: Giugno 17, 2013, 06:48:32 am »

IL VUOTO TRA PARTITI ED ELETTORI

Un'anomala fragilità

di  LUCIANO FONTANA


Ma in Italia esistono ancora i partiti? Dietro le etichette sopravvissute alla tempesta del voto, all'elezione del Presidente della Repubblica e alla nascita di un governo vissuto come una camicia di forza è rimasto un vuoto politico, organizzativo e di leadership che ha pochi precedenti nella storia della Repubblica. Un deserto che va dalla formazione di Vendola all'ex destra di An, dal Pd a ciò che resta del Pdl. Per non parlare di Scelta Civica svanita nel nulla e della Lega sconfitta e messa alle corde perfino da Umberto Bossi.

Se dai partiti si passa a quello che orgogliosamente si considera un «movimento di cittadini» il panorama non cambia: dopo il successo del 24 febbraio i 5 Stelle hanno vissuto una serie interminabile di abbandoni, processi ai dissidenti, liti su soldi e scontrini. Ora siamo all'atto finale: tanti eletti sono pronti ad abbandonare il gruppo mettendo in discussione la figura di Grillo, trasformatosi da trascinatore dell'Italia ribelle in capo autoritario e bizzoso.

Ma è quello che accade nel Pd e nel Popolo della Libertà che deve più preoccupare. Il Paese ha bisogno di un'alleanza di governo che duri il tempo necessario a promuovere le misure contro la crisi. Riforme radicali per liberare le risorse utili alla crescita, promuovere l'innovazione, creare opportunità di lavoro per i giovani, rendere efficiente la pubblica amministrazione, cambiare le istituzioni e la legge elettorale.
Compito al limite dell'impossibile.

Il Partito democratico è invece ancora immerso in una resa dei conti interni senza fine. È arduo seguire la scomposizione delle vecchie correnti e la nascita delle nuove, decifrare il dibattito sulla scelta del segretario e sul metodo per eleggerlo. C'è un unico punto certo: rendere più complicata la corsa di Matteo Renzi, leader popolare ma alieno alle liturgie degli ex comunisti. Si avverte l'assenza di una linea politica comune, la tentazione di buttare a mare le larghe intese per tornare ai lidi tranquilli di un'identità di sinistra rafforzata dall'iniezione di grillini dissidenti.

Ancora più indecifrabile è il confronto in corso nel Pdl. Da un anno si litiga sul ritorno a Forza Italia, una questione irrilevante dopo l'addio dei politici provenienti da An. Ci si accapiglia tra falchi e colombe filogovernative senza rispondere alle vere domande: come sopravviverà il partito senza la leadership (scossa dalle inchieste e calante nella presa elettorale) di Silvio Berlusconi? Quali dirigenti saranno in grado di interpretare le aspirazioni di un elettorato moderato in fuga verso l'astensione? E come potrà convivere il populismo movimentista con il progetto di una forza legata ai popolari europei?

Partiti seri, consapevoli della sfiducia totale del Paese approfitterebbero dell'attuale tregua per ripensare se stessi, ricostruire la credibilità perduta, promuovere nuove classi dirigenti. Invece non sanno neppure riconoscere che sono loro i malati gravi, scaricano sull'esecutivo tensioni e movimenti scomposti. La speranza di una «democrazia normale», con due poli (progressista e conservatore) che competono per conquistare il consenso degli elettori è sempre più lontana.

16 giugno 2013 | 15:31

da - http://www.corriere.it/editoriali/13_giugno_16/partiti-elettori-fragili_32ad8e68-d64b-11e2-ad4f-3b376a6920bc.shtml
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