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« inserito:: Ottobre 01, 2007, 05:09:55 pm » |
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Al Qaeda va alla guerra dei paradisi del turismo
Umberto De Giovannangeli
Non è un atto isolato ma parte di un piano di attacco messo a punto dalla mente strategica del network terrorista denominato Al Qaeda. Mente Osama Bin Laden lanciava la sua offensiva mediatica vestendo i panni del «profeta» qaedista, a delineare le nuove strategie di azione della rete del terrore jiahdista era l'egiziano Ayman Al Zawairi. L'ordine impartito da Al Zawahri all'esercito di mujahiddin sparso per il mondo è di quelli che non ammettono contestazioni: lanciare il Jihad contro i paradisi del turismo. Colpire senza pietà per affossare l'industria del turismo, vitale per le casse di diversi Paesi arabi e musulmani. Colpire per «decontaminare» l'Islam dalla presenza occidentale.
L'Unità ha visitato alcuni dei siti Internet legati al fronte qaedisti, quei siti che di solito annunciano le direttive della «cupola» di Al Qaeda. E una di queste direttive riguarda per l'appunto il Jihad contro i paradisi turistici. L'attentato dell'altro ieri alle Maldive non è un fatto estemporaneo. Non lo è per ciò che lo ha preceduto e, c'è da temere, per ciò che seguirà. Nei siti che propagandano il verbo jihadista, i lussuosi alberghi e i ricchi villaggi di vacanze che caratterizzano le 1200 isole dell'arcipelago dell'Oceano Indiano, vengono additati come luoghi di perdizione, centri di dissoluzione da colpire e abbattere.
La stessa indicazione era stata data per i grandi complessi alberghieri di Sharm el Sheikh, Dahab, Taba (nel Sinai) per quelli di Aqaba, per le isole delle Filippine ambite mete del turismo occidentale. Ma obiettivi del network qaedista sono anche le navi da crociera.
Scatenare il Jihad contro i paradisi turistici. Una campagna che nella mente dei suoi ideatori ha anche un forte impatto mediatico: nell'immaginario collettivo, alimentato da depliant patinati che magnificano la sabbia dorata delle spiagge delle Maldive, quei villaggi accessoriati di ogni comfort sono l'emblema della tranquillità, del benessere. Per Al Qaeda devono essere trasformati nell'emblema di un nuovo inferno. Certo, ogni gruppo agisce in proprio, innestando ad una strategia globale ragioni che riguardano la realtà specifica in cui si agisce.
Resta il fatto, inquietante, che esiste un filo rosso (sangue) che unisce gli attacchi terroristici che dalla penisola del Sinai sono passati per i luoghi turistici più visitati di Istanbul (la Moschea Blu, la chiesa di Santa Sofia) e a rinomate località balneari turche come Kusadasi; hanno devastato discoteche e ristoranti di Bali e stravolto le sognanti Maldive; hanno insanguinato grandi alberghi di Jakarta come quelli di Casablanca, hanno mirato ai resort in Kenya a quelli di Mombasa. Ed ora le propaggini qaediste si allargano anche ad aree che sembravano estranee al circuito del terrore jihadiste: le Maldive, per l’appunto, ma anche le isole Comore. Resta il fatto, confermato da recenti rapporti di agenzie d'intelligence occidentali, che Al Zawahri avrebbe affidato il coordinamento del Jihad contro i paradisi turistici al numero uno dell'estremismo somalo: Aden Ashi Ayro, un feroce capo guerrigliero addestrato nei campi clandestini dell'Afghanistan. D'altro canto, sottolineano i più autorevoli analisti del terrorismo jihadista, le Maldive non distano molto da una delle aree dove più forte e radicata è la presenza di gruppi legati ad Al Qaeda.
È il caso della Somalia e del Kenya, dove agisce uno dei più temuti comandanti militari di Al Qaeda: Fazul Mohammed. Così come le località turistiche più affermate nel sud-est asiatico sono da tempo obiettivi privilegiati (ricordiamo i sanguinosi attacchi ad affollati ristoranti a Jambaran Beach e a Kuta Beach a Bali) della Jemaah Islamiya, l'organizzazione qaedista i cui tentacoli si estendono in Indonesia e Malesia, a Singapore, nelle Filippine. E a indicare una strategia comune c'è anche la tecnica utilizzata nell'altro ieri alle Maldive: l'uso di un ordigno collegato ad un telefonino e riempito di chiodi per ampliarne l'effetto devastante ricorda le bombe impiegate in numersi attentati in Medio Oriente e in Europa. Tecnica e attacco agli interessi dei regimi «apostati» mediorientali: le isole destinate a divenire resort turistici vengono date in concessione a società estere, spesso basate negli Emirati Arabi Uniti. Nel mirino di Al Qaeda sono entrate anche le città d'arte, quelle che in Medio Oriente vengono visitate da decine di migliaia di turisti occidentali: Petra in Giordania, Luxor in Egitto. Le Maldive sono dunque solo l'inizio di questa nuova offensiva del terrore jihadista.
L'obiettivo è di estendere l'azione anche ad altri paradisi del turismo: i Caraibi, le Hawaii. Un'offensiva che ci riguarda anche da vicino. «I mujihaddin sulle spiagge del Mediterraneo»: è il titolo di una delle foto contenute nel primo sito Internet creato da uno dei gruppi jihadisti più sanguinari del Maghreb: «Al Qaeda nel Maghreb islamico», gruppo nato in Algeria (dove ha rivendicato oltre 20 attentati che hanno provocato in pochi mesi centinaia di morti e feriti) ma che ha anche l'ambizione di diventare punto di riferimento per le attività jihadiste nei Paesi vicini come la Libia, la Tunisia, il Marocco e la Mauritania. E in Marocco, i servizi di sicurezza hanno recentemente smantellato una cellula jihadista che stava organizzando attentati contro navi da crociera e località turistiche. Stessi progetti che muoveva una cellula jihadista scoperta e neutralizzata un anno fa in Turchia poco prima che entrasse in azione su una nave da crociera israeliana. Quella foto apparsa sul sito di uno dei più feroci gruppi jihadisti è tutto un programma. Un programma di morte. La didascalia che accompagna quella foto sottolinea che i mujihaddin sono sulla spiaggia del mare comune anche a molti Paesi europei, tra i quali l'Italia, e mostra una decina di terroristi armati che marciano in fila lungo le coste del Mediterraneo. Non è solo propaganda.
Pubblicato il: 01.10.07 Modificato il: 01.10.07 alle ore 8.34 © l'Unità.
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