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Autore Discussione: Guido Rossi. Il ritorno al futuro è la moneta  (Letto 2028 volte)
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« inserito:: Aprile 27, 2013, 05:36:50 pm »

Il ritorno al futuro è la moneta

di Guido Rossi

14 aprile 2013


Il mito di re Mida, nella premonitrice e drammatica descrizione di John Maynard Keynes enfatizzando il conflitto fra chi investe e chi tesaurizza, col recente tracollo del prezzo dell'oro sta forse definitivamente per tramontare. Secondo Keynes le società opulente, vittime del desiderio di accumulare, con la loro avidità distruggono la produzione, bloccano l'economia e finiscono appunto come re Mida ad annegare in un mare d'oro.

Quel re Mida che Febo aveva dotato di orecchie d'asino, come nella favola di Ovidio testualmente ripresa da Keynes (The Collected Writings of J.M. Keynes, Activities 1931-1939, Cambridge University Press, volume XXI, pagina 72).

Eppure quella "barbara reliquia" della Virgiliana "auri sacra fames" è rimasta anche dopo che il Gold Standard è definitivamente scomparso con la sospensione ad opera di Nixon il 15 agosto 1971 della convertibilità del dollaro con l'oro. L'esecranda brama dell'oro ha infatti costituito, anche nel bel mezzo dell'attuale crisi finanziaria, il reputato e indiscusso bene rifugio, ricercato disperatamente dagli Hedge Funds, sicché dall'agosto del 1999 all'agosto del 2011 il prezzo dell'oro era salito del 650%, per diventare oggi da tempi immemorabili il peggiore degli investimenti.
Il New York Times di giovedì ha calcolato che nei forzieri della Federal Reserve Bank di New York, la più grande riserva d'oro del mondo – mezzo milione di lingotti – la perdita attuale di valore è di 75 miliardi di dollari, ai quali, oltre alle perdite private come quella dell'Hedge Fund di John Paulson (che ha perso quasi il 30% dall'inizio dell'anno), vanno aggiunti i 50 miliardi di perdita del deposito di Fort Knox.
Si è scoperto così, non solo che l'idea che una debole politica monetaria avrebbe provocato inflazione, ma anche che la relazione fra disoccupazione e inflazione è tutta da rivedere.

Il rapporto testé pubblicato dalla Societé Generale di ben 27 pagine è tassativo, concludendo fin dal titolo: "The End of the Gold era". Alla Societé Generale si è unita Goldman Sachs, ed altri noti investitori come George Soros.
Non si può certo pensare che la fine dell'era dell'oro possa essere sostituita dall'oro digitale, il cosiddetto BitCoin, basato sulla possibilità di crearlo attraverso un processo estrattivo (il c.d mining, come per i metalli preziosi) consistente nella soluzione di complessi problemi matematici e di algoritmi. Naturalmente, il vero problema di questa moneta digitale sembra essere da un lato la sua difficoltà di spesa e dall'altro, come moneta completamente decentralizzata in rete, l'essere soggetta a furti e manipolazioni di vario genere. Tant'è che in competizione con il BitCoin stanno nascendo simili monete digitali: dal Ripple all'OpenCoin.

Lo spostamento completo dell'economia dalla produzione alla finanza e i sistemi delle tecnologie di comunicazione digitale possono alla fine dell'era dell'oro creare in futuro incredibili e sconvolgenti strumenti finanziari, capaci di cambiare completamente i regimi e le stesse opache istituzioni del capitalismo finanziario e di tutte le sue dottrine.

Il capitalismo "virtuale" contrapposto a quello finanziario sembra, pur nella sua rivendicazione egocentrica e distruttiva, ben lungi dall'affermarsi, destinato com'è a cadere nella disgregante e ottusa banalità della quale sta soffrendo anche la c.d. democrazia "virtuale".
Sembra tuttavia che fra i più importanti meriti dell'Apocalisse dell'oro e delle strampalate invenzioni monetarie virtuali vi sia la ripresa dei principi fondamentali dell'economia uniti alla difesa fondamentale dei diritti conculcati dalla crisi e dalle dottrine dell'austerità.
Non è un caso che le Banche centrali stiano finalmente interrompendo una tragica politica monetaria che per paura dell'inflazione ha provocato solo disuguaglianze e miseria. La prima incredibile apertura è venuta dalla Banca centrale giapponese, il cui governatore ha promesso di raddoppiare la base monetaria con emissioni di nuova moneta, e di acquistare titoli di Stato giapponesi per facilitare nuovi investimenti soprattutto nel settore dell'energia e nelle riforme delle politiche del lavoro, della salute, e dell'agricoltura.

Non diverse paiono le politiche della Bce e di Mario Draghi, e persino la timida recente decisione del governo italiano, di far pagare allo Stato i suoi debiti nei confronti delle imprese, abbandonando così una diversa politica che finora veniva chiamata pomposamente di rigore di bilancio o di austerità, ma in realtà era di barbarie. A questi cambiamenti e a questa autentica rivoluzione culturale dovrà ispirarsi il nuovo Governo.

©RIPRODUZIONE RISERVATA

da - http://www.ilsole24ore.com/art/commenti-e-idee/2013-04-14/ritorno-futuro-moneta-164141.shtml?uuid=AbwimCnH
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