Opinioni
Enrico Capizzi · 27 luglio 2017
Il Paese dei leader e delle polemiche surreali
Dal capo di partito con la felpa a quello che faceva il comico e insulta tutti: una panoramica sulla politica italiana fatta di tante polemiche soprattutto a sinistra
C’era una volta… un Paese meraviglioso, disteso su un mare incantato (steso lì al sole ad asciugare, dicevano i versi di una canzone di uno dei suoi tanti poeti cantanti). Questo Paese un tempo era stato la culla di un Impero immenso, di una civiltà che aveva pervaso il mondo allora conosciuto. Ed al mondo aveva poi dato i più grandi geni ed i più grandi capolavori che l’arte avesse mai generato. Ma tanti abitanti di quel Paese erano ben strani: vivevano in uno dei Paesi più industrializzati e più prosperi al mondo, ma sembrava che vivessero tutti in una miserabile favela o in un’immensa bidonville. Sempre tutti a lamentarsi.” Ma lo Stato dov’è?”, urlavano ad ogni pie’ sospinto davanti ad un microfono prontamente spuntato sotto il loro naso. Mai nessuno che si sentisse responsabile di qualcosa. Senso civico? Carente. Rispetto delle regole? Neanche a parlarne. Tutela dei beni comuni? Macché. Pagare le tasse dovute? Evada chi può. Tanto, come dice un proverbio siciliano, “cu futt, futt, Dio perdona a tutti”. Un Paese dai forti contrasti, dalle forti contraddizioni.
In quel Paese, essendo una democrazia, c’erano i Partiti politici (anche se nessuno, tranne uno, si chiamava più così) e ciascuno aveva un leader…
C’era un ottantenne ricco imprenditore, arricchitosi, Illo tempore, in maniera un po’ oscura. Quando i suoi padrini politici erano scomparsi, aveva deciso di farsi un suo partito, in un periodo drammatico della storia, con la mafia che portava avanti una terribile strategia stragista. Disponendo di enormi risorse economiche, essendo padrone di un impero mediatico ed essendo un eccellente imbonitore (“venghino, signori, venghino”), aveva convinto la maggioranza di quel popolo che avrebbe portato tutti nel Paese dei balocchi. Ma, come i più avveduti avevano capito, il primo interesse dell’imbonitore era farsi gli affari propri. E così, leggi ad personam a go go, le aziende sull’orlo del fallimento riprendono a prosperare. etc. etc. La Magistratura cerca invano di fargli pagare il fio delle sue colpe, pardon, dei suoi reati. Ma tra leggi ad personam, prescrizioni ed inefficienze della giustizia, riesce sempre a cavarsela, coinvolgendo pure un ridicolo Parlamento a sostenere che “Ruby è la nipote di Mubarak”. Solo una volta non riesce a farla franca, viene condannato e decade. Finito? Macché. Molti ritengono che sia stato perseguitato dalla Giustizia, tanti continuano a pensare che sia la soluzione per i problemi di quel Paese. Perché, come mai dopo tanti anni di prove non esaltanti? Ma è chiaro: perché incarna ed esalta i vizi peggiori di quel popolo, perché tanti, troppi, vorrebbero essere come lui. Denaro, donne e chi se ne frega delle regole. Un bel condono, una bella sanatoria, una bella assoluzione ed i peccati (che noia!) sono perdonati.
A battagliare con il tizio di cui sopra c’è un pacioso Professore, che è tutto l’opposto: serio, competente, privo di conflitti di interessi, non racconta barzellette e quando parla è un po’ soporifero. Per ben due volte il pacioso Professore sconfigge alle elezioni l’imbonitore, ma ha maggioranze risicate, composite e litigiose. E così i suoi Governi, con i quali raggiunge importanti risultati, durano appena mezza legislatura. A farlo cadere sono quelli secondo cui non è abbastanza “di sinistra” (ricorda qualcosa?), che sognano il sol dell’avvenire; o sono senatori che si vendono, o sono frammenti di una coalizione surreale.
Poi, tra i leader, c’è un anziano comico, anche lui si fa un suo partito, ma non avendo le risorse del primo, pur essendo abbastanza ricco, scopre le magie della rete (mentre fino ad un certo punto della sua vita spaccava a martellate i computer, strumento del diavolo). Si atteggia tra Cristo e San Francesco, ma decisamente non è affar suo. La sua cifra principale è l’insulto, non a caso lancia il suo movimento politico con un tour che si chiama vaffaday. Un populismo vergognoso, la politica e le istituzioni additate al pubblico ludibrio. Gioco facile, in un Paese nel quale la colpa è sempre degli altri, della politica, dello Stato. Due giornalisti hanno pure scritto un libro di successo contro la casta, forse dimenticando che le caste sono tante; quella dei giornalisti, dei magistrati, dei tassisti, etc. E quella dei politici, forse, non è neppure la peggiore. Alle elezioni fa il botto, portando in Parlamento tantissimi “cittadini” senza esperienza e senza qualità, selezionati con una manciata di click. Eppure, aspira al Governo del Paese. L’aspirante Premier è, pare, un mediocre studente universitario, che fa a botte con i congiuntivi, con la storia e con tanto altro. Ma pare che una buona percentuale di persone abbiano fiducia in lui. Alcuni giorni fa, un giornalista dell’organo ufficioso del Movimento ha sostenuto che (incredibile che se ne siano accorti!) che con il suo curriculum il predetto aspirante Premier avrebbe grosse difficoltà a trovare un lavoro a tempo determinato. E qualcuno davvero pensa che possa guidare il Governo di un importante Paese? Mistero! Doppio mistero!
C’è, ancora, tra i leader un personaggio tutto felpe e Alberto da Giussano. Non molto colto e piuttosto volgare, arrogante (ma, a quanto pare, a nessun commentatore politico importa un fico secco della sua arroganza strafottente), un tempo intonatore seriale di cori contro i “terroni”, decide di diventare un leader nazionale e non più solo padano; non che faccia sfracelli al centrosud, ma qualcuno riesce a convincerlo usando lo slogan “prima gli Italiani” ( l’America first di uno dei suoi idoli che, se non lo fermano in tempo con un bell’impeachment ,produrrà danni inenarrabili al mondo intero). Mi piacerebbe che i suoi sostenitori meridionali andassero a passare un po’ di tempo in qualche sperduta valle dove regna il “dalli al terùn” o “dalli al neghèr”. Forse ci ripenserebbero, chissà. Il nostro si intesta tutte le peggiori battaglie. Un tizio uccide un ladro? Pronta la comparsata, con tanto di felpa “io sto con…”; un nostalgico del fascismo riempie il suo lido (una concessione su demanio pubblico, non casa sua come sostiene) di deliranti cartelli ed immagini? Eccolo pronto a portare la propria solidarietà dopo la denuncia per apologia del fascismo (a proposito, sarei curioso di sapere chi sono i frequentatori di quel lido), due poliziotti ( si, proprio due poliziotti!!!) postano un video nel quale insultano i migranti e la Presidente della Camera ? Immancabile arriva la sua solidarietà del felpato (ai poliziotti, beninteso, non certo alla Presidente, già a suo tempo rappresentata da una bambola gonfiabile), che ha un così alto senso dello Stato da insultare un giorno si e l’altro pure una donna alla quale non sarebbe degno neanche di lustrare le scarpe. Eppure, il suo partito, che soffia sul fuoco della paura e dell’odio verso chiunque sia “diverso” (non ricorda tempi bui? Qualcuno farebbe bene a rileggersi Brecht), ha il consenso, pare, del 15% degli elettori. Mistero al quadrato!
C’è, poi, il leader dell’unico Partito che si chiami così. Un quarantenne deciso e decisionista. Troppo, nel Paese del Gattopardo. Troppo, per un Paese di Gattopardi. Troppo, e troppo giovane, per un Paese da sempre governato da una gerontocrazia immarcescibile. Osa sfidare la casta dei Magistrati (riduzione delle ferie, riduzione dell’età pensionabile, addirittura la responsabilità civile!). E la casta reagisce nominando ai suoi vertici un Magistrato che vorrebbe una Repubblica fondata sulle Procure. Osa sfidare perfino la corporazione delle corporazioni, la Triplice sindacale, da sempre abituata alla cogestione del governo ed a porre veti su ogni cosa non gradisca. Odia i caminetti, aborre le mediazioni senza fine e le interminabili discussioni autoreferenziali? Parte un’ossessiva campagna politico-mediatica sull’ “uomo solo al comando”. I primi, e più accaniti, sono quelli che, teoricamente, sono suoi compagni di Partito. Seguono assortiti commentatori politici. Forse, agli uni ed agli altri, gioverebbe qualche lettura di psicologia sulle dinamiche dei gruppi; oppure semplicemente, un breve ripasso di recente storia politico-istituzionale. Basterebbe andare alla cosiddetta Prima Repubblica, nella quale i Partiti erano forti e strutturati: Eppure nessun Partito faceva a meno di un leader forte, dal cui carisma spesso dipendevano i successi elettorali. La Malfa, Spadolini, De Martino, Craxi, Malagodi, Almirante, Berlinguer. Dicono niente questi nomi? Erano o no leader forti e carismatici, o erano “uomini soli al comando”? Il leader di cui parliamo, osa pure provare a modificare una parte della Costituzione, senza modificare i poteri del Premier, ma semplicemente abolendo il bicameralismo paritario, riducendo i poteri delle Regioni, il numero ed i compensi dei parlamentari, etc. Operazione di lifting costituzionale già più volte tentata.
Apriti cielo! Deriva autoritaria, s’ode a destra uno squillo di tromba. Deriva autoritaria, a sinistra risponde un tamburo. L’accusa, all’aspirante dittatore, piove da tutte le parti. Perfino (e siamo oltre il ridicolo!) dai nostalgici del duce (volutamente minuscolo). E poi dal leader ottantenne, che aveva proposto una modifica costituzionale che introduceva il semi-presidenzialismo, con l’attribuzione di più ampi poteri al Premier. E dall’anziano comico, che non applica la democrazia nemmeno nel suo Movimento: E poi dall’Associazione dei Partigiani; dalla casta degli ex Presidenti della Corte costituzionale; e chi più ne ha più ne metta. Dalli al novello Dottor Stranamore! Al coro si uniscono anche quelli che teoricamente dovrebbero stare dalla stessa parte e che invece, trascinati dall’omino coi baffi, che, in crisi d’astinenza da potere, vuole far pagare al Nostro due delitti di lesa maestà, si uniscono alla sacra accozzaglia, che ottiene la vittoria contro la modifica costituzionale. Il resto è storia recente, attualità nella quale assistiamo ad un dibattito surreale, nel quale si discute non di risultati ottenuti (che solo in malafede si possono disconoscere), di idee, di proposte, di prospettive, ma del …. carattere del Nostro. Sono tutti impegnatissimi nella fondamentale discussione sul carattere. Politici, commentatori, giornalisti di lungo corso. I compagni guidati dall’omino coi baffi, ormai divorziati, sono tra i più accaniti, insieme ai discepoli dell’ex comico. Ed allora, un illustre Psicanalista, con un brillante articolo, tenta di spiegare perché il Nostro susciti tanto odio, specialmente nella sinistra. Odio che un mite e ragionevole Avvocato tenta di arginare, lavorando per una futura alleanza. Sembra dominare il dibattito una sorta di pensiero unico, che descrive il Nostro non come un’importante risorsa, ma come il problema.
Ma, in questo Paese, gli avvenimenti e le polemiche incalzano, perfino in una stagione che dovrebbe essere sonnacchiosa. E invece no. Ecco che un gruppo di idioti si tuffa da un ponte nella laguna di una delle più belle città del mondo, la più affascinante. Sono belgi, ma potrebbero arrivare da qualsiasi parte del mondo. Tanto, ormai ovunque sono convinti che in quel (questo) Paese si possa fare tutto quello che si vuole, liberando le frustrazioni e dando spazio alle trasgressioni che in Patria non sarebbero consentite. Come quella masnada di olandesi che, mesi fa, devastarono alcune delle più belle fontane del mondo. Per inciso, negli Stati Uniti li avrebbero ammanettati con le mani dietro la schiena. E allora ben vengano non uno, ma dieci Decreti del Ministro dell’Interno, alla faccia di una sinistra ferma al permissivismo totale ed alla fantasia al potere del 1968. Poi, siccità ed incendi, con le immancabili polemiche. Ma in un Paese fermo da decenni, che non investe sugli acquedotti e sulle reti idriche, senza educazione contro gli sprechi delle risorse, è del tutto naturale che un lungo periodo di siccità provochi crisi idriche. Gli incendi, poi, si è scoperto che, oltre che da inconfessabili e criminali interessi, a volte sono provocati da ragazzini “che si annoiano”. Proporrei per questi (giovani idioti crescono) un pena accessoria: collaborare coni Vigili del fuoco nello spegnimento degli incendi.
C’è, poi, la più surreale delle polemiche e, guarda caso riguarda la sinistra. Il mite avvocato di cui sopra viene invitato ad una Festa del Partito di cui è segretario il quarantenne di cui pure si è detto. Arrivando, abbraccia la bella (mi si perdoni il maschilismo da anziano siculo) e giovane sottosegretaria, nonché dirigente del partito, che lo accoglie. Apriti cielo. I divorziati, il cui unico scopo è cercare di distruggere il partito da cui provengono (e ovviamente il suo Segretario: consiglio vivamente qualche seduta dal Prof. Recalcati) si comportano come coniugi gelosi. Urla, strepiti, richieste di chiarimenti e di presa di distanza (sai, cara, l’ho abbracciata ma è stato solo per cortesia, non c’è niente tra noi). Una dalemian-bersaniana di lungo corso vorrebbe addirittura misurare l’intensità dell’abbraccio: certo, doveva salutarla, ma non con un abbraccio così “plateale”. C’è una sola parola in risposta: RIDICOLI. Tanto che l’avvocato, mite ma non fesso, disdice l’incontro con il giovane di bella speranza, ma di scarso talento, che neanche i suoi sono convinti abbia le qualità da leader. Se ne faccia una ragione. In un gruppo c’è il leader, ci sono i gregari e c’è l’escluso. Ed il carisma non si compra, come voleva fare un vecchio presidente del Catania calcio con l’amalgama.
Da -
http://www.unita.tv/opinioni/salvini-grillo-berlusconi-polemiche-boschi-pisapia/