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Autore Discussione: Telecom guarda La7 sul ponte del Titanic  (Letto 2192 volte)
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« inserito:: Febbraio 17, 2013, 09:17:33 pm »

Telecom guarda La7 sul ponte del Titanic


La vendita di La7 appassiona gli osservatori della finanza. A chi finirà mai la rete intorno alla quale si doveva costruire il famoso Terzo Polo televisivo, e che invece in questi anni ha finito per distruggere parecchio valore per i suoi stakeholders? La comprerà il furbo Urbano Cairo, amico del giaguaro berlusconiano che già la imbriglia con un contratto capestro sulla pubblicità? O si faranno avanti gli outsider dell’ultima ora, da Claudio Sposito a Diego Della Valle? La domanda è intrigante, ma del tutto priva di senso. Per due motivi elementari. Il primo motivo: La7 non la comprerà nessuno. Almeno adesso. E non ci voleva il genio della lampada per sapere che l’asta sarebbe fallita, e che il cda della casa madre avrebbe rinviato ogni decisione alle calende greche. La scorsa estate il ceo di Telecom, esasperato dall’immobilismo dei suoi azionisti e schiantato da un debito da quasi 30 miliardi che gli impedisce qualunque movimento, ha finto di dare una scossa alla foresta pietrificata. «Scorporo la rete e vendo La7», ha buttato lì Franco Bernabè. Falso movimento, per vedere «l’effetto che fa». Il risultato era scontato fin da allora. Telecom senza la rete non avrebbe senso. Un’operazione come quella congegnata con la Cdp (che comprava a caro prezzo ma lasciava la maggioranza in mano alla stessa Telecom) non stava in piedi. Gonzi sì, ma fino a un certo punto. E Telecom senza La7 perderebbe la sua «rendita politica». Venderla durante la campagna elettorale sarebbe stata una follia. Allocchi sì, ma fino a un certo punto. Il secondo motivo: accapigliarsi sull’identikit dell’ipotetico compratore di TiMedia è un puro diversivo. È come osservare l’alberello, e non vedere il bosco che gli fa da sfondo. Il problema non è certo La7, anche se nell’ultimo esercizio ha perso 100 milioni e cumulato un debito di 260. Il vero dramma di Telecom è il suo destino industriale, sempre più indecifrabile. La pura difesa dell’esistente non può bastare, per la semplice ragione che non può reggere. Né sul mercato domestico dove la telefonia mobile soffre nella guerra commerciale con i concorrenti, né sul mercato estero dove persino il Brasile comincia ad avere guai nell’adeguamento della rete. Serve una svolta strategica, supportata da un’iniezione di denaro fresco. La settimana scorsa l’olandese Royal Kpn, che ha un modello di business molto simile a quello di Telecom, ha varato una ricapitalizzazione da quasi 5 miliardi, a fronte di un indebitamento di 12,4 miliardi. Fatte le dovute proporzioni, il gruppo guidato da Bernabè dovrebbe fare un aumento di capitale da almeno 10 miliardi. La sfida è enorme. I «capitani timorosi» di Telco trovino il coraggio di affrontarla a viso aperto, invece di godersi i talkshow de La7 sul ponte del Titanic.

(11 febbraio 2013) © Riproduzione riservata

da - http://www.repubblica.it/rubriche/polis/2013/02/11/news/telecom_guarda_la7_sul_ponte_del_titanic-52377286/
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