Mercoledì 16 Gennaio 2013 08:31
Con il 2013 diventa operativo il Fiscal compact.
Per l'Italia scattano misure stringenti che prevedono il pareggio di bilancio e la riduzione del debito di 45 mld l'anno.
Accanto alle perplessità sulla fattibilità di tale rigore finanziario non mancano quelle di natura giuridica.
di Ipazia
Nel 2012 sono stati adottati in sede Ue due atti, caratterizzati dalla peculiarità genetica di possedere una matrice giuridica esterna al diritto dell'Unione: il Patto Euro Plus e il Trattato sulla stabilità, coordinamento e governance nell'unione economica e monetaria meglio noto come Fiscal compact, quest'ultimo al via il primo gennaio 2013. Il Fiscal compact, sottoscritto alla stregua di un accordo intergovernativo il 2 marzo 2012 da 25 degli Eurostati[1] (non vi hanno aderito il Regno Unito e la Repubblica Ceca) deve la caratteristica giuridica enunciata in abbrivio proprio all'opposizione dei due Stati in inciso. La procedura di revisione dei Trattati Ue esige il consenso di tutti e la soluzione di consentire a modifiche del Tue e Tfue negoziando appositi protocolli di opting out come avviene attualmente per l'Acquis Schengen è stata impraticabile a causa delle insostenibili contropartite richieste dal Regno Unito il quale aveva tra l'altro avanzato una serie di clausole di salvaguardia in materia di servizi finanziari volte a pregiudicare la possibilità di introdurre in futuro una tassa sulle transazioni finanziarie.
Come è facile desumere il Fiscal compact non poteva scaturire attraverso gli strumenti intra-Ue attivando i poteri normativi degli articoli 136 e 352 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, ovvero alla procedura di cooperazione rafforzata per l'impossibilità di ottenere la firma e ratifica da parte di tutti gli Stati membri. L'impossibilità di ricorrere alla revisione dei Trattati istitutivi ha ovviamente influenzato sotto molti aspetti la fisionomia del Fiscal compact, destinato a svilupparsi alla stregua degli Accordi di Schengen, nati sul piano "esterno", internazionale, e poi incorporati con il Trattato di Amsterdam all'interno della struttura giuridica dell'Unione europea, come previsto espressamente dall'art. 16 il quale stabilisce che dopo cinque anni dalla propria entrata in vigore le Parti contraenti adottino i passi necessari per incorporarne la sostanza nel quadro giuridico dell'Ue, nel rispetto delle norme di quest'ultima.
Pur potendosi dunque definire a rigore un atto extra Ue e, come tale, inidoneo a modificare le norme comunitarie perché di un ordinamento al quale è estraneo, le norme del Fiscal Compact rafforzano, con regole più restrittive, molti degli obblighi già esistenti nel diritto Ue malgrado il fatto che la tecnica di produzione normativa si sostanzi nella compressione del metodo comunitario a beneficio di quello intergovernativo. Tale peculiarità, censurata da parte della dottrina come motivo di invalidità, di fatto esprime la volontà condivisa di rafforzare le regole nella finalità di congelare lo sviluppo dell'indebitamento nel settore pubblico negli Stati che si sono rivelati incapaci di rispettare la disciplina finanziaria necessaria per la crescita dell'economia in Eurolandia.
Arrestare l'incremento dell'indebitamento che è la maggiore concausa della crisi dei debiti sovrani ha imposto le misure "rafforzate" codificate nel Fiscal compact. Sono una conferma di quanto affermato gli articoli 3 (tetto ai disavanzi, regola del pareggio di bilancio nel diritto interno, meccanismi correttivi automatici; sollecito agli Stati contraenti ad utilizzare certi meccanismi dei Trattati), 7 (in tema di procedura per disavanzi eccessivi) 8 (mancato recepimento della regola sul pareggio di bilancio), 10 (ricorso alle cooperazioni rafforzate e alle misure ex art. 136 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, obbligo a sostenere e dare seguito alle raccomandazioni e proposte della Commissione in talune materie).
Si tratta, in buona sostanza, di interventi che, non diversamente da quelli contenuti nel Patto Euro Plus, passano attraverso gli impegni privi di obbligatorietà giuridica di "Stabilità e Crescita"(titolo III) con l'inasprimento dei vincoli di politica fiscale già inclusi nei trattati europei sino dal Trattato di Maastricht[2]) , di "Coordinamento" (cooperazioni rafforzate (titolo IV) e "Governance[3]" (titolo V) nell'unione economica e monetaria.
Il Fiscal compact è legato al futuro Meccanismo europeo di stabilità, il c.d. "fondo salva Stati" che dovrebbe sostituire l'attuale Fondo europeo di Stabilità Finanziaria. Dando attuazione a quanto deliberato dal Consiglio europeo del 24/25 marzo 2011, il Meccanismo europeo di stabilità sarà stabilito con un Trattato internazionale fra gli Stati dell'eurozona, come un ente finanziario di diritto internazionale con sede in Lussemburgo. Come la sostenibilità dello sviluppo dell'eurozona, intesa come crescita dell'occupazione, competitività e coesione sociale, possa passare per l'efficacia riequilibratrice tra paesi creditori e paesi debitori a mezzo del Fiscal compact è nella diacronica dei fattori investiti dal Fiscal compact stesso, segnatamente quelli ambientali, economici e sociali che hanno messo in ginocchio l'Europa, a causa della dipendenza da quelle economie nei confronti delle quali si è fortemente indebitata. La regola di bilanciamento del budget accettata dagli Stati che hanno già ratificato il trattato dovrà essere introdotta nei sistemi legali nazionali entro un anno dalla sua entrata in vigore .
La cogenza delle norme è assicurata dai meccanismi di correzione automatica supportati dal controllo sulla corretta trasposizione dei principi pattizi demandato alla Corte di giustizia Ue, deputata tra l'altro ad imporre decisioni vincolanti e sanzioni fino allo 0,1% del Pil, da pagare al fondo ESM (European Stability Mechanism). Sottrarsi alla leva riequilibratrice del Fiscal compact espone al venir meno della protezione del fondo salva-Stati e al rischio che la speculazione, facendo svettare lo spread, acuisca la crisi dell'euro. L'Italia ratificando il Fiscal compact dovrà mantenere il deficit strutturale entro lo 0,5% del Pil e ridurre di un ventesimo il debito pubblico, per portare il rapporto debito/Pil dall'attuale 120 % (circa) al 60%, ossia di ridurre il debito ogni anno di 45 miliardi di euro.
Quanto al Patto Europlus, concluso in forma semplificata e senza assoggettamento a ratifica da parte dei 23 Stati (17 dell'euro più altri 6 a margine del Consiglio europeo del 24/25 marzo 2011) sottoscrittori, ha valenza programmatica non produttiva di impegni giuridicamente vincolanti e sanzionabili. La sua efficacia, strutturata infatti attraverso soft law, punta a rilanciare le politiche economiche dei Paesi sottoscrittori verso elevati livelli di competitività attraverso una strategia di coordinamento aperto.
[1] Hanno ratificato il Fiscal compact Austria, Cipro, Germania, Danimarca, Estonia, Spagna, Francia, Grecia, Italia, Irlanda, Lituania, Lettonia, Portogallo, Romania, Finlandia, Slovenia, Finlandia. L'Italia dovrà ratificare il Trattato il 1° Marzo 2013.
[2] Si ricorderà che il Trattato di Maastrict aveva però previsto che il tasso di indebitamento netto non dovesse superare il 3% del Pil e poneva il vincolo allo stock di debito pari al 60% del Pil. Il Patto di Stabilità e crescita impone, invece, la regola dell'equivalenza ricardiana che nel medio termine il saldo di bilancio debba essere in pareggio ( o prossimo al pareggio) e il Fiscal compact afferma, a pena di sanzioni che il saldo di bilancio strutturale – cioè al netto dell'andamento del ciclo – non deve superare lo 0,5% del Pil a prezzi di mercato e che il divario tra la quota del debito sul Pil e il 60% deve essere ridotta del 5% all'anno.
[3] La governance, con l'istituzione di un nuovo organismo, il Vertice Euro Summit, di cui si regola composizione, compiti e funzionamento, ricalca il documento allegato alla Dichiarazione dell'Eurosummit del 26 ottobre 2011.
da -
http://www.fiscoequo.it/index.php?option=com_content&view=article&id=627:fiscal-compact-al-via-tra-perplessita-giuridiche-e-rischi-di-sostenibilita-&catid=52:attualita&Itemid=110