Economia
23/12/2012
“Io, broker centenario non credo ai soldi facili”
Nella società di famiglia Irving continua a fare ricerca, anche se è il figlio a gestire l’attività quotidiana
Irving Kahn 107 primavere, lavora a Wall Street dal 1929
Paolo Mastrolilli
INVIATO A NEW YORK
Andate a spiegarlo a lui, Irving Kahn, che c’è la crisi economica e le cose non saranno più come prima. Scuoterà la testa, incrocerà le dita nodose, e ti liquiderà con un sorriso paterno: «Sei un ragazzo, ti manca la certezza delle tue convinzioni». Ragazzo, secondo i suoi parametri, è chiunque non abbia compiuto almeno ottant’anni. Perché la prima volta che Irving fece un’operazione a Wall Street, nelle case non c’erano ancora i telefoni o le televisioni. Era l’estate del 1929, e per la verità non c’era stata nemmeno la Grande Depressione.
Mercoledì scorso Irving ha compiuto 107 anni, festeggiati con un’intervista al Wall Street Journal, e questo fa di lui il più anziano operatore di borsa in servizio attivo. Il giorno dopo, le autorità di Nyse hanno annunciato che IntercontinentalExchange comprerà “Big Board” per 8 miliardi di dollari, mettendo fine a 220 anni di indipendenza della borsa di New York. Lo hanno fatto perché il mercato è cambiato e le piattaforme elettroniche sono più importanti dei vecchi “floor”, dove un tempo correvano i ragazzini come Kahn a portare gli ordini. Eppure lui scrolla le spalle e scommette sulla sopravvivenza della sua compagnia di investimenti, basandosi sulla filosofia che da sempre rassicura i clienti: «Noi mangiamo quello che cuciniamo». Irving è nato il 19 dicembre del 1905, da una famiglia ebrea nota per la longevità: la sorella più grande, Helen, è morta a 110 anni; la seconda, Lee, a 101; e il fratellino più piccolo, Peter, è ancora arzillo a 102 anni. Secondo Irving non c’è un elisir che aiuta i Kahn: «Nessun segreto, è solo la nostra natura». Poi però aggiunge: «Milioni di persone muoiono ogni anno per qualcosa che avrebbero potuto curare da sole: la mancanza di saggezza e la mancanza di abilità a controllare i loro impulsi».
A lui questo non è mai capitato, da quando studiava economia al City College of New York. Nel 1928 aveva iniziato a lavorare a Wall Street per una piccola compagnia, la Hammerschlag, Borg & Co. Faceva il “runner”, ma presto chiese il trasferimento nell’ufficio studi. Proprio in quegli anni, conobbe l’uomo che avrebbe cambiato la sua vita: Benjamin Graham, autore del classico “The Intelligent Investor” e inventore del modello “value investing”. Divenne suo assistente alla Columbia University, come Warren Buffett, e rimase così colpito dai suoi insegnamenti che chiamò il primo figlio Thomas Graham, come Buffett chiamò il suo Howard Graham. La teoria del “value investing” era semplice: non cadere mai nella tentazione di fare soldi facili. Se investi, devi credere che quella compagnia crescerà. Quindi cerca i titoli meno costosi, con le migliori prospettive, e tienili per almeno tre anni, o anche quindici, finché non realizzano le proprie potenzialità. «Mai comprare azioni popolari, tranne forse nei periodi di recessione».
Su questa filosofia Irving ha costruito la sua compagnia, Kahn Brothers Group, che gestisce capitali per 950 milioni di dollari. E’ un business famigliare, col figlio Thomas Graham che guida la gestione quotidiana, ma il padre fa ancora ricerca e parla con i clienti: «Scoprire un titolo sottovalutato è ancora la cosa che mi dà più soddisfazione». Ci riesce studiando, anche la sera o nel week end: «Quando compri un titolo, devi saperne molto più di chi te lo vende». Lui, ad esempio, predilige le azioni legate all’agricoltura, «perché in quel settore il sole lavora per te». Però sta anche al passo coi tempi, visto che ha investito nella Nam Tai Electronics, un’azienda cinese che fa componenti di alta tecnologia. Vorrebbe che il mercato finanziario diventasse più responsabile, ma è sicuro che anche questa nottata passerà: «La storia si ripete, anche se non è mai uguale. Nel nostro mestiere, però, la frase più pericolosa è questa: “Stavolta è diverso”».
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