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Autore Discussione: Ida ROTANO. BERTINOTTATE  (Letto 2106 volte)
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« inserito:: Febbraio 18, 2012, 09:52:51 am »

Ida Rotano,   16 febbraio 2012, 15:44

Bertinotti:  In Italia stiamo vivendo "una sospensione della democrazia, con un governo che esautora la politica che del resto si trova "in uno stato mortuario, di totale eutanasia". Fausto Bertinotti apre la prima sessione di un seminario organizzato dai Democratici in rete di Goffredo Bettini e attacca a tutto campo: dal governo Monti al Quirinale, fino agli errori di una sinistra i cui partiti "così come sono, sono irriformabili"

L'appuntamento, a Roma, è stato dato da Goffredo Bettini. L'occasione è un seminario dal titolo : "Centro-sinistra: un solo grande campo, inclusivo, aperto, plurale, democratico". Il fine lo spiega Bettini stesso: I gruppi dirigenti di tutti i partiti del centrosinistra rinuncino alle loro "nicchie di potere" e per combattere la destra si uniscano in un impegno comune per "la buona politica".
"Le divisioni sono ai vertici, i cittadini, come hanno dimostrato le ultime tornate amministrative e le primarie, votano già al di la' di appartenza politica e ideologica".

Nella prima sessione si discute di  crisi democratica e della rappresentanza. Apertura: Bertinotti; chiusura: Latorre.
E l'ex presidente della Camera punta subito l'attenzione sulla "cessione di sovranità" che caratterizza la nascita del governo Monti e che ha contraddistinto anche il periodo berlusconiano. La sinistra tratta il governo Monti come i liberali trattarono il fascismo, "come un'eccezione, una parentesi". E' il paragone che suggerisce.

"Nella fase di transizione, con l'ideologia sopraffatta dal mercato, inizia il deperimento della Repubblica e la democrazia subisce una fase regressiva", dice Bertinotti che non risparmia severe critiche alle forze progressiste. "Per questo demonizzando Berlusconi - spiega - abbiamo preso lucciole per lanterne perché non si trattava di un caso anomalo, ma della estremizzazione di una tendenza europea di cessione della sovranità" che oggi si rivolge "o verso entità sovranazionali come la Bce e il Fondo monetario", oppure "verso la costruzione europea, con tutto il suo carico di promesse tradite", che la caratterizza essenzialmente come una "dimensione a-democratica".
Quando la crisi del capitalismo finanziario dagli Usa si sposta verso l'Europa "qui produce una risposta purtroppo originale, un colpo di maglio a ciò che resisteva del welfare europeo e del suo assetto democratico". Si impone il paradigma della "ineluttabilità delle decisioni" a discapito del processo democratico.

I fatti della Grecia, in questi giorni, sono in qualche modo la cartina al tornasole di una dinamica allo stadio avanzato.
"La Grecia - spiega l'ex leader del Prc- non è racchiudibile in Grecia. Eppure dall'Europa non è venuta una risposta anche solo vagamente democratica di fronte all'annichilimento di un intero popolo.
"In altre fasi - sottolinea - avremmo avuto le capitali europee mobilitate per il caso Grecia in nome della democrazia e della sovranità politica. Ma il fatto che non avvenga testimonia lo stato mortuario della politica". Il silenzio di questi giorni è indicativo dello stato mortorio in cui si trova la politica a fronte di un processo incompatibile con la democrazia". Per Bertinotti è in atto oggi "un vero e proprio processo costituente".

In Italia, spiega, da agosto ad oggi, "tutto origina dalla lettera della Bce, che, sul Corriere della Sera, l'editorialista Mario Monti ha commentato come un intervento del podestà forestiero che ha deprivato il Parlamento della sua funzione ed è arrivato fino al punto di dettare delle modifiche costituzionali" sul pareggio di bilancio.
Riferendosi sempre alla lettera della Bce, Bertinotti ha aggiunto: "Questa sospensione di democrazia, con un governo che esautora la politica, avvia una crisi profonda della politica e delle istituzioni. Questo è sotto gli occhi di tutti, basta non fare finta di niente. Anche il coinvolgimento dei sindacati in questa fase con un ruolo così subalterno è a rischio di rottura del rapporto tra politica, istituzioni e società civile perché la dialettica che si produce è tra tecnocrazia e populismo. E' inutile, poi, stupirsi di Celentano perché è il simbolo di tutto ciò".

"Tecnicamente - osserva Bertinotti citando Rino Formica - oggi siamo un paese colonizzato" e "il governo dei tecnocrati risponde all'idea che non esistono alternative praticabili. 'O me o il caos'", è il motto dell'esecutivo Monti per l'ex presidente della Camera.
A fronte di questo, la sinistra i cui partiti "così come sono, sono irriformabili", è "in crisi". E come fece con Berlusconi, "ogni volta che è in difficoltà tende a parlare di eccezioni. Oggi siamo - dice Bertinotti - malamente 'tardo-crociani', perché come fece Croce con il fascismo, accettiamo di mettere il governo Monti tra parentesi e aspettiamo che si concluda. Ma Monti e Marchionne non sono eccezioni. C'è un filo che lega l'uno all'altro e si chiama ineluttabilità delle scelte".

La riflessione dell'ex presidente della Camera non si ferma neppure davanti alla porta del Quirinale. "Ho sentito dire al presidente della Repubblica che la questione sociale è importante ma non può essere invocata per bloccare le riforme: è indicibile", attacca Fausto Bertinotti. "O la questione sociale è invocabile per chiedere un mutamento o vuol dire che è regolata da altro e quindi è una variabile dipendente perché c'è un elemento sovraordinato che è la politica economica - spiega -. Tutto questo avviene perché oggi c'è la ineluttabilità delle scelte, una cosa che invocano sia Monti che Marchionne".

E, mentre negli ambienti del Quirinale si rileva che il Presidente della Repubblica non si è mai pronunciato sulla questione sociale nei termini attribuitigli da Fausto Bertinotti, nell'intervento conclusivo della prima giornata di seminario ci pensa il relatore piddino Nicola Latorre a puntualizzare: "Napolitano non avrebbe mai potuto affermare che la questione sociale è importante ma non può essere invocata per bloccare le riforme. In un suo recente discorso ha semmai detto una cosa ben diversa, e cioè che la coesione sociale non è immobilismo bensì una massima intesa tra le forze sociali e politiche per obiettivi di cambiamento e riforma".

da - http://www.paneacqua.eu/notizia.php?id=19673
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