Crescita e rigore convivenza difficile
di MARCO RUFFOLO
Surplus in surplace. La metafora ciclistica è di Mario Monti. Non il Monti premier ma il Monti professore della fibrillante estate scorsa, quando fin da luglio i mercati cominciarono a spostare il mirino sul nostro paese. Dal professore arrivò allora una lettura della crisi e una strategia per affrontarla che poi lui stesso ha dovuto evidentemente riporre in un cassetto. Eccola dalle sue parole, in un’intervista al "Messaggero": "Nelle valutazioni della Commissione europea e delle agenzie di rating, da qualche mese la nota più preoccupante per l'Italia non è il contenimento del disavanzo pubblico, ma la constatazione che la crescita economica è insufficiente e che non sono stati messi in opera interventi strutturali per garantire un aumento del Pil nei prossimi anni. L'interrogativo è per quanto tempo saranno sostenibili i miglioramenti raggiunti in questo periodo sul fronte del deficit. Usando un termine ciclistico, se si va verso il pareggio o al limite il surplus nel bilancio facendo il surplace nell'economia, i mercati non lo traducono affatto in un esempio di virtuosismo".
Il senso è chiaro: attenti a intestardirci con il pareggio di bilancio nel 2013. Non è questo che ci chiedono i mercati, preoccupati non tanto per il nostro deficit quanto soprattutto per la mancata crescita e le mancate riforme. Con quel tipo di virtuosismo rischiamo anzi di mettere l’economia in "surplace". Ebbene, la cosa più grave è che oggi, a quasi sei mesi mesi da quelle considerazioni, e ancora prima che le misure del governo abbiano avuto effetto, la bicicletta italiana non solo si è fermata, ma adesso scivola pericolosamente indietro. Insomma, siamo in recessione. Il che dovrebbe vieppiù convalidare la lettura di Monti del luglio scorso. Cosa è successo da allora?
È successo che una volta nominato premier, il professore si è accorto che tanto l’Europa quanto i mercati non si accontentavano affatto di riforme e di crescita. Ma che chiedevano anche sacrifici immediati per confermare il pareggio di bilancio del 2013, in nome di un rigore molto oltranzista e poco lungimirante. Insomma chiedevano al tempo stesso crescita e austerità, una specie di ossimoro economico difficilmente comprensibile. E così dopo un timido tentativo di porre la questione a Bruxelles, Monti ha dovuto accettare di buon grado il diktat venuto dal freddo. E sono arrivati i sacrifici. Adesso, si dice, tocca allo sviluppo. Ma quale bacchetta magica sarà in grado di rilanciare in pochi mesi l’Italia proprio mentre si è costretti a prelevare una cinquantina di miliardi in due anni dal corpo già esangue della sua economia? Si è dovuto reintrodurre l’Ici senza abbassare l’Irpef ma anzi elevando le sue addizionali regionali, si è dovuto mettere in conto un aumento dell'Iva, si è dovuto far cassa con le pensioni.
Insomma, non solo la bicicletta va all'indietro, ma chi la guida è costretto a farlo con le mani legate. In queste condizioni, quale miracolosa misura compensatrice sarà in grado di rilanciare rapidamente redditi e consumi? Se poi, come conferma la Banca d’Italia ma anche come suggerisce il buon senso, tutte queste misure avranno un effetto depressivo sull’economia, lo stesso obiettivo di azzeramento del rapporto tra deficit e Pil rischia di allontanarsi nel tempo. A meno che nel frattempo le riforme avviate non convincano i mercati che prima o poi la crescita arriverà. Allora, grazie a quello stesso gioco di aspettative che ci ha portato sull'orlo del baratro, lo spread e i tassi scenderanno, il credito ripartirà e il suo costo tornerà ad essere contenuto. Ma a quel punto il cavallo stremato avrà ancora la forza di bere?
(21 dicembre 2011) © Riproduzione riservata
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