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Autore Discussione: Zanzare killer e vecchi compagni. Da Togliatti, quel che resta del Pci  (Letto 2638 volte)
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« inserito:: Agosto 23, 2014, 06:02:32 pm »

Zanzare killer e vecchi compagni. Da Togliatti, quel che resta del Pci
Al Verano, un manipolo di ex comunisti per i 50 anni della morte del Migliore.
Delle nuove generazioni solo il ministro Orlando: “Fu una figura decisiva”


22/08/2014

Mattia Feltri
Roma

Dice Ugo Sposetti (senatore del Pd ed ex tesoriere dei Ds) che il 21 agosto del 1964, quando seppe della morte di Palmiro Togliatti, stava raccogliendo nocciole a Soriano nel Cimino, provincia di Viterbo. «Avevo diciassette anni e lavoravo per pagarmi gli studi». Lo dice al Verano, il cimitero monumentale di Roma, a pochi passi dalla tomba secondaria del Pci. Lì sono sepolti Sibilla Aleramo, la poetessa che fu l’amore di Dino Campana e fu fascista e poi comunista.

E anche Ottavio Pastore, il direttore dell’Unità che nel 1924 sfidò a duello Curzio Malaparte, ma ne uscì ferito e sconfitto perché non sapeva maneggiare la spada, e poi Aldo Lampredi, che partecipò alla fucilazione di Benito Mussolini a Giulino di Mezzegra, e Francesco Misiano, che portò Douglas Fairbanks a Mosca, distribuì la Corazzata Potëmkin in Germania e morì di crepacuore quando Mosca lo accusò di deviazionismo trotzkista. Una specie di tomba di famiglia. Anzi, una tomba di partito, perché nel Pci gli affetti venivano dopo la politica. Questo è giusto un angolino di lettere cadenti dalle lapidi e popolato da zanzare killer. Niente a che vedere col famedio.

Ieri, poco dopo le nove di mattina, una manciata di ex comunisti si è radunata all’ingresso principale del Verano per poi dirigersi in auto al famedio dov’è sepolto Togliatti (il Verano è il più grande cimitero d’Italia, percorso da un sistema viario lungo trentasette chilometri). Volti conosciuti: Sposetti ed Emanuele Macaluso. Dice Macaluso che è qui, e ci viene a ogni anniversario, se appena può, per motivi sentimentali: «Ho lavorato cinque anni con Togliatti, e fu decisivo per la mia crescita politica e culturale». Cinquant’anni fa era nella segreteria politica del Pci ed era in sede, in via delle Botteghe Oscure, quando dall’ambasciata di Russia lo avvertirono che il Migliore era morto a Yalta in conseguenza di un ictus. Il Togliatti che ricorda oggi Macaluso è quello che con la svolta di Salerno - cioè l’ingresso nel governo di Pietro Badoglio con i Partiti di liberazione nazionale - gettò le basi su cui avrebbe poggiato l’Assemblea costituente e cioè la Repubblica italiana. «E’ un padre della nostra democrazia, insieme con Alcide De Gasperi, con Pietro Nenni, con Ugo La Malfa, uomini che ci hanno insegnato come si stabiliscono le regole della convivenza politica. Ma sono tempre che oggi, purtroppo, non ci sono più».

Al famedio saremo in quaranta, forse cinquanta compresi i giornalisti. È arrivato anche il ministro della Giustizia, Andrea Orlando. Per l’età media dei partecipanti è un ragazzino. Ha 45 anni ma ha fatto in tempo, a venti, a essere eletto in consiglio comunale col Pci a La Spezia. Non è qui per conto del partito, dice. È qui e rappresenta sé stesso per «rendere omaggio a una figura decisiva nell’edificazione della nostra democrazia». Orlando dice che, a prescindere da calcoli ereditari ed elencazioni di pantheon più o meno utili, Togliatti non andrebbe dimenticato. Con tutte le contraddizioni della biografia eccetera. 

Il ministro centra il punto in pieno proprio nei giorni in cui si litiga sull’idea di intitolare ad Alcide De Gasperi la festa dell’Unità. Si ripensa all’agiografia perenne che si fa di Enrico Berlinguer. Si ripensa alle figurine e ai poster incollati sulla carrozzeria del partito a ogni revisione, coi Martin Luther King e i Nelson Mandela, calzanti a ogni coscienza, con i democristiani Aldo Moro e Giorgio La Pira, con l’America superbuona di Bob Kennedy e Barak Obama, e l’ultima volta nell’elenco saltò fuori di tutto, da Gandhi a Federico Fellini, fino a Italo Calvino e persino l’ex nemico pubblico Bettino Craxi. Un bel sintomo di totale confusione identitaria, e dire che il pantheon è qui, in pietra, disegnato all’inizio degli anni Settanta dall’architetto Gualtiero Costa. Come dice lo scrittore Fulvio Abbate, le lapidi che salgono alternativamente danno l’idea di una bocca sdentata. 

La cinquantina scarsa di celebranti rimane qui giusto qualche minuto, in silenzio. Nessun discorso. C’è la figlia adottiva di Togliatti, Marisa Malagoli. C’è Antonio Rubbi, vecchio dirigente della sezione esteri. C’è una delegazione di Fiano Romano guidata da Giuliano Ferilli, il babbo di Sabrina. Ci sono - dicono qua - i compagni di Ravenna, i compagni di Milano. C’è uno dell’Anpi che dice: «Quando dicono che manca Berlinguer rispondo che mi manca il partito». 

Scendiamo di sotto, guidati da una specie di “responsabile morti del Pci” dove ci sono le tombe. Eccolo il pantheon. Altro che idoli quartaginnasiali, Nobel per la Pace e Oscar alla carriera. In pochi metri quadrati ci sono (oltre a Togliatti) Nilde Jotti, Luigi Longo, Pietro Secchia, Giuseppe Di Vittorio, Ruggero Grieco, Mauro Scoccimarro, Mario Alicata, Camilla Ravera, Luciano Lama e tanti ancora. In pochi metri quadrati c’è un bel po’ di storia italiana, e molta storia della sinistra, nel tanto bene e nel tanto male che sono propri del Novecento. È una storia che sono rimasti in pochi a non aver rimosso, e oggi sono qui.

Da - http://lastampa.it/2014/08/22/italia/cronache/zanzare-killer-e-vecchi-compagni-da-togliatti-quel-che-resta-del-pci-laBbfhl3gSjrhG9STrmSiP/pagina.html
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