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Autore Discussione: Tavaroli ispirò la lettera del killer di Erba  (Letto 2593 volte)
Maira
Utente non iscritto
« inserito:: Settembre 14, 2007, 12:49:18 pm »

Olindo Romano chiese perdono con una missiva

Tavaroli ispirò la lettera del killer di Erba

L'ex capo della sicurezza di Pirelli-Telecom: pregavamo assieme nonostante l'isolamento 


COMO — Il netturbino e l'uomo dei misteri. L'assassino di Erba e il super spione di Albenga. Chi lo avrebbe mai detto... Olindo Romano e Giuliano Tavaroli insieme. Stesso carcere (Como), stessa sezione (isolamento), stesse preghiere (nello spazio comune). E fra i due i germogli di un'intesa fatta di poche parole e tanti sguardi. Abbastanza, a quanto pare, perché Olindo si ispirasse a Giuliano per scrivere (ad aprile) la sua lettera di pentimento, quella in cui chiedeva perdono («Rosa e io siamo confusi, non ci siamo ancora resi conto di ciò che abbiamo fatto... »).

C'è chi dice addirittura che quella lettera l'abbia scritta lui (Tavaroli) e chi sostiene invece che ne abbia solo suggerito l'idea. Quel foglio con due sole correzioni, quello scorrere delle parole così diverso dal modo di parlare di Olindo, suonano come una conferma. «Il cammino è appena cominciato, lungo e in salita, e io e la mia Rosa insieme lo affronteremo con serenità nel perdono, col perdono».
Il presunto ghost writer oggi è agli arresti domiciliari. Farebbe volentieri a meno di ricordare il periodo di isolamento nel carcere di Como, ma già che parla dell'argomento spiega al suo avvocato, Massimo Dinoia, che in effetti è vero: Olindo Romano è stato a un passo da lui, («nella cella in diagonale rispetto alla mia»), che con l'omicida della strage di Erba ha avuto dei contatti nonostante il regime di isolamento («durante le preghiere che avvenivano fuori dalla cella, nel corridoio comune ») e che a dirla proprio tutta non ci vedrebbe niente di male in questa storia della lettera («io me ne farei un vanto e un punto d'onore»). Ma poi non conferma di aver avuto un ruolo. O quantomeno, non che lui sappia. Per qualche mese le vite di Olindo e Giuliano hanno avuto lo stesso sfondo. Tutti e due hanno contato il tempo con i ritmi del carcere, hanno guardato il mondo attraverso la televisione.

Ma a parte la convivenza forzata nella stessa sezione, la storia dei detenuti Tavaroli e Romano non ha nulla, ma propio nulla, in comune. Giuliano e Olindo sono l'espressione di due mondi che più lontano non si può. Forse il «mostro» di Erba — l'uomo che assieme alla sua sposa, come la chiama lui, ha massacrato i vicini perché facevano troppo rumore — non ha mai saputo granché di chi fosse il tizio della cella accanto che tutte le guardie penitenziarie trattavano con riguardo. I suoi modi «gentili e affabili», come li descrivono gli agenti, erano una rarità per una sezione di isolamento. Niente a che vedere con il fare «scontroso» e «indisponente » di Olindo. E invece lui, l'ex brigadiere dell'Anticrimine che ha fatto fortuna nella sicurezza privata, del netturbino sapeva eccome. Il faccione di Olindo era comparso così tante volte sui giornali e in televisione che era praticamente impossibile non conoscere almeno un po' della sua storia, della sua confessione, di sua moglie Rosa...

Il carcere abbatte le distanze e la primavera del 2007 è stata crocevia dell'incontro fra lo spazzino e il carabiniere senza più divisa.
Tavaroli, 48 anni, ex responsabile della Security della Telecom, in carcere c'è finito per questioni lontanissime da sangue, odio, rancore. Il suo reato è l'associazione a delinquere finalizzata alla corruzione e alla rivelazione di segreti d'ufficio. Le sue amicizie, da uomo libero, erano personaggi come Marco Mancini, numero due del Sismi, oppure Emanuele Cipriani, il capo dell'agenzia di investigazioni Polis d'Istinto. I suoi guai hanno a che fare con operazioni di spionaggio, dossier illegali, passaggi di notizie segrete. Le sue giornate un tempo erano costruite sulle informazioni: dai politici al terrorismo internazionale. Lontanissimo, appunto, da Olindo che chiede perdono in nome del nuovo amico. Un uomo che probabilmente non incontrerà mai più.

Giusi Fasano
14 settembre 2007
 
da corriere.it
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