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Autore Discussione: Maria Teresa MELI  (Letto 51553 volte)
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« Risposta #90 inserito:: Marzo 09, 2018, 06:33:24 pm »

Gentiloni, Prodi, Veltroni e l’accordo per Calenda alla guida del (nuovo) Pd

Santagata: «È una buona risorsa per il partito».

Renzi e l’ipotesi di Delrio segretario

  Di Maria Teresa Meli

I «padri nobili» del Pd, a quanto pare, hanno deciso. Gentiloni, che ne è stato il primo sponsor, Prodi e Veltroni, dopo una serie di consultazioni informali, ritengono che l’uomo adatto a guidare il Pd sia Carlo Calenda. Con un avvertimento da parte del Professore: che non sembri una candidatura dall’alto. Il che potrebbe significare passare per un congresso vero con le primarie. L’ex braccio destro di Prodi, Giulio Santagata, per la cui lista il Professore si è speso in campagna elettorale, spiega a un amico: «Calenda è una persona di qualità, una buona risorsa per rifare il Pd». Il ministro dello Sviluppo economico si è sempre schermito dalle domande dei giornalisti a questo riguardo: «È Gentiloni il leader», ha detto quando ha annunciato che avrebbe preso la tessera del Partito democratico. Ma anche quella decisione di iscriversi al Pd l’ha definita con il presidente del Consiglio. E non fa mistero di questa intesa con l’inquilino di palazzo Chigi: «Ogni mia mossa — ha spiegato a qualche amico — è concordata con Paolo».

Calenda, che lunedì sarà al Nazareno per la Direzione, nelle intenzioni dei promotori di questa soluzione potrebbe essere un Renzi più di sinistra. Lui stesso si è definito di recente «un socialdemocratico». E i giri che Calenda sta facendo in questo periodo nelle fabbriche da salvare gli stanno procurando una certa popolarità a sinistra. Non solo, con la sua linea, il suo dinamismo e il suo modo di fare, il ministro dello Sviluppo economico, potrebbe togliere acqua al mulino dei renziani ortodossi, che promettono battaglia dentro il partito. I renziani delusi, invece, hanno già manifestato tutto il loro entusiasmo per la decisione del ministro di prendere la tessera del partito. «Preparo subito un comitato d’accoglienza per Calenda», ha esclamato Matteo Richetti alla notizia. L’accordo è riservato e ne sono a conoscenza in pochi perché non si sa ancora quale sia la reazione di tutto il Pd di fronte a questa ipotesi. L’unica, secondo i promotori di questa operazione, che «potrebbe consentire un rilancio del Pd dopo la brutta sconfitta del 4 marzo». Già, perché Calenda ha dalla sua anche il fatto di essere relativamente giovane. L’operazione però per andare in porto ha bisogno del coinvolgimento di altri soggetti: Dario Franceschini in primis, che in questa fase appare particolarmente schivo e prudente. Ma dopo qualche contatto con lui, gli sponsor di Calenda sembrano ottimisti.

E poi viene la parte più difficile. Cioè quella di convincere Renzi. Il segretario dimissionario continua a dire che lui si vuole «tenere fuori da tutto». E per dimostrare quanto ciò sia vero non solo ha smentito di voler fare un partito in proprio ma ha anche fatto sapere che per ora non procederà più nemmeno con l’associazione a cui pure aveva pensato subito dopo le dimissioni. Però, anche se si considera fuori da tutti i giochi, la sua presa su una parte del Pd è notevole. Il timore è che Renzi possa decidere alla fine di giocare un’altra partita, appoggiando Graziano Delrio. Il ministro delle Infrastrutture ha con sé un pezzo importante del Pd (un nome per tutti, Lorenzo Guerini), oltre a essere in ottimi rapporti con il Quirinale. Una soluzione di compromesso potrebbe essere quella di affidargli il ruolo di segretario-traghettatore all’Assemblea nazionale, per poi andare, nel 2019 e non nel 2021 (data di scadenza di quel mandato) al Congresso con Calenda.

8 marzo 2018 | 23:48
© RIPRODUZIONE RISERVATA

Da - http://roma.corriere.it/notizie/politica/18_marzo_08/gentiloni-prodi-veltroni-l-accordo-calenda-guida-nuovo-pd-09f9a026-2310-11e8-a740-dc76cebf8197.shtml
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« Risposta #91 inserito:: Aprile 16, 2018, 12:22:03 pm »

RIFONDAZIONE COMUNISTA: «uno schiaffone a Veltroni»

Sicurezza: l'assedio al leader del Pd

Mastella: «L'errore? Sapevo e ho taciuto».

Cdl: «Qualcuno vuole minare il comando di Veltroni»

 
ROMA - «È uno schiaffone a Walter»: Antonello Falomi, deputato di Rifondazione, esce dall'aula della Camera e riassume a modo suo la giornata. Il capogruppo del Prc, Gennaro Migliore, chiosa e precisa: «Non c'è un complotto contro Veltroni, ma questo decreto non andava bene, quindi se decade è meglio». In una Camera sovraeccitata ognuno respinge la paternità di quel provvedimento che non vedrà mai la luce: tutti la accollano al sindaco di Roma.

Mastella, che ha messo comunque il suo nome sul provvedimento, spiega: «Se il decreto cade non è un problema, il problema è tener su questo governo che non è un granché ma che comunque fa meno schifo della sua maggioranza». Il ministro dell'Interno Amato, che pure aveva minacciato le dimissioni nel caso in cui il decreto venisse affondato, ricorda ai collaboratori che il suo progetto iniziale sulla sicurezza era «un disegno di legge e non un decreto». Tutto in carico a Veltroni. Soprattutto dopo che dal Quirinale Napolitano fa sapere che non gradisce affatto le notizie date dal governo ai giornali: lui quel decreto non lo firmerà, neanche di fronte a una promessa di futura modifica. E la posizione del Colle dà una definitiva svolta a una giornata caotica. Perché ancora nel pomeriggio Mastella dichiarava: «Andrà a finire che il decreto passa e che il capo dello Stato non lo firma». Niente affatto: Napolitano non ha intenzione alcuna di accollarsi errori altrui.

Come quel contenuto nella norma sull'omofobia che Jole Santelli, deputata di Forza Italia e membro della commissione Giustizia, spiega così: «Il casino lo hanno fatto Cesare Salvi e il suo staff al Senato». Veramente? Mastella non svela il colpevole, ma osserva: «Uno dei responsabili del mio ufficio legale mi aveva già spiegato, quando il decreto era in Senato, che quell'emendamento sull'omofobia era sbagliato, ma io non ho detto niente...». Veltroni, però, non vuole fare la parte della vittima sacrificale, soprattutto da quando che ha capito che nel Pd qualcuno sta mettendo in gioco la sua leadership. «Ho chiesto - spiega ai suoi - quel decreto perché la gente lo vuole, dopodiché non sono stato certo io a scriverlo in maniera errata e fare pasticci». Come a dire: io non c'entro nulla, se manca una regia politica e il Parlamento inciampa e sbaglia, non è certo colpa mia.

E Peppino Caldarola la dice più diretta: «L'unico errore è stato quello di affidare la gestione di questo problema alle mani poco abili del governo».
Mentre Roberta Pinotti parla alla Cdl perché il Pd intenda: «L'opposizione sta cercando di minare la leadership di Walter con questa storia».
È l'ennesimo braccio di ferro tra Veltroni e i maggiorenti del Pd, Prodi in testa.

Il sindaco di Venezia Massimo Cacciari, che si trova a passare per la Camera, sembra un marziano. È basito per quel che è accaduto e apostrofa così il socialista Roberto Villetti: «Ma quand'è che sciogliete questo Parlamento?». Su una poltrona del Transatlantico Ciriaco De Mita alza gli occhi al cielo e sospira. «Questo governo porterà il Paese alla rovina».

Maria Teresa Meli
19 dicembre 2007

da corriere.it
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