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Autore Discussione: L'esercito, garante della transizione, promette riforme ed elezioni libere.  (Letto 2072 volte)
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« inserito:: Febbraio 12, 2011, 10:09:07 am »

Red,   11 febbraio 2011, 17:42

Mubarak si è dimesso, l'Egitto è in festa     

Il rais con la famiglia a Sharm el-Sheikh: fine di un trentennio di potere.

Le dimissioni di Mubarak sono giunte dopo 18 giorni di proteste che hanno causato almeno 300 morti.

L'esercito, garante della transizione, promette riforme ed elezioni libere.

Ora è probabile un "effetto domino" su altri Paesi


"In nome di Allah il misericordioso e il compassionevole: cittadini, durante le difficili circostanze che sta attraversando l'Egitto il presidente Honsi Mubarak ha deciso di lasciare l'incarico di presidente della Repubblica e ha incaricato lo stato maggiore delle forze armate di amministrare gli affari del Paese. Che Allah possa aiutare tutti". Con queste parole il vicepresidente Omar Suleiman ha annunciato in un brevissimo intervento televisivo l'abbandono del potere - dopo trent'anni - da parte del rais, senza aggiungere alcun dettaglio sul suo futuro personale o quello del premier Ahmed Shafiq. Mubarak, che in un discorso trasmesso ieri aveva rifiutato di dimettersi, ha lasciato stamattina il Cairo per recarsi nella sua residenza di Sharm-el-Sheikh.

Non è la prima volta che i militari scendono in campo per decidere le sorti del paese. Negli anni Cinquanta fu l'esercito a rovesciare re Farouk e i suoi sostenitori inglesi.  Fin'ora però il "peso" delle Forze Armate non aveva mai allarmato Mubarak, la cui legittimazione risiedeva nel fatto di essere un generale, così come i suoi uomini di punta. Tutte le volte che il popolo ha tentato di indirizzare l'esercito contro il regime, l'esercito è diventato, di fatto, il regime, come scrive in un'analisi il quotidiano britannico "Telegraph". E tutto questo i militari lo hanno ottenuto preservando contemporaneamente la loro popolarità e il loro primato: la popolarità evitando di sparare sui manifestanti (sono state le guardie presidenziali e la polizia a causare vittime tra la folla in piazza) e il primato evitando che la rivoluzione andasse troppo in là.
Mentre era agli arresti, la scorsa settimana, un alto ufficiale dell'esercito ha detto all'avvocato per i diritti umani Ahmed Saif al-Islam Hafez che le forze armate erano grate ai manifestanti per aver evitato la minaccia che a Mubarak potesse succedere il figlio Gamal. Dichiarazioni che forniscono un elemento chiave per comprendere il ruolo dell'esercito in Egitto.
Il disappunto delle forze armate per Mubarak junior, infatti, sembra dovuto meno al timore di una successione ereditaria e più alla possibilità che fosse un liberal in campo economico sostenuto dall'Occidente, determinato a promuovere il settore privato e a metter fine ai monopoli di Stato, di cui fa parte l'industria militare. Nei giorni scorsi diversi osservatori hanno sottolineato la fiducia nel fatto che l'esercito, una volta ottenute pensioni eque e immunità, assicurerà il passaggio a un governo democratico.

Alla notizia delle dimissioni la folla ammassata nella piazza Tahrir del Cairo, epicentro per due settimane delle proteste anti-governative, è esplosa di gioia: dopo al delusione di ieri sera, le manifestazioni erano riprese questa mattina con la folla che aveva cercato di raggiungere anche il palazzo presidenziale ad Eliopoli.
"A causa dell'attuale situazione nel Paese, il presidente Hosni Mubarak ha deciso di dimettersi e ha incaricato lo stato maggiore dell'esercito di gestire gli affari dello Stato", ha detto Souleiman, nel suo breve intervento televisivo. L'annuncio ha scatenato scene di gioia al Cairo. Centinaia di migliaia di persone stanno festeggiando in piazza Tahrir, al grido "il popolo ha abbattuto il regime".

Per l'emozione centinaia di manifestanti sono svenuti.
Le dimissioni di Mubarak sono giunte dopo 18 giorni di proteste che hanno causato almeno 300 morti. Ieri sera Mubarak aveva annunciato il passaggio di una parte dei poteri al vice-presidente Souleiman, dicendosi tuttavia intenzionato a conservare la carica fino alla fine del mandato, a settembre. Il presidente Usa Barack Obama, il cui Paese versa annualmente aiuti per 1,3 miliardi di dollari all'esercito egiziano, aveva giudicato insufficiente il trasferimento di poteri e da molte capitali europee sono state fatte pressioni per un passaggio di poteri immediato.
Questa mattina l'esercito egiziano si era fatto "garante" delle riforme promesse da Mubarak, sottolineando la necessita' di "un ritorno alla vita normale". Lo stato maggiore dell'esercito, in un messaggio letto alla tv da un presentatore, aveva garantito anche "un'elezione presidenziale libera e trasparente".
Poi l'epilogo, con folle di manifestanti (un milione-un milione e mezzo, secondo le stime) scese in piazza per reclamare le dimissioni immediate del presidente. Mubarak ha lasciato la capitale nella tarda mattinata per recarsi, insieme alla famiglia, nella sua residenza di Sharm-el-Sheikh e da lì, secondo alcune fonti, intenderebbe espatriare.

La rivolta è partita dalla Tunisia, ma con l'Egitto i tasselli del domino investiranno anche altri Paesi come l'Arabia Saudita, la Giordania, la Siria, l'Algeria. Ne è certo Rachida Khechana, per trent'anni giornalista d'opposizione in Tunisia, oggi responsabile per il Nordafrica di Al-Jazira, l'emittente satellitare del Qatar, interpellato dall'ANSA a Doha:  "Le dimissioni del presidente Hosni Mubarak rappresentano un grande cambiamento, che avrà un effetto domino su altri Paesi e che darà vita a tanti cambiamenti nel mondo arabo".

da - paneacqua.eu/notizia
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