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Autore Discussione: Colloquio con Roberto FORMIGONI  (Letto 2559 volte)
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« inserito:: Settembre 02, 2007, 12:23:06 pm »

Io me ne torno al Polo
di Marco Damilano


Rinnovare l'alleanza nel centrodestra. Ma con lo stesso leader. Anche se la tattica della spallata a Prodi è fallita. Nuovo Welfare e riforma elettorale.
Parla il presidente della Regione Lombardia

Colloquio con Roberto Formigoni 

Sorpresa: tra i due 'Oni' dell'estate (Berlusconi e Veltroni) ne spunta un terzo. Roberto Formigoni, da 12 anni presidente della Regione Lombardia, si prepara a entrare a Palazzo Chigi a metà settembre. Per ora, alla guida di una delegazione della sua giunta per discutere con il governo Prodi il trasferimento di competenze e di risorse dallo Stato alla Regione: quasi un incontro tra due premier, quello italiano e quello lombardo. In prospettiva, però, c'è l'ascesa nazionale del leader che viene da Comunione e liberazione. A sessant'anni compiuti, ora o mai più.

Lei ha visto Bossi prima delle vacanze, concordando su tutto. Il ritorno del capo leghista, però, è stato pirotecnico: fucili, scioperi fiscali. Condivide anche questo?

"Bossi ha usato espressioni colorite che ha già chiarito. Ma ha messo il dito sulla piaga: tutti sanno che in Italia la pressione fiscale è troppo alta. Il governo Prodi si è mangiato una bella fetta di consenso con l'ultima Finanziaria. Ora il ministro Padoa-Schioppa promette la tregua fiscale, ma non c'è da illudersi, anche la prossima sarà lacrime e sangue. L'insofferenza dei cittadini è giustificata, la nostra è un'iniziativa politica per abbassare la pressione fiscale. Aggiungo: chi abbassa le tasse riceve più gettito. È successo in Irlanda, Inghilterra, Stati Uniti, Svezia".

Dirà queste cose a Prodi a Palazzo Chigi?

"Anche, ma sarà un incontro più solenne. È la prima volta che una Regione chiede allo Stato centrale un trasferimento di competenze e di risorse, come prevede la Costituzione al titolo quinto. Parliamo di 12 materie: ambiente, beni culturali, sanità, previdenza integrativa... È uno strumento che si accompagna al federalismo fiscale. In Lombardia mi sono mosso con l'appoggio di tutto il centrodestra, ma anche in dialogo con l'Ulivo, Ds più Margherita, e con l'assenso di Cisl e Uil, Confcommercio, Università. Andrò da Prodi in rappresentanza di tutta la regione, a portare un'istanza federalista, non secessionista".

A Roma c'è anche Casini che la aspetta, con l'idea di un partito dei moderati che va dall'Udc a Mastella: se ne può parlare?

"Con Casini parlo sempre e comunque. L'ho sempre detto in polemica anche con la Lega e con un pezzo di Forza Italia: Casini è essenziale nel centrodestra. Dissento da lui se pensa di lavorare a un terzo polo: gli italiani vogliono il bipolarismo. Concordo se vuole preparare, come me, la nuova conformazione del centrodestra".

Su che basi?

"Chiudiamoci in ritiro, anche all'estero, e riscriviamo il nostro programma. I cinque punti del contratto con gli italiani non bastano più. L'alleanza va riscritta su nuovi contenuti: le liberalizzazioni vanno fatte, energia, trasporti, scuola, università. Serve un nuovo welfare. E poi va recuperato lo spirito della coalizione. La formula delle due opposizioni, da una parte l'Udc, dall'altra tutto il resto, non regge".

Si torna al partito unico del centrodestra?

"Siccome l'Udc non ci sta, bene ha fatto Berlusconi a stoppare Fini. Però la prospettiva rimane quella di un partito unitario. Serve un centro riformista e riformatore, fondato su Forza Italia, l'Udc, i partiti che ruotano sul Partito popolare cui anche An ha chiesto di aderire. La cultura di riferimento è quella".

La stessa del movimento di Pezzotta: la Cosa bianca la attrae?

"Ho grande stima per Pezzotta, ma la sua idea non mi convince. I cattolici chiedono maggiore rappresentanza, ma sono già presenti nei vari partiti e nei due schieramenti. Chiedono più politiche per la famiglia, non un nuovo partito. E io dentro Forza Italia sto facendo una politica che interpreta molti principi della dottrina sociale della Chiesa".

E la Brambilla? È lei il fatto nuovo che fa tremare i notabili di Forza Italia...

"La rispetto, ma non credo che i suoi circoli avranno un successo enorme. Ho parlato con Berlusconi, non ha la minima intenzione di sopprimere Forza Italia, il primo partito italiano. Un partito che sa camminare sulle proprie gambe. Siamo alla vigilia della nostra stagione congressuale che ci porterà al congresso in primavera".

Un partito senza democrazia interna, però. Lo dice anche Adornato...

"Il suo era uno sfogo. Forza Italia è un partito democratico come gli altri. Restano da eleggere i coordinatori regionali, il tema è maturo, credo che al congresso nazionale questo passaggio sarà risolto".

Senza cambiare leader, però...

"No: Berlusconi è vivo e vitale. Lo dico anche agli amici dell'Udc: Silvio ha riconquistato sul campo la leadership del centrodestra. Ha dimostrato che non esistono alternative. Poi, nella stagione nuova che verrà, il più lontano possibile, il nuovo leader dovrà essere scelto con le primarie. E lì anch'io penso di aver qualcosa da dire".

La nascita del Pd non accelera la nuova stagione anche nel centrodestra?

"Di là il Pd nasce perché hanno deciso di pensionare Prodi, noi non abbiamo nessuna necessità di cambiare leader...".

Va bene: ma la nascita del Pd la interessa?

"Non solo interessa a me, ma è interesse di tutto il paese che nel centrosinistra emerga un'area riformista moderata, sganciata dal ricatto dell'estrema sinistra. Sui grandi temi, poi, ci si influenza a vicenda".

Si riferisce al centrosinistra di "nuovo conio" di cui parla Rutelli?

"Credo che gli italiani siano stufi di questo bipolarismo di guerra. I poli devono legittimarsi a vicenda. A me interessa dialogare con la parte riformista del centrosinistra sul welfare, sulla nuova legge elettorale. Quando sento parlare di nuovo conio credo che stiamo andando sulla strada giusta".

Dialogo sulla legge elettorale significa modello tedesco? Oppure preferisce i referendum come tanti in Forza Italia?

"Ho firmato i referendum, ma all'ultimo minuto, per sottolineare che le leggi elettorali si fanno in Parlamento. Per far tornare la gente a votare, per esempio, si potrebbero reintrodurre le preferenze. Oppure, in caso di collegio uninominale, rendere obbligatorie per legge le primarie di collegio. Così il cittadino tornerà a votare non solo per il partito, ma anche per la persona. Al modello tedesco preferisco quello spagnolo: ha un effetto di premio per i partiti grandi senza penalizzare le forze intermedie e i partiti regionali".

Faccia una previsione: quando si torna a votare? Nel 2008?

"Tutto può essere con un governo spaccato tra riformisti e massimalisti. Una cosa è certa: la tattica della spallata per far cadere Prodi non funziona, l'abbiamo già sperimentata in questo anno e mezzo. Propongo sommessamente di cambiare strada: dobbiamo puntare ad aumentare la divaricazione tra le anime della maggioranza. Sulle pensioni, sul welfare dobbiamo mettere in campo proposte che facciano esplodere le loro contraddizioni".

Fino ad arrivare a un'alleanza Forza Italia-Partito democratico?

"Fino a ragionare su qualcosa di transitorio. Non parlo di un governo di transizione. Preferisco fermarmi al 'qualcosa'".

Cosa pensa delle prime uscite del candidato Veltroni?

"Qualcosa di nuovo sta accadendo: sulla sicurezza, sull'immigrazione, sul fisco sento pronunciare parole nuove. Spesso sono le nostre, da tempo: spero che non siano solo propaganda dettata dalla batosta elettorale subita al Nord".

Veltroni fa i nomi del centrodestra che stima: Pisanu, Letta, Prestigiacomo e soprattutto Moratti. Lei non c'è: geloso?

"Francamente: non ambisco a diventare un collaboratore di Walter Veltroni...".

E invece non è un po' invidioso di Rosy Bindi: si candida alle primarie, lei dovrà aspettare ancora un po'...

"La Rosy è sempre la Rosy, sta martirizzando il povero Veltroni. Da lei mi ha sempre diviso quasi tutto: ma la stoffa politica ce l'ha, eccome".


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