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Autore Discussione: Assange, l'hacker filosofo innamorato del business  (Letto 2810 volte)
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« inserito:: Dicembre 08, 2010, 05:33:24 pm »

Alle origini di Assange, l'hacker filosofo innamorato del business

di Emilio Bellu

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L’arresto di Julian Assange sarà ricordato come un momento fondamentale della storia di Wikileaks, ma non è il primo arresto del fondatore del sito. Nel 1991, ventunenne, fu arrestato per essersi infiltrato in una manciata di grossi siti di telecomunicazione australiani, e immediatamente rilasciato perché non aveva realmente fatto nulla di dannoso per i siti.

Da quel momento, l’interesse di Assange si è spostato dall’informatica al giornalismo, ma la sua passione per l’infiltrazione dei sistemi è rimasta inalterata. Le motivazioni dietro alle sue azioni sono tutt'altro che nascoste: Assange, come molti tra i primi "figli della rete", ha lasciato traccia del suo pensiero in decine di blog, articoli e documenti online. Molti, in particolare il blog http://zunguzungu.wordpress.com/, stanno riscoprendo alcuni tra i più importanti scritti del portavoce di Wikileaks per diffondere elementi utili a capire cosa spinge il sito che secondo molti, tra i quali Assange stesso, cambierà per sempre la geopolitica.

Il modus operandi dell'australiano è una delle prime dimostrazioni di quanto la cultura informatica sia diventata fondamentale nel mondo della politica. Il pensiero di Assange è molti diverso da quello di chi è arrivato al giornalismo e alla vita pubblica tramite studi umanistici, è il risultato di una visione del mondo in quanto insieme di sistemi. Un documento del 2006, intitolato "Lo Stato e le cospirazioni terroristiche", aiuta a capire alcuni dei motivi dietro all'esistenza del sito. Il punto principale dietro alle motivazioni del portavoce di Wikileaks è la convinzione del fatto che qualunque gruppo che agisce in segreto, così da impedire ad altri di resistere alle proprie azioni, sia definibile come cospiratorio. Assange, le cui origini di hacker hanno sicuramente influenzato la sua visione della politica, così descrive il modo in cui si può influire sul modo di agire di questi meccanismi:

Le cospirazioni sono dispositivi cognitivi. Sono capaci di pensare in maniera più efficace degli individui separati uno dall’altro. Le cospirazioni prendono le informazioni dal mondo in cui operano (l’ambiente cospiratorio) , le passano tra i cospiratori e agiscono di conseguenza. Possiamo vedere le cospirazioni come un tipo di dispositivo che ha ingressi (informazioni sull’ambiente in cui operano), un network operativo (i cospiratori e i loro collegamenti) e uscite (azioni volte a cambiare o mantenere intatto l’equilibrio del loro ambiente).

Dal momento in cui una cospirazione è un tipo di dispositivo cognitivo che agisce sulla base delle informazioni ottenute sull’ambiente in cui opera, distorcere o restringere queste entrate significa che gli atti che si basano sulle stesse saranno probabilmente inefficaci. I programmatori chiamano questo effetto “rifiuti dentro, rifiuti fuori”. Solitamente l’effetto funziona in maniera inversa; è la cospirazione a costruire gli inganni e le restrizioni sulle informazioni. Negli Stati Uniti, questo aforisma è a volte chiamato “effetto Fox News”.

Più un’organizzazione è segreta e ingiusta, più i suoi membri avranno paura ed entreranno in paranoia quando vedranno le proprie informazioni pubblicate fuori dal gruppo. Questo risulta necessariamente in una minimizzazione dell’efficienza dei meccanismi di comunicazione interni (un aumento percepito della “tassazione dei segreti”) e una conseguente declino cognitivo nell’intero sistema, che si traduce in una diminuzione della capacità di tenere il potere quando l’ambiente in cui opera richiede adattamento. Di conseguenza, in un mondo dove distribuire informazioni riservate è facile, i sistemi ingiusti e proni a tenere segreti sono colpiti in maniera non lineare da sistemi aperti e giusti. Dal momento che i sistemi ingiusti creano per loro natura un’opposizione, e in molti posti hanno a malapena il manico dalla parte del coltello, rivelazioni di grande portata li lasciano squisitamente vulnerabili di fronte a coloro che cercano di rimpiazzarli con forme più giuste di governo.

L’esistenza di Wikileaks prende vita dalla necessità di fornire una piattaforma per dare più visibilità possibile a queste rivelazioni. È una missione già intrapresa da altri siti, come Cryptome.org, il cui fondatore, John Young, è tra i primi membri di Wikileaks. Dopo poco tempo ha lasciato a causa di perplessità sulla struttura economica del progetto. In un’intervista a CNET, Young ha rivelato che i fondatori di Wikileaks sono partiti con l’obiettivo di ottenere cinque milioni di euro in finanziamenti. Una cifra che secondo Young è eccessiva: Cryptome.org ha un budget di circa cento dollari al mese.

La volontà di trovare un modello economico per Wikileaks, mossa che secondo Young finirà per corrompere inevitabilmente il progetto, si sposa con la dichiarata passione di Assange per i liberi mercati: in un’intervista a Stefan May ha citato il liberismo economico tra le sue ispirazioni. Wikileaks distribuisce molti dei suoi materiali organizzando delle vere e proprie aste che permettono loro di trovare gli acquirenti che saranno più motivati a diffondere le informazioni raccolte tramite le fonti riservate che si rivolgono al sito. Anche qui, Assange analizza un sistema per trovare modo di sfruttarne le motivazioni che lo muovono.

Stephen May: Tra l’altro, tu sperimenti incentivi per i giornalisti. Questo suona strano all’inizio. Perché devi dare loro più incentivi perché usino materiale che offri loro gratuitamente?

Assange: Non è così semplice. L’informazione ha valore, generalmente in proporzione alla la disponibilità dell’informazione che viene offerta. Quando tutti hanno quest’informazione, un’altra copia della stessa non ha più valore.

SM: Ma quasi ogni giornalista negli Stati Uniti ha un accesso quotidiano al materiale di agenzie di stampa come Associated Press.

A: Il materiale dell’AP è pronto ad andare direttamente nei giornali. Il nostro materiale richiede un investimento ulteriore. Per questo motivo quando pubblichiamo un leak importante, questo richiede un giornalista intelligente e capace, molto ben connesso politicamente. Questi giornalisti hanno un notevole costo d’opportunità. Diciamo che vogliono spendere il loro tempo su 200 pagine. Per fare in modo che questo produca profitto devono essere sicuri che alla fine del loro lavoro avranno un’esclusiva. Ma se questo diviene un argomento di interesse, è probabile che altre persone ci stiano lavorando allo stesso momento. E non si può sapere con certezza quando pubblicheranno i loro pezzi. Questo produce il paradossale risultato per il quale più è l’evidenza di uno scandalo e più questo scandalo è importante, meno sono le probabilità che la stampa lo tratti. Se non hanno un’esclusiva.

Una delle polemiche principali rivolte a Wikileaks si basa sulla reticenza del sito a rivelare quali siano i meccanismi e le persone che gestiscono le proprie scelte editoriali. Wikileaks basa gran parte del suo successo sulla protezione delle fonti, e visto che tra i suoi fondatori ci sarebbero dei dissidenti cinesi, la segretezza è considerata giustificabile da parte dei suoi fondatori. Ma la gestione di Assange e la sua sempre maggiore presenza nei media ha sollevato scontentezze all’interno dell’organizzazione. Così Young descrive le motivazioni che lo hanno reso uno dei più acerrimi critici del sito:

Non voglio limitare questo ragionamento solamente a Wikileaks, ma stanno agendo come un culto. Si stanno comportando come una religione, come un gruppo di spie. Stanno nascondendo la loro identità. Non dichiarano i loro movimenti finanziari. Promettono tantissime cose buone. Raramente dichiarano cosa stanno organizzando realmente. Hanno dei rituali ed altre fantastiche cose di questo tipo. Io li ammiro per la loro capacità di fare spettacolo e tenere su uno show. Ma non mi fiderei mai a dar loro informazioni di qualunque valore, o se mettessero me o chiunque mi sia caro a rischio.

Da parte sua Assange non lesina grandiose dichiarazioni. Il suo volto capeggia su un grande banner nella prima pagina del sito, il quale richiede donazioni dichiarando che “il mondo ha bisogno di Wikileaks”. Ma il rischio nel metodo del sito è che gli stati più aperti, nei quali i segreti sono più facili da diffondere, siano più suscettibili ai leaks degli stati totalitari o autoritari, dove la diffusione delle informazioni ai cittadini è controllata in maniera più assidua. Così ha dichiarato Assange in un’intervista a Forbes, ad una domanda sullo sviluppo di tecnologie che possano bloccare i leaks guidato di Mudge, un celebre hacker:

Forbes: Il suo (di Mudge, NDT) obiettivo di prevenire i leaks non fa differenza tra i diversi tipi di contenuti: può bloccare le talpe così come l’acquisizione di dati da parte di hackers in paesi stranieri.

Assange: sono sicuro che lui ti direbbe che la Cina spia gli Stati Uniti, la Russia, la Francia. Ci sono preoccupazioni reali sulla capacità di questi poteri di acquisire dati riservati. E si può dire che combattere questo sia etico. Ma spiare è anche un modo per stabilizzare le relazioni. Le paure sulla situazione di un paese sono sempre peggiore della realtà dei fatti. se hai solo una scatola scura, tu puoi riempirla di tutte le paure, in particolare gli opportunisti nei governi o nelle industrie che vogliono risolvere un problema che non esiste. Se sai che cosa fa il governo, le tensioni possono essere minori.

La sua posizione ottimista sembra dare forza alla sua posizione di fronte alle polemiche: "non abbiamo un obiettivo se non quello di portare alla luce le organizzazioni che utilizzano la segretezza per nascondere atteggiamenti ingiusti". Assange e Wikileaks vogliono decidere cosa sia la giustizia, come dei Batman della geopolitica. Le recenti dichiarazioni contro Obama e Clinton, e le dichiarazioni dei suoi collaboratori raccolti del New York Times, molto insoddisfatti di una direzione considerata troppo anti-americana rispetto all’idea originale del sito, sono fuori carattere rispetto alle dichiarazioni fatte da Assange in passato. Sono viscerali e impulsive, un’anomalia rispetto alle sue lunghe analisi riportate in altre interviste. A meno che non siano provocazioni mirate: l’arresto di oggi sembra un tentativo di cementare quella che i rapper chiamano “street credibility”, la risposta definitiva ai dubbi sollevati da Young questa estate:

CNET: Lei ha pubblicato informazioni governative importante per molto tempo, come mai non ha avuto gli stessi incontri di Wikileaks? (Nota: Wikileaks ha dichiarato che i suoi rappresentanti sono stati minacciati da agenti del governo statunitensi).

Young: Non credo che questi incontri siano avvenuti. È una balla. Ma non è un problema. Conosco molte persone che dicono di essere perseguitati dal governo. È una strada già battuta. Lo vedi anche nel giornalismo. Bisogna capire se alcune di queste cose siano effettivamente vere.
Uno dei test è: se non vai in prigione, è tutto falso. Quando andrò in prigione, dirai che finalmente ce l’ho fatta.

7 dicembre 2010
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