ELZEVIRO
La camorra dai Borbone a oggi
Il libro dello storico Francesco Barbagallo
Dedicato al suo allievo Roberto Saviano (il quale «voleva combattere la camorra, e l’ha fatto») il compatto volume in cui Francesco Barbagallo, professore di storia contemporanea presso l’Università Federico II di Napoli, ha trasfuso la sintesi di decenni di studi dedicati alla criminalità organizzata campana (Storia della camorra, Laterza, pp. 312, € 18) non può - per struttura e per contenuti - essere confuso con uno dei tanti contributi sociologici o giornalistici, più o meno approssimativi, pubblicati sull’argomento. Si tratta, invece, di un’opera completa, condotta secondo i metodi della ricerca storica, che attraverso un linguaggio scorrevole (e grazie anche ad un ampio apparato bibliografico e cartografico) delinea anzitutto la storia del fenomeno camorristico, e poi ne descrive la realtà odierna, fino agli eventi degli ultimi mesi.
Scorrono così sotto gli occhi del lettore - alla luce dei rivolgimenti che, nell’ 800, condussero alla caduta del regno borbonico ed all’unità nazionale - circa due secoli di storia di Napoli e delle regioni circostanti, osservati dal particolare punto di vista dello sviluppo di una struttura criminale, alimentata all’origine dalle masse popolari delle città e delle campagne: al punto da formare una sorta di «aristocrazia della plebe», dedita all’estorsione nelle sue diverse forme ed al controllo dei mercati e dei traffici illeciti. Dall’arrivo dei «piemontesi» alle prime inchieste contro la corruzione politico-amministrativa nell’area napoletana, dall’offensiva dei «reali carabinieri» all’inizio del ’900 alle alterne vicende durante il fascismo, fino all’avvento della Repubblica, la storia della camorra si è costantemente orientata nel senso di sfruttare l’assenza o le connivenze degli apparati statali, allo scopo di realizzare il controllo delle più lucrose attività produttive e lo sfruttamento dei deboli, non tutelati dalle pubbliche autorità.
Negli ultimi cinquant’anni, poi, la camorra comincia ad evolversi anche verso modelli più consoni alle moderne espressioni della criminalità organizzata, pur mantenendo quella struttura organizzativa di tipo orizzontale, sulla base di clan familiari, che la distingue, per esempio, dalla forte struttura verticistica tipica di «Cosa nostra». Senza rinunciare alla tradizionale vocazione verso le pratiche estorsive, le famiglie camorristiche si «rinnovano», entrando nel grande giro affaristico - a livello globale - del contrabbando e del traffico di stupefacenti, ma avendo sempre cura di mantenere buoni rapporti con certi esponenti del potere politico locale e nazionale, in modo da riuscire a godere, all’occorrenza, di coperture e di favori.
Il resto è storia recente, sulla quale l’autore si sofferma con lucidità di analisi, sforzandosi di collegare il presente al passato. Emergono così, sullo sfondo delle faide ricorrenti tra famiglie rivali - a partire dal malaffare e dalle ruberie conseguenti alla ricostruzione dopo il terremoto del 1980 - episodi ed immagini ben noti alle cronache, con i quali si intrecciano gli sforzi operati dagli organi della magistratura e della polizia (grazie anche ai contributi di alcuni «pentiti») per contrastare l’espandersi della piaga camorristica verso settori all’apparenza leciti: dalle imprese edili alle attività commerciali al traffico dei rifiuti. Le ultime pagine sono dedicate alla conclusione, dopo 17 anni, del grande «processo Spartacus», con le gravi condanne ormai definitive inflitte a numerosi esponenti del «clan del casalesi». Di qui anche una prospettiva di speranza per il futuro, pur nella consapevolezza che la repressione penale da sola non può bastare per sconfiggere la camorra, e soprattutto la mentalità che la sostiene.
Vittorio Grevi
03 dicembre 2010© RIPRODUZIONE RISERVATA
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