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Autore Discussione: VITTORIO SABADIN "Le Monde" la fine di un'utopia  (Letto 2575 volte)
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« inserito:: Giugno 04, 2010, 06:37:38 pm »

4/6/2010

"Le Monde" la fine di un'utopia
   
VITTORIO SABADIN

«Le Monde», uno dei più prestigiosi giornali del mondo, sta per perdere dopo 60 anni la sua indipendenza. Lo ha annunciato ieri il presidente della società, Eric Fottorino, in un dolente editoriale in prima pagina: i debiti sono troppo alti, dobbiamo vendere a qualcuno che vorrà in cambio il controllo della maggioranza delle azioni. Mi spiace, ma è finita per sempre un’epoca, ha detto ai lettori l’uomo che dal 2008 cerca senza troppo successo di risollevare le sorti del giornale.

Più che un’epoca, a «Le Monde» è finita una utopia, coltivata per mezzo secolo con testardaggine e senso di superiorità tipicamente francesi. Fondato nel 1944 da Hubert Beuve-Méry e dall’addetto stampa di De Gaulle, Christian Funck-Brentano, il giornale ha dimenticato presto la missione che gli aveva affidato il generale, quella di rappresentare la grandeur del Paese all’estero. Nel 1951 è stata creata la «Società dei redattori», integrata nel 1968 da quella degli impiegati: da quel momento la nomina del direttore, la linea politica, le strategie della società sono state decise dai dipendenti.

L’indipendenza assoluta dei propri giornalisti è un ottimo obiettivo da raggiungere per qualunque impresa editoriale, ma quando sono i giornalisti a comandare le spese tendono sempre a salire in modo incontrollato ed è spesso molto difficile convincerli che devono cambiare il loro modo di lavorare perché sono cambiati i gusti dei lettori.

Da questo punto di vista, la storia di Le Monde è esemplare. Mentre tutti i quotidiani della sera chiudevano perché nel frattempo erano stati inventati i telegiornali, Le Monde continuava (e continua, nell’era di Internet) a uscire al pomeriggio assumendosi pesantissimi costi di distribuzione delle copie che non può, come fanno tutti i quotidiani del mattino, dividere con altri. La pubblicazione di fotografie nelle pagine venne inizialmente accettata controvoglia, come uno sfregio alla sacralità della parola scritta. Politicamente, il giornale virò a sinistra, condendo l’attenzione al cristianesimo sociale e al socialismo riformista con forti iniezioni di antiamericanismo e terzomondismo. Indimenticabile resta il titolo «Phnom Penh liberata», che annunciava nell’aprile del 1975 l’entrata nella capitale cambogiana dei Khmer Rossi.

Negli Anni 80, 90 e nell’ultimo decennio i dirigenti che illustravano all’assemblea il penoso andamento dei conti venivano invitati a trovare una soluzione amministrativa o qualche nuovo socio di minoranza, ma di cambiare il prodotto si parlava raramente. Anzi: nel discusso libro «La faccia nascosta di Le Monde» si accusa lo storico direttore Jean-Marie Colombani* (costretto a lasciare nel 2007) di violazione delle regole deontologiche per avere cercato di introdurre nell’editrice qualche sano principio economico.

Tutti gli esperti di editoria hanno sempre pensato che i giornalisti di «Le Monde» sarebbero morti piuttosto che cambiare le loro idee, e il momento del martirio sembra arrivato. Hanno fatto per decenni il giornale che volevano, uno dei più acuti e interessanti del mondo, ma non si può ignorare così a lungo il mercato. Ci sono già stati 130 licenziamenti (molti dei quali «volontari») e ora si attendono le offerte di chi vorrà pagare i debiti per controllare la maggioranza. Nel suo editoriale, Eric Fottorino ha annunciato che i dipendenti valuteranno con attenzione i candidati, i quali dovranno impegnarsi a non interferire con le scelte editoriali. E’ l’ultima battaglia, molto difficile da vincere.

*Jean-Marie Colombani è consigliere di amministrazione dell’Editrice «La Stampa», che possiede una quota di minoranza di «Le Monde»

http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplRubriche/editoriali/gEditoriali.asp?ID_blog=25&ID_articolo=7437&ID_sezione=&sezione=
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