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Autore Discussione: SILVANA MAZZOCCHI. L'esperienza di un precario italiano in Senegal...  (Letto 2569 volte)
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« inserito:: Marzo 19, 2010, 06:46:56 pm »

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Il romanzo di Emiliano Sbaraglia inizia con una lettera aperta al ministro Gelmini poi racconta l'entusiasmo di insegnare ritrovato con quei bambini in cerca di una speranza

Una scuola sulla spiaggia in Senegal

L'esperienza di un precario italiano

di SILVANA MAZZOCCHI


Stanco di aspettare che tra la posta ci sia finalmente la convocazione per l'ennesima supplenza che invece non arriva mai, un giovane insegnante precario da sempre (e per sempre?) decide di lasciare l'Italia. Parte per il Senegal e, in un villaggio di pescatori, con l'aiuto di due maestri, Pierre e Baba - cattolico il primo, musulmano il secondo - manda avanti una scuola sulla spiaggia. Va a cercare nelle case i bambini da istruire, convince i padri a privarsi del loro aiuto sulle barche perché i figli possano sperare in un futuro migliore e, in una zona dove l'alfabetizzazione è ancora una sfida, ritrova finalmente le ragioni per le quali aveva scelto l'insegnamento.

Questa sua esperienza Emiliano Sbaraglia  l'ha trasformata in un romanzo, Il bambino della spiaggia (Fanucci). In linea con i tempi l'incipit: in una lettera aperta al ministro dell'Istruzione che, con la sua riforma, ha appena tagliato una buona fetta di cattedre, Sbaraglia espone l'amarezza per la sua condizione di precario senza futuro. "Sono stanco",  scrive e allega un lungo elenco dei perché del suo sconforto, ben noti agli innumerevoli precari d'Italia. In aereo incontra Fatima, una donna senegalese che confeziona vestiti nel suo paese e che fa la spola con Roma dove smista e vende la sua merce. Prologo curioso (almeno per quanto smentisce certi triti luoghi comuni) il dialogo tra loro, in cui il giovane uomo italiano gioca il ruolo dell'emigrante e Fatima quello della piccola imprenditrice che lavora con l'Italia, ma che nel Senegal vive.

Arrivato al villaggio, il maestro di strada comincia il suo lavoro. Le difficoltà sono enormi, ma vengono superate e metabolizzate grazie al desiderio di imparare dei ragazzi. E lui ritrova quell'entusiasmo e quel buon umore che  il suo paese gli aveva sottratto. Mentre la sua attività non si esaurisce nell'insegnare il francese, e continua nella vita quotidiana dei ragazzi restituendo, finalmente, piena dignità a una professione in Italia troppo spesso umiliata.

Il bambino della spiaggia è un libro fresco e coinvolgente che, nei nostri tempi bui, accende  almeno un barlume speranza.

Lei è un insegnante precario, uno dei moltissimi in Italia. Come è nata l'idea di  andare in Africa?
L'idea nasce dopo un reportage fatto in Senegal insieme a un mio amico fotoreporter freelance, Stefano Dottorini, nell'estate del 2009. Siamo rimasti per circa due settimane, e lì abbiamo conosciuto i responsabili del centro di accoglienza "Giovanni Quadroni", che si trova nella comunità dei villaggi di pescatori a sud di Dakar. Sono stati loro, nell'ottobre scorso, a contattarmi via mail per chiedermi se conoscevo qualcuno disposto ad affrontare l'esperienza di coordinatore didattico nei villaggi. Così, dato che le convocazioni per le supplenze nelle scuole pubbliche tardavano ad arrivare, mi sono detto "perché no?". Ho fatto il bagaglio e in due giorni sono partito. E non vedo l'ora di tornare... I bambini mi mancano molto, soprattutto alcuni di loro con i quali ho legato particolarmente dopo averli lavati, curati, sfamati, dopo aver giocato con loro a calcio sulla spiaggia, dopo aver dato una mano nei corsi di alfabetizzazione agli insegnanti senegalesi del centro di accoglienza. Dopo tutto questo è difficile tornare indietro, tornare alla vita che siamo abituati quotidianamente a sostenere qui. E tengo a precisare che non si tratta di "mal d'Africa", ma del fatto di sentirsi utili e legati ad altre persone in un modo che nel nostro mondo è sempre più difficile creare.

Essere un insegnante di strada in Senegal. Descriva una sua giornata...
La mattina ci si alza piuttosto presto, verso le sette, e si fa colazione tutti insieme nella cucina del centro di accoglienza. Poi con i due insegnanti senegalesi, l'uno musulmano, l'altro cattolico, andiamo in spiaggia per cercare i bambini o parlare con i loro genitori, chiedendo il motivo per cui i loro figli non frequentano le scuole pubbliche. Fatto questo spesso mi intrufolo proprio nelle classi delle scuole pubbliche, seguo le lezioni tra i banchi insieme agli alunni, per comprendere i metodi e il livello didattico dell'istruzione pubblica del luogo. Si incontrano i professori, si chiacchiera, si scambiano opinioni. Il pomeriggio mi dedico ai corsi che si tengono nel centro d'accoglienza, aiutando i due insegnanti come posso, dal temperare i colori al tenere alta la concentrazione dei bimbi. La sera si va a fare un bagno o magari una partita di calcio tutti insieme, poi si mangia quello che c'è, si guardano le stelle, si ascolta il mare. E domani è un altro giorno...

Che cosa le ha lasciato dentro l'esperienza della scuola sulla spiaggia?
Da un punto di vista strettamente didattico questa esperienza mi ha fatto capire quanto sia importante il ruolo di insegnante, non soltanto a sud di Dakar, ma in qualsiasi parte del mondo. E la differenza che intercorre tra l'esercitare questa professione in un paese come l'Italia, dove insegnare in pratica è diventato un lavoro di ripiego mal pagato e poco considerato, e il farlo in paesi come il Senegal, dove studiare, o più semplicemente imparare a scrivere e a parlare nella lingua nazionale, spesso significa aggrapparsi a una prospettiva di vita, o meglio di sopravvivenza, che ti consenta di sognare, ancor prima che costruire un futuro diverso da quello che altrimenti inevitabilmente si profila all'orizzonte. L'altra cosa che mi ha lasciato dentro è che in ogni caso, se si gode di buona salute, malgrado i tagli alla scuola pubblica, la crisi economica italiana e internazionale, e chi più ne ha più ne metta, si può comunque continuare a essere artefici del proprio destino. Basta sapere ciò che si vuole e ciò che si sente. A me piace insegnare, credo sia la cosa che sappia fare meglio. E se secondo il ministro Gelmini sono un esubero, ho pensato che nel resto del mondo forse potevo trovare qualcuno di diverso avviso....

Emiliano Sbaraglia
Il bambino della spiaggia
Fanucci
Pag 165, euro 13.
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