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Autore Discussione: Sir Orwell La condanna mediatica dei pm  (Letto 2286 volte)
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« inserito:: Febbraio 02, 2010, 10:53:36 pm »

La condanna mediatica dei pm


di Sir Orwell


Come mai i magistrati del pubblico ministero «stanno sullo stomaco» un po’ a tutti? Certo, nessuno è perfetto, e dunque nemmeno i pm. Ma ciò che accade in Italia è indubbiamente singolare. In tutte le fiction e in tutti i serial televisivi il pubblico ministero è sempre «inetto», «ignavo», spesso, addirittura, «disonesto».
È, comunque, un soggetto «indifferente» davanti all’ingiustizia: un’entità inutile o addirittura dannosa nelle indagini, sempre e comunque in balia del più che brillante e solerte poliziotto, carabiniere, avvocato o anche – addirittura – investigatore privato di turno.

L’indifferenza è la qualità peggiore e più odiosa che si possa affibbiare ad un pubblico ministero. Per poter fare decentemente e dignitosamente quel mestiere occorre, infatti, possedere tre qualità fondamentali ed imprescindibili: onestà intellettuale, una buona dose di curiosità, e – soprattutto e prima di tutto – la capacità di indignarsi, o meglio la capacità di continuare ad indignarsi. Non in modo moralistico ma in relazione a tutto ciò che può assumere rilevanza penale. Rappresentare un pm come «indifferente» equivale all’affidare a un personaggio senza passione il ruolo dell’amante.
Accade per caso o c’è una convergenza di interessi, magari tra loro eterogenei, in questo discreditare o addirittura di demonizzare, nell’immaginario collettivo, la figura del pubblico ministero? E in tal caso, cui prodest?

Certo, si potrebbe dire, in modo semplicistico, che in un paese nel quale più del 50 per cento della popolazione ha avuto a che fare, direttamente o indirettamente, con la giustizia penale, prendersela con chi ne ha la titolarità è un’operazione che produce consenso. Chissà: qualche volta la risposta più coerente è anche la più semplice e più banale. Una cosa, però, è certa: simili rappresentazioni hanno prodotto e producono nei cittadini un senso di sfiducia e diffidenza rispetto a tutti i magistrati, e, in particolare, rispetto al pm, cioè alla figura cui il codice di procedura penale del 1988 e, prima ancora la Costituzione, conferiscono il ruolo di dominus delle indagini preliminari.

Il pm è, infatti, «disegnato» dalla legge come il soggetto più dinamico e più poliedrico del sistema processuale: è investigatore e inquirente nella fase delle indagini preliminari; è requirente, parte e contraddittore nella fase del dibattimento. Il pubblico ministero dà impulso e dirige l’attività investigativa e poi, nel processo inteso in senso stretto, sostiene l’accusa nel contraddittorio delle parti, e, soprattutto, innanzi al giudice. Forse proprio per queste caratteristiche il pm è condannato – in una singolare nemesi storica – ad attirarsi gli strali di un’opera di delegittimazione che assume ogni giorno di più i caratteri di una «caccia alla streghe».

Proprio questo dato dovrebbe indurre gli operatori del settore e i tanti esperti di mass media a una seria riflessione. Specialmente se si considera che viviamo in una società dove la televisione, pubblica o privata che sia, riveste il ruolo di principale veicolo di «approvvigionamento culturale» orientando in modo determinante i costumi della società. Forse neppure ci si rende conto di quanto possa essere pericoloso e dannoso ingenerare sfiducia nei confronti di chi, invece, dovrebbe impersonare – anche nell’immaginario collettivo – la rappresentazione in concreto della Giustizia: si rischia di creare generazioni educate all’insegna di un «sentimento della giustizia» deformato. Perché il senso di ciò che è giusto e di ciò che è ingiusto è si forma prima ancora di imparare a rispettare questa o quella legge determinata.

Si tratta, ne siamo consapevoli, di considerazioni che possono apparire banali e anche un po’ demagogiche. Tuttavia ci auguriamo di non dover mai leggere un testo di legge che appaia, in qualche modo, l’adattamento legislativo della figura del pubblico ministero così come - ormai da anni - ci viene propinata dalle tv. Se accadesse, non solo sarebbe una delusione per chi, come me, è un affezionato telespettatore di quei programmi ma, soprattutto, indurrebbe proprio a pensar male!

02 febbraio 2010
da unita.it
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