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Autore Discussione: GIOVANNI VALENTINI Nel fortino dell'Agcom "Arrivano le bombe atomiche"  (Letto 2492 volte)
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« inserito:: Marzo 17, 2010, 10:15:27 am »

Clima da battaglia nella sede dell'Authority delle Comunicazioni.

Domani il vertice per decidere i provvedimenti nei confronti del consigliere Innocenzi indagato a Trani per favoreggiamento

Nel fortino dell'Agcom "Arrivano le bombe atomiche"

Il centrodestra pronto alle barricate, ma il presidente Calabrò vuole difendere la sua autonomia: non alziamo bandiera bianca

di GIOVANNI VALENTINI


ROMA - Davanti alla nuova sede dell'Autorità per le garanzie nelle Comunicazioni, il fortino assediato di via Isonzo, una bandiera bianca con il simbolo dell'Agcom sventola accanto al tricolore e al vessillo blu con le stelle gialle dell'Europa. "Ma questo  -  dice il presidente Corrado Calabrò  -  non vuol dire che ci siamo arresi". La battuta, alla vigilia della seduta in cui domani il Consiglio dell'Authority aprirà ufficialmente il "caso Innocenzi", rivela una tensione palpabile. "Altro che barricate - dice Calabrò -. Qui lanceranno le bombe atomiche".

Tra l'ascensore e i corridoi, i commissari fanno la spola con il quinto piano, dov'è lo studio di Calabrò, armati di memorie e documenti sulla "vexata quaestio" della delibera con cui il Tar del Lazio ha respinto l'estensione alle tv private del regolamento approvato dalla Commissione di Vigilanza per bloccare i talk-show sulle reti della Rai. Ma quella di domani si annuncia come una battaglia campale per decidere se e quali provvedimenti assumere nei confronti del commissario Giancarlo Innocenzi, indagato per favoreggiamento dalla Procura di Trani per aver negato davanti ai magistrati le pressioni ricevute dal presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, contro Annozero e altre trasmissioni considerate scomode. A cui si aggiungono quelle che lo stesso capo del governo ha esercitato direttamente sul presidente dell'Authority, telefonandogli per sollecitare una censura nei confronti della Rai che poi non è stata emessa.

Con Innocenzi che avrebbe l'obbligo di astenersi dal giudizio su se stesso, questa volta gli equilibri all'interno del Consiglio dell'Authority sembrano destinati a cambiare. Da una parte, a suo favore, gli altri tre commissari espressi dal centrodestra: Stefano Mannoni, Enzo Savarese e l'ex senatore Roberto Napoli, fedelissimo dell'ex ministro Clemente Mastella che ha ancora il dente avvelenato con Santoro per la trasmissione contro di lui e sua moglie. Dalla parte opposta, i commissari che si richiamano al centrosinistra: l'ex sottosegretario Michele Lauria, il magistrato Nicola D'Angelo e il "tecnico" Sebastiano Sortino, già direttore generale della Federazione editori, a cui si aggiungerebbe Gianluigi Magri per conto dell'Udc. A questo punto il voto di Calabrò diventa decisivo per dare il via libera al "processo" interno contro Innocenzi. E perciò nei prossimi giorni il presidente è atteso al varco. Deve dimostrare la propria indipendenza.

La prima mossa dovrebbe essere quella di incaricare il Servizio giuridico della stessa Authority di aprire formalmente un'istruttoria. Poi, il Consiglio potrebbe chiedere un parere al Comitato etico, composto da due presidenti emeriti della Corte costituzionale, Riccardo Chieppa e Franco Bile, e dal presidente del Tar del Lazio, Pasquale De Lise. Un percorso lungo e tortuoso, al termine del quale non è neppure chiaro quali provvedimenti possa prendere l'Autorità, dal momento che i commissari sono di nomina parlamentare e quindi un'eventuale revoca spetterebbe allo stesso Parlamento. "La legge, su questo punto, è piuttosto carente e perciò a suo tempo avevo sollecitato una revisione del Codice etico", dice Calabrò. Il Codice in effetti regola l'indipendenza e il conflitto di interessi dei commissari, prevedendo l'obbligo di "lealtà, imparzialità, diligenza e correttezza", senza stabilire tuttavia le sanzioni. Poi c'è anche la direttiva europea del 2009 (n.140), secondo cui i componenti di un'Authority di garanzia "non sollecitano né ricevono istruzioni" dall'esterno nell'esercizio del loro mandato. Ma è chiaro che lo scontro, dentro e fuori l'Authority, sarà di natura politica.

All'interno del palazzo di via Isonzo, i rapporti personali fra Calabrò e Innocenzi vengono definiti "radi e tesi". Il presidente è un magistrato, già presidente del Tar del Lazio, una carriera prima nella Corte dei Conti e poi nel Consiglio di Stato, abituato a misurare i propri atti in base alla legge. Il commissario, giornalista pubblicista e già direttore dei servizi giornalistici delle reti Mediaset, deputato e sottosegretario alle Comunicazioni per il centrodestra, è dichiaratamente un uomo di parte incaricato di rappresentare e difendere gli interessi del partito-azienda.

Fra loro, spesso si ha l'impressione di assistere a un dialogo tra sordi. "A volte  -  ha confidato Calabrò ai suoi collaboratori  -  mi sembra che si tolga l'auricolare, quando parlo, per non sentire neppure le mie parole". Tutto ciò non ha impedito a Calabrò di votare insieme a Innocenzi contro la decisione, assunta poi a maggioranza, di varare la delibera per estendere alle tv private il regolamento sui talk-show. "Lui non so perché l'ha fatto", dice il presidente: "Da magistrato, io non potevo votare un provvedimento che vìola la legge in vigore". E in dissenso con la Vigilanza, spiega che la normativa sulla par condicio prevede espressamente che le disposizioni previste per la comunicazione politica "non si applicano ai programmi di informazione", mentre la Commissione parlamentare ha stabilito il contrario.

Fatto sta che ora la bufera politica sul "caso Innocenzi" minaccia di travolgere non solo il commissario indagato, ma l'intera Autorità sulle Comunicazioni se questa non sarà in grado di prendere nettamente le distanze e riparare il vulnus. Nel palazzo di via Isonzo, sono in molti a temere una delegittimazione collegiale. Proprio per questo, appena scoppiato lo scandalo, il commissario D'Angelo ha scritto a Calabrò una lettera per chiedergli "un immediato e deciso intervento a difesa dell'onorabilità della nostra istituzione". La replica del presidente è di poche parole: "Dopo più di quarant'anni in magistratura, posso dire di avere un grande avvenire dietro le spalle".
 

© Riproduzione riservata (17 marzo 2010)
da repubblica.it
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