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« inserito:: Gennaio 20, 2010, 05:43:12 pm » |
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20/1/2010
Il paese rinascerà migliore BAN KI-MOON
La tragedia di Haiti dimostra ancora una volta qualcosa che noi, come esseri umani, abbiamo sempre saputo: anche nella peggiore devastazione, c’è sempre speranza.
L’ho visto di persona domenica scorsa a Port-au-Prince. Le Nazioni Unite hanno subito la più grande perdita della loro storia. Il nostro quartier generale nella capitale haitiana era un ammasso di cemento e di lamiere informi. Come si poteva sopravvivere, mi sono chiesto. Eppure poco dopo essere a malincuore ripartito, le squadre di salvataggio hanno estratto un sopravvissuto - vivo, dopo cinque giorni, seppellito, senza cibo né acqua. Ho pensato che fosse un miracolo, un segno di speranza.
Disastri come questo a Haiti ci ricordano la fragilità della vita, ma confermano anche la nostra forza. Abbiamo visto immagini tremende in televisione: edifici distrutti, corpi nelle strade, persone in disperato bisogno di cibo, acqua e riparo. Ho visto tutto questo, e ancora di più, girando per la città disastrata. Ma ho visto anche qualcos’altro - una espressione di umanità non comune, persone che affrontano le vicissitudini più drammatiche dimostrando tuttavia una determinazione straordinaria.
Durante la mia breve visita ho incontrato molta gente. Un gruppo di ragazzi, vicino alle rovine del palazzo presidenziale, mi ha detto di voler aiutare a ricostruire Haiti. Al di là della contingenza attuale, sperano in un lavoro, un futuro dignitoso, un'attività. Per strada ho incontrato una giovane madre con il figlio: vivono in una tenda in un parco pubblico, con poco cibo. Ce ne erano migliaia come lei, con pazienza tengono duro, aiutandosi a vicenda. Come altri, era fiduciosa che gli aiuti sarebbero arrivati presto. «Sono venuto a portare la speranza», ho detto loro. «Non disperate». In risposta, anche lei ha chiesto aiuto alla comunità internazionale per la ricostruzione di Haiti, per i suoi bambini, per le generazioni di domani.
Per chi ha perso tutto, gli aiuti non giungeranno mai abbastanza presto. Ma stanno arrivando, e in crescente quantità, nonostante ardue sfide logistiche in una capitale in cui tutti i servizi e le strutture sono stati distrutti. Lunedì mattina, più di 40 squadre di soccorso erano al lavoro, per un totale di più di 1700 uomini. La fornitura d'acqua sta aumentando, tende e ripari temporanei stanno arrivando in gran quantità. Gli ospedali pesantemente danneggiati stanno ricominciando a funzionare, col sostegno di squadre mediche internazionali. Nel frattempo, il Programma Alimentare Mondiale collabora con l'esercito statunitense per la distribuzione di pasti giornalieri a circa 200.000 persone. L'agenzia si aspetta di raggiungere il milione di persone nelle prossime settimane, avendo come obiettivo i due milioni.
Abbiamo assistito al proliferare di aiuti internazionali, proporzionati all'entità di questa tragedia. Ogni nazione, ogni organizzazione internazionale di assistenza nel mondo, si è mobilitata in soccorso di Haiti. Il nostro compito è di orientare al meglio questa assistenza. Dobbiamo assicurarci che il nostro aiuto vada alle persone che ne hanno bisogno, il più presto possibile. Non possiamo lasciare beni essenziali nei magazzini. Non c'è tempo da perdere, né soldi da sprecare. Ciò richiede un coordinamento forte ed efficace - che la comunità internazionale lavori insieme, unita, sotto la guida delle Nazioni Unite.
Questo lavoro cruciale è iniziato il primo giorno, per le Nazioni Unite, le agenzie di assistenza internazionali, gli attori chiave: l'Onu lavora a stretto contatto con Stati Uniti, Europa, America Latina e molti altri Paesi per individuare i bisogni umanitari più impellenti e inviare quanto occorre. Questi bisogni devono essere classificati secondo la loro natura, e ricondotti ciascuno a un'agenzia leader, così che le varie organizzazioni possano agire in modo complementare, piuttosto che rischiare inutili sovrapposizioni. L'Organizzazione Mondiale della Sanità, a capo del polo sanitario, ad esempio, prevede attività di assistenza medica ripartite tra 21 agenzie internazionali.
L'urgenza del momento condizionerà naturalmente la nostra pianificazione. Non è tuttavia troppo presto per pensare al domani, un punto che il presidente René Préval ha evidenziato in occasione del nostro incontro. Nonostante sia disperatamente povera, Haiti stava facendo progressi. Il Paese godeva di una nuova stabilità; gli imprenditori erano tornati. Non sarà quindi sufficiente ricostruire il Paese così com'era, né c'è posto per operazioni di facciata. Dobbiamo ricostruire una Haiti migliore, lavorando accanto al governo, in modo che il denaro e gli aiuti investiti oggi creino posti di lavoro liberando il Paese dalla dipendenza dalla generosità mondiale.
In questo senso, la condizione di Haiti ci rammenta le nostre responsabilità più ampie. Dieci anni fa, la comunità internazionale ha iniziato il nuovo secolo con un accordo per eliminare la povertà estrema entro il 2015. Grandi passi sono stati compiuti verso il conseguimento di alcuni di questi ambiziosi Obiettivi del Millennio, adottando un approccio articolato alle cause principali di povertà globale e ostacoli allo sviluppo, dalla salute materna all'educazione, alla gestione delle malattie infettive. Tuttavia, in altre aree critiche i progressi stentano ad arrivare. La conclusione è che siamo molto lontani dall'attuare le nostre promesse di un futuro migliore per i poveri nel mondo.
Nel momento in cui accorriamo in aiuto ad Haiti, ricordiamoci del quadro più ampio. Questo è il messaggio che ho ricevuto, forte e chiaro, da quelle persone nelle strade di Port-au-Prince. Hanno chiesto posti di lavoro, dignità e un futuro migliore. Questa è la speranza di tutti i poveri del mondo. Fare la cosa giusta per Haiti, nel momento del bisogno, sarà il nostro grande messaggio di speranza anche per loro.
*Segretario Generale delle Nazioni Unite da lastampa.it
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