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Autore Discussione: GORDON BROWN. Uniti per fermare la maledizione dei paesi poveri  (Letto 2124 volte)
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« inserito:: Gennaio 15, 2010, 04:01:03 pm »

15/1/2010

Uniti per fermare la maledizione dei paesi poveri
   
GORDON BROWN


Il primo ministro britannico interviene sul tema dei deboli e della tragedia di Haiti in occasione della nuova campagna per la lottà alla povertà lanciata dal Regno Unito: www.globalpovertypromise.com

La prima decade di questo millennio colpisce per quanto l’interesse sulla povertà nel mondo sia riuscito a fare notizia ed a mantenere viva l’attenzione dei politici e del pubblico. Negli anni immediatamente successivi allo storico accordo sugli Obiettivi di Sviluppo del Millennio, sono stati compiuti passi enormi e c’erano fondate ragioni di ottimismo.

Ora il convergere di crisi - quella dei mercati finanziari mondiali e quella del clima globale - minaccia di sconvolgere i recenti miglioramenti e di porre fine ad un’era di progressi appena iniziata. Per i Paesi poveri, la crisi climatica non è un problema astratto che si misuri in termini di generazioni future, bensì una dura realtà, pericolosa ed incalzante. Il terremoto di pochi giorni fa ad Haiti è in questo senso solo un’ulteriore e scioccante prova dell’impatto devastante che le catastrofi naturali hanno proprio sui più poveri del mondo.

Mentre la crisi climatica è stata lenta a manifestarsi, gli effetti della tempesta finanziaria sono stati improvvisi e violenti. Senza sminuire le sofferenze provocate dalla recessione globale in molte famiglie dei Paesi più agiati, è indubbio che nei Paesi più poveri questo ha fatto la terribile differenza fra la vita e la morte. In questi Paesi le conseguenze si faranno sentire a lungo dopo la ripresa delle economie sviluppate. La ridotta attività commerciale e le minori entrate hanno già significato miliardi di sterline in meno di finanziamenti ed investimenti a favore di scuole ed ospedali. Per l’immediato futuro si teme che 400.000 bambini moriranno ogni singolo anno e altri milioni in età scolare cresceranno senza saper né leggere né scrivere.

Di fronte a due sfide tanto serie e concomitanti, ritengo che i 12 mesi del 2010 saranno decisivi quanto lo sono stati i 10 anni del decennio scorso. Possiamo scegliere fra permettere che la marea crescente del surriscaldamento del globo e quella declinante dello sviluppo economico finiscano per distruggere la promessa degli Obiettivi del Millennio o tenere viva la prospettiva di un mondo nel quale i bambini sono nutriti ed istruiti, le donne partoriscono in sicurezza e la gente guarda al futuro con speranza e non con paura. La nostra determinazione e la nostra missione devono al contempo realizzare le vecchie promesse e cercare nuove risposte ai cambiamenti climatici, superando le costrizioni economiche che potrebbero tenere centinaia di milioni di persone prigioniere della povertà e della disperazione.

Come prima cosa, non dobbiamo desistere dal cercare di eliminare la povertà. Nel 2010 il Regno Unito manterrà gli impegni assunti sugli aiuti ed anzi li supererà.

È per questa ragione che stiamo per pubblicare un disegno di legge - il primo al mondo di questo genere - che garantisca il raggiungimento ed il mantenimento dell’obiettivo Onu dello 0,7% di aiuti. Tutta la comunità internazionale deve tenere fede alle proprie promesse e garantire la disponibilità di nuovi finanziamenti che permettano ai Paesi in via di sviluppo di adattarsi agli effetti dei cambiamenti climatici e di mitigarli.

Naturalmente, gli aiuti da soli non rappresentano l’intera soluzione. Tuttavia, con il calo delle entrate e la crescita della domanda di servizi nei Paesi in via di sviluppo, gli aiuti possono svolgere un ruolo insostituibile nel tenere aperte scuole ed ospedali e nell’offrire una rete di protezione fondamentale per gli indigenti. Nelle ultime settimane abbiamo già assistito ai primi passi di un movimento in Africa per l’abolizione delle user fees e la creazione di servizi sanitari gratuiti: dobbiamo appoggiare questi tentativi che danno speranza a milioni di persone.

Come seconda cosa, data la portata delle sfide, occorre trovare fonti di finanziamento nuove ed innovative per combattere la povertà ed i cambiamenti climatici. Nel Regno Unito abbiamo già generato miliardi di sterline grazie alla collocazione di titoli obbligazionari e alle donazioni pubbliche, ma sono convinto che altre iniziative sarebbero efficaci oltre che possibili.

Il Fondo Monetario Internazionale, per esempio, sta studiando in che modo il settore finanziario potrebbe contribuire maggiormente al pagamento degli oneri degli interventi statali, compresa un’imposta sulle transazioni finanziarie internazionali suscettibile di apportare entrate sostanziose.

In terzo luogo, occorre fare in modo che i Paesi in via di sviluppo non soltanto sappiano affrontare le crisi, ma investano nel futuro. Come nel Regno Unito, investire nell’istruzione è fondamentale per la crescita futura. Per questo collaborerò con Sepp Blatter della Fifa e con il presidente sudafricano Zuma che hanno promesso solennemente che l’istruzione per tutti sarà l’eredità che il primo Campionato del Mondo in Africa lascerà con la campagna «1 Goal». Infine, si deve incoraggiare la capacità dei Paesi in via di sviluppo di trovare un proprio modo per uscire dalla povertà. Il G20 rappresenta una nuova opportunità per perseguire una crescita globale che includa e favorisca le economie a basso reddito.

Il prossimo anno disporremo di tutti i mezzi internazionali che si possano desiderare per consolidare i progressi fatti e rendere conto delle promesse formulate a Gleneagles al culmine della campagna Make Poverty History.

La parte più cruciale sarà il Vertice Onu sulla Povertà a settembre, dove ritengo occorra concordare un sostanzioso piano d’azione globale che poggi su specifici impegni nazionali ed illustri chiaramente in che modo realizzeremo gli Obiettivi di Sviluppo del Millennio. Per dare impulso a questo processo occorre arrivare presto ad una determinazione politica di alto livello. Il 2010 metterà alla prova l'interesse del mondo per i più poveri e la fiducia di questi ultimi nei nostri confronti. In tutta coscienza e nel nostro stesso interesse, per il loro bene e per il nostro, non dobbiamo assolutamente fallire. E' necessario agire subito per restituire al mondo intero il suo futuro e la sua speranza.

da lastampa.it
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