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Autore Discussione: CARLO RIMINI Teniamo i bimbi lontani dalle aule dei tribunali  (Letto 2260 volte)
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« inserito:: Dicembre 29, 2009, 11:06:45 am »

29/12/2009
 
Teniamo i bimbi lontani dalle aule dei tribunali
 

CARLO RIMINI
 
I bambini devono andare in Tribunale per essere ascoltati dai giudici si decide con quale dei genitori vivranno dopo la separazione o il divorzio. Lo ha affermato la Cassazione, a sezioni unite, in una sentenza recente. La legge dice che il tribunale, nel decidere sull'affidamento di un bambino, deve tenere esclusivamente in considerazione l'interesse del minore e deve invece trascurare gli interessi degli adulti. Sembra dunque corretto che il giudice incontri il bambino del cui interesse è custode. Per questa ragione, nel 2006 il legislatore ha previsto che, prima dell'emanazione di qualsiasi provvedimento, anche provvisorio, relativo ad un bambino, il giudice davanti al quale si discute la separazione o il divorzio fra i genitori debba disporre l'audizione del figlio minorenne che abbia già compiuto i 12 anni ed anche del figlio di età inferiore capace di discernimento. Sino ad oggi tuttavia questa norma è stata interpretata dai giudici con estrema flessibilità e i bambini sono stati convocati solo in casi particolari.

I corridori dei nostri tribunali sono un luogo triste e certo inospitale per i bambini. Le domande del giudice sono difficili sia per il bambino che deve rispondere, sia per chi le deve fare. Preferisci vivere con la mamma o con il papà? Se vuoi stare con la mamma, quanti giorni e quante notti vuoi stare dal papà? E le vacanze, con chi le vuoi passare? E la scuola, preferisci quella privata scelta dalla mamma, o quella pubblica per la quale insiste papà? È difficile immaginare un bambino ansioso di andare in tribunale per rispondere. È difficile immaginare l'udienza, con il bambino seduto davanti al giudice e alle sue spalle gli avvocati della mamma e del papà.

Probabilmente risponderà con un'unica frase: io voglio bene a tutti e due. La Cassazione è però inflessibile: il giudice deve «disporre la convocazione dei minori per la loro audizione», oppure indicare chiaramente per quali motivi, nel caso concreto, si ritiene che il bambino non sia in grado di manifestare le sue opinioni. Lo impone la legge italiana e lo impone anche, sempre secondo la Cassazione, la Convenzione di Strasburgo sui diritti dei fanciulli. Dovremo quindi abituarci a vedere i bambini seduti nelle sale d'attesa dei tribunali, accompagnati dalla mamma e dal papà ciascuno intento a conquistarne la benevolenza. I giudici dovranno abituarsi a interrogare i bambini. Eppure, proprio la Convenzione di Strasburgo sembra lasciare spazio ad una soluzione più morbida. Afferma infatti che il giudice può decidere di sentire il bambino in privato, senza la presenza del cancelliere, dei genitori e dei loro avvocati; può soprattutto consultare il bambino attraverso altre persone (generalmente degli psicologi specializzati) e in altri luoghi. È giusto che il bambino possa esprimere la sua opinione, sempre che lo voglia fare, ma è meglio lasciarlo ai suoi compiti e ai suoi giochi piuttosto che convocarlo in tribunale per una audizione.

*Ordinario di diritto privato nell’Università di Milano
 
da lastampa.it
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