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Autore Discussione: Rincari in tavola tra il 5 e il 20 per cento  (Letto 2521 volte)
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« inserito:: Agosto 13, 2007, 09:58:46 am »

Consumi boom nei Paesi emergenti.

Tra le altre cause: la siccità australiana e le colture per il bioetanolo

Gli esperti: niente panico, buone prospettive di un incremento della produzione

Rincari in tavola tra il 5 e il 20 per cento

Pasta, latte, carne: aumenti a settembre

di ETTORE LIVINI
 

MILANO - Dopo sei anni di "crescita zero", con i prezzi alimentari rimasti inchiodati ben al di sotto dell'inflazione, la tavola degli italiani si prepara a un autunno caldo. Anzi caldissimo. Il destino dei nostri portafogli si sta decidendo in questi giorni. Nella calma surreale degli uffici d'agosto - con i consumatori distratti dalla corsa della benzina - le grande aziende e i big della distribuzione stanno mettendo a punto i listini dei prossimi mesi.

E il rientro dalle ferie rischia di essere amarissimo per il carrello degli italiani: i produttori di latte hanno chiesto un aumento medio dall'8 al 12%. Per la pasta spenderemo (con gli incrementi spalmati a rate) il 20-25% in più. Rialzi in vista anche per il pane (quello di Altamura è già passato, tra le polemiche, da 1,5 a 2 euro al chilo), il caffè, il burro (+10%), la carne e i formaggi.

Di chi è la colpa? Certo ci sono i cronici problemi della filiera alimentare italiana. Un percorso tortuoso dove i prezzi di grano, frutta e ortaggi si moltiplicano per 100 nel tragitto dalla pianta alla padella. Ma questa volta non c'è solo lo zampino della speculazione tricolore. Se cappuccino, pasta al ragù e panino al prosciutto ci costeranno più cari, i colpevoli sono la siccità australiana, l'appetito dei cinesi (e di tutti i paesi emergenti) e il boom del bioetanolo. In una parola, l'onda lunga della globalizzazione che ha spinto alle stelle i prezzi di molte delle materie prime della dieta mediterranea.

Il frumento (+60% negli ultimi 12 mesi) ha corso più del petrolio. Il latte sul mercato libero di Lodi è balzato del 25% in un anno. Le quotazioni di mais (+25%) e soia (+38%) macinano rialzi a ritmi da bolla speculativa. Un po' di questi aumenti è stato ammortizzato dai recuperi produttivi delle imprese. Di un altro pezzettino si sono fatti carico i supermercati. Ma ormai lo tsunami dei prezzi è pronto a tracimare nei portafoglio degli italiani.

L'Unione pastai ha già previsto un aumento minimo del 20% al consumo. La semola di grano duro - che conta per il 55% del costo finale di spaghetti & c - ha registrato un aumento del 58% in un anno, si lamentano, e i mulini sono a corto di frumento. Morale: il prezzo del pacco da mezzo chilo di pasta passerà nei prossimi mesi da una media di 60 a 75 centesimi.

Stesso discorso per tutta la filiera del latte. Sugli scaffali dei supermercati dovremmo trovare un primo ritocco del 4-5% già al rientro delle vacanze che verrà seguito da un ulteriore aumento di proporzioni simili a ottobre-novembre. Trascinando nella spirale del rialzo tutti i derivati, dalle mozzarelle agli yoghurt. L'oro bianco - come già lo chiama qualcuno - sta diventando un problema globale.

Burro e formaggio aumenteranno in Germania fino al 40% nei prossimi mesi. In Francia l'austero "Le Monde" ha aperto il giornale chiedendo l'abolizione delle quote latte per non svuotare i portafogli dei consumatori (e degli allevatori) transalpini. E anche in Italia diverse associazioni di settore e aziende hanno iniziato a far pressioni in questo senso sul ministero dell'agricoltura.

Il caro frumento non risparmia, come ovvio, nemmeno il pane. La scarpetta non è ancora un lusso da Billionaire. Il caro-michetta però è in agguato. I panificatori chiedono più soldi ("non molto, solo un +5-6%"), la Coldiretti protesta ("speculano, il grano incide solo per l'8% sul costo finale"). E in scia si preparano a ritoccare i listini anche i uova e carne, visto che buona parte dei mangimi per il bestiame è fatto con derivati del latte e del frumento.

Quanto peserà questo autunno caldo della tavola italiana sull'inflazione? Gli esperti sono tranquilli. Nell'era del superfluo, la voce alimentare pesa poco sul paniere. E in fondo - ricordano - c'è il precedente dello zucchero: era arrivato a costare 19,6 centesimi alla libbra a inizio 2006. Poi India e Brasile hanno aumentato la produzione e ora viene via a poco più di 11 cent. La parola d'ordine, insomma, è niente panico.

La banca d'affari Lehman Brothers stima in un +0,3% nel secondo semestre 2007 l'aumento dei prezzi per il cibo a livello europeo. Vedremo. L'unica certezza è che a voler affogare in un boccale di birra il dispiacere per questa improvvisa fiammata del carrello della spesa, c'è il rischio di rimanerci ancora peggio. L'orzo (la base del malto) è salito del 40% in 12 mesi. E sugli scaffali dei supermarket per gli amanti della bionda - avvisano i produttori - sono in arrivo sorprese.

(13 agosto 2007)
 
da repubblica.it
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