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Autore Discussione: Sintesi dei tre interventi - (Dal sito del Pd)  (Letto 2437 volte)
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« inserito:: Ottobre 12, 2009, 05:50:08 pm »

11/10/2009 (17:30)  - CONVENTION PD

Marino: "Partiamo dalle persone per cambiare quello che non funziona"


Sintesi dell'intervento dal sito del Pd


“Un partito capace di riconoscere e affrontare il problema del conflitto d’interessi, la crisi del mondo del lavoro e la dissoluzione dei ruoli sociali, l’urgenza dei nuovi diritti . Un partito che non si perda tra mille impossibili mediazioni col risultato di non accontentare nessuno e vedere il consenso franare”. È questa la proposta di Ignazio Marino all’assemblea della convenzione nazionale.

Riscoprire l’uguaglianza per dire chi siamo. Nella sua idea di partito “coraggioso” che sia “una sterzata alla storia della sinistra italiana”, Marino da la precedenza alla parola “uguaglianza”. “L’uguaglianza è il principio fondamentale per orientarci a definire chi siamo, è l’obiettivo principale di questo percorso congressuale. È una parola importante, che porta con se significati diversi per le persone che appartengono al Partito Democratico. Per alcuni richiama la bandiera di masse collettive, classi che condividevano gli stessi vissuti, cui garantire gli stessi tragitti di vita. Per altri è un valore etico, improntato alla solidarietà tra individui diversi ma disposti a tendersi la mano nell’ottica di ridurre le disparità”. Nonostante, come ammetto lo stesso candidato alla segreteria, la giovane età non gli abbia permesso di partecipare alle grandi battaglie collettive degli anni ’60 “ho sempre rifuggito l’individualismo senza compassione di chi erge barriere per separarsi dagli altri, mentre concepisco eguaglianza come il collante, un legame sulla cui base si costruiscono i rapporti fra persone. L’eguaglianza per me oggi significa parità delle opportunità di partenza di partenza, riconoscimento delle aspirazioni e dei meriti di ognuno, elemento di coesione e di integrazione, di mobilità sociale e di sviluppo. Il mio lavoro di medico e l’aver vissuto per tanti anni all’estero mi hanno aiutato tantissimo nel rafforzare in me questi principi: le differenze scompaiono, di fronte alla malattia restano le persone; l’uguaglianza la apprezzi di più quando - come è successo a me - ti senti diverso perché, per esempio, sei uno straniero”. Prendendo spunto dalla sua vita professionale di medico chirurgo, dice: “Ho conosciuto il dolore, la speranza, l’istinto e il coraggio, la fatica e l’emozione che appaga quando un malato riapre gli occhi dopo un’operazione. Ho conosciuto l’altruismo, la forza di volontà, la voglia di reagire alla disperazione e alla solitudine, la capacità di ripartire. Forse anche per questo nutro una grande fiducia nelle persone e nei cambiamenti, ho sempre creduto di poter cambiare le cose quando non funzionano”.

Per un riformismo rivolto al futuro. “Bisogna partire dalla persona – dice Marino - per affermare un nuovo pensiero democratico che vuole e sa guardare al futuro, capace di aggregare donne e uomini anche molto diversi tra loro intorno a valori e proposte comuni. Un pensiero che sia non tanto, e non solo, come spesso sento dire, “sintesi dei riformismi del passato”, ma piuttosto chiara evoluzione di essi in un riformismo contemporaneo che guarda nel futuro. In giro per l’Italia ho riscontrato un forte bisogno di comunità, troppo spesso inespresso, una grande voglia di partecipazione. La manifestazione del 3 ottobre per la libertà di informazione, o quella di ieri contro l’omofobia, ne sono la dimostrazione tangibile. Le persone non sono assuefatte, non sono rassegnate, il consenso di cui dice di godere in maniera incondizionata l’attuale governo, non è così omogeneo. Il vero problema è che tante energie positive che le persone sono pronte ad esprimere, non trovano ancora nel nostro partito un punto di riferimento forte e affidabile”.

Tempo di risposte chiare per il PD. La riflessione di Ignazio marino si sposta poi sul partito: “In molti mi chiedono: ma dove è il PD? Che cosa fate? Oggi siamo qui per questo. Per affermare che noi ci siamo e ci saremo, con una identità finalmente chiara e un segretario forte del voto di milioni di cittadini. Dobbiamo imparare ad aggregare: il Partito Democratico deve intrecciare trame solide nella società liquida, esserne spina dorsale e infrastruttura, con un radicamento flessibile capace di adattarsi agli spazi e ai tempi della vita complicata delle persone, per facilitare percorsi e incontri. Che non significa un rapporto con il territorio impostato su modelli sociali che non esistono più. La questione non è soltanto la presenza fisica del PD sul territorio, pur fondamentale per la sua funzione di discussione e conoscenza, la vera questione sono i contenuti. Il PD deve saper aggregare sulle sue posizioni e sulle risposte chiare e nette sulle grandi questioni che interessano le persone. Su questo si gioca il destino del nostro partito. Troppo spesso abbiamo esitato, troppo spesso siamo stati incapaci di spiegare la nostra visione della società e del futuro del paese. Eppure le qualità, le energie, le intelligenze non ci mancano, come hanno dimostrato le discussioni di queste settimane nei settemila circoli sparsi in tutt’Italia”

Gli impegni da prendere subito. “ Dobbiamo prendere impegni e rispettarli, nel partito, in Parlamento, nelle amministrazioni locali” dice il candidato e passa ad elencare le sue proposte. “Dobbiamo dire senza esitare che adottiamo la laicità come metodo irrinunciabile di una politica aperta al confronto e disposta sempre al dialogo per arrivare a una decisione. Come scrisse Ernesto “Che” Guevara: “O siamo capaci di sconfiggere le idee contrarie con la discussione o dobbiamo lasciarle esprimere. Non è possibile sconfiggere le idee con la forza, perché questo blocca il libero sviluppo dell’intelligenza. Dobbiamo dire senza esitare che prima di tutto vengono la scuola, l’università, la cultura e la formazione dei giovani e anche di chi perde il lavoro e non è più giovane. Dobbiamo dire senza esitare che ancora oggi in Italia la cultura del merito fa paura! Nessuno lo ammette ma molti lo considerano un elemento che destabilizza poiché permette a chiunque di realizzare le proprie aspirazioni, di rischiare, di scommettere su se stesso. E’ la condizione che permette la libertà! Dobbiamo dire senza esitare che siamo per i diritti: dal lavoro, alla sicurezza. E per i nuovi diritti: le unioni civili, i diritti dei consumatori, il diritto di cittadinanza, il diritto di scegliere le terapie attraverso un testamento biologico. Senza esitare dobbiamo sostenere la legge contro l’omofobia: dopodomani a Montecitorio dobbiamo dimostrare da che parte stiamo! Dobbiamo dire senza esitare che il nostro partito sta dalla parte delle donne in un momento in cui anche la dignità e il rispetto per loro sono messi in pericolo. Dobbiamo dire senza esitare che vogliamo restituire al Paese un’informazione libera, in televisione, sulla stampa, sulla rete. Democrazia non significa solo poter esprimere il proprio consenso, significa poterlo formare attraverso un’informazione libera e plurale".

Tutelare il pianeta, no al nucleare. Per Marino la “priorità delle priorità: il nostro pianeta, il nostro ambiente. Non è solo una questione di sviluppo sostenibile. Abbiamo una responsabilità enorme e abbiamo il dovere di prenderci cura della salute del nostro pianeta e del futuro di tutti noi. Diciamo no al nucleare perché la scienza ci dice che è pericoloso, diciamo sì alle energie rinnovabili, al recupero dei rifiuti, al risparmio idrico, alla bio-edilizia, alla mobilità sostenibile”.

Il rinnovamento necessario. “Il mio ruolo – spiega l’esponente PD - e di tutti coloro che mi hanno sostenuto, qualunque sarà il risultato del congresso, è quello di contribuire un rinnovamento radicale. Il rinnovamento non è pericoloso, è necessario ed è la ragione profonda che mi ha spinto a partire per questa straordinaria avventura. Mi ritrovo nelle parole di Giorgio Amendola che un giorno scrisse di aver compiuto una scelta giusta che lo metteva di fronte ad un mondo nuovo, nell’impegno per l’emancipazione di donne e uomini. Anche per me è stata la scelta giusta, che sto vivendo con il massimo dell’energia e dell’umiltà, come un’opportunità straordinaria. Qualcuno mi rinfaccia di esserci arrivato tardi… ma ora sono qui e con me ci sono tanti altri compagni di viaggio che hanno condiviso questa scelta e che oggi sono al lavoro con una voglia, una dedizione, una convinzione che mi rende orgoglioso. Alla vigilia di un congresso che tutti diciamo fondativo, due anni dopo la nostra nascita e con le emorragie elettorali che conosciamo, di cui non mi interessa attribuire responsabilità, mi è sembrato di assistere ad un avvio di campagna congressuale tattico e frenato. Mi è parso che intorno a Dario e a Pierluigi le mozioni si siano formate più per alleanze tra persone che per condivisione di progetti: una contrapposizione di persone non una contrapposizione di idee”.

da lastampa.it


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11/10/2009 (17:23)  - CONVENTION PD

Franceschini: "Mi sono ricandidato perché il Pd vada avanti"

   
Sintesi dell'intervento dal sito del Pd
“Guardando le facce di tutti voi che siete presenti, mi viene in mente che abbiamo fatto tanta fatica e tanta strada per arrivare fino a qui. Siamo un partito nel suo significato più autentico della parola. Un partito, una parola di cui non vergognarsi perché il suo significato trasmette energia e spirito di appartenenze alla stessa storia”. Così ha introdotto la propria relazione Dario Franceschini, segretario del Pd, alla Convenzione nazionale 2009.

La politica sotto pelle. Ricordando tutte le persone che lo avvicinarono nei giorni della scelta di traghettare il partito dopo le dimissioni di Veltroni, Franceschini ha voluto ribadire che il suo non fu né un sacrificio, né un atto di coraggio. “Fu la cosa migliore che potesse capitare a uno che come me sente la politica sotto la pelle”. Una scelta di onore e orgoglio più grande proprio perché presa in un momento dove tutto sembrava così difficile. Del resto la vita politica è fatto proprio di momenti di avanzata e momenti di ritirata. Così come, durante le scorse elezioni europee, c'era la necessità di fermare le avanzate della destra e impedire la ritirata del Pd. “Oggi siamo qua perché in quei giorni fu fatto un passo avanti, ovvero di restare uniti quando tutto sembrava girarci contro. E abbiamo fatto bene a non rimandare il congresso e le primarie dando prova di grande maturità collettiva”. Due garanzie durante il congresso. Due dovranno essere le garanzie che saranno rispettate dal Pd. La prima è che “chiunque sarà il segretario eletto, dal 26 ottobre, avrà il sostegno di tutti. Io farò così e, qualora venissi confermato segretario, le prime persone che chiamerò a lavorare con me saranno proprio Pier Luigi Bersani e Ignazio Marino”. La seconda garanzia è quella di parlare sempre con un'unica voce anche al di fuori dal Pd. “Il ruolo del Pd è quello di fare opposizione. I nostri non ci capirebbero se il nostro impegno fosse solo concentrato sul congresso. Quindi basta andare sui giornali per strappare titoli che riguardano la nostra litigiosità e non per avanzare proposte e per rispettare il nostro ruolo di opposizione”.

La crisi e la ripresa. “Nei viaggi lungo il Paese ho incontrato un'Italia fatta di disperazione, di drammi e di paure che la Tv non mostra. Il governo occulta la crisi e non adotta nessuna misura per contrastarla. La crisi finirà, dicono, vedete di cavarvela”. Tutto questo alimenta tensioni sociali che vengono cavalcate accendendo o spegnendo i riflettori. Quindi il governo li accende sulla politica fatta da spot a L'Aquila e li spegne quando alcuni precari della scuola salgono sui tetti solo per chiedere di essere ascoltati e che qualcuno si occupi di loro”. Per Franceschini è giunto il momento di dare alcune gerarchie alle difficoltà che vive il Paese e che il Pd deve affrontare. Al primo posto c'è la povertà assoluta, “quei 3 milioni di persone che non ha di che vestirsi o mangiare”. Quindi ci sono il milione e ottocentomila lavoratori precari che a breve perderanno il loro posto di lavoro senza alcuno ammortizzatore sociale. Al terzo posto i redditi e le pensioni basse che dovranno essere affrontati attraverso misure che garantiscano soglie minime salariali e la defiscalizzazione delle tredicesime. Il settore dove fare il maggiore investimento sarà la Green Economy. Per questo Franceschini ha lanciato due proposte immediatamente applicabili: il taglio completo per tre anni delle tasse per tutte le nuove imprese che investano interamente nella Green Economy e un piano di riqualificazione degli edifici pubblici basato sul risparmio energetico e le energie alternative. Un piano al di fuori del patto di stabilità.

Opposizione e anti-italianità. “È necessaria maggiore chiarezza sul modo di fare opposizione” ha dichiarato il segretario del Pd. “Dobbiamo uscire dal rito dell'anti-berlusconismo che rischia di sfociare in anti-italianità che, come ha dichiarato oggi il premier, 'sputtana il Paese'. Io non so cosa sia anti-berlusconismo ma so cosa ci chiede il nostro popolo: di non fare errori come quello recente dell'assenteismo in Aula e, soprattutto, di fare più opposizione. Ma ribellarsi ai tagli sulla scuola significa essere anti-italiano? Dire che lo scudo fiscale è uno schiaffo per i cittadini onesti significa essere anti-italiano? Dire che le ronde e il reato di immigrazione clandestina sono una vergogna significa essere anti-italiano? Difendere il Parlamento, il Presidente della Repubblica, la Corte Costituzionale e la libertà di stampa significa essere anti-italiano? Definire ominicchio chi offende Rosy Bindi e le donne italiane significa essere anti-italiano?” Basta snobismo, salotti e punte di penna di editorialisti. Dobbiamo consegnare alle prossime generazioni tutte le libertà intatte senza che nessuno possa domandare tra 20 anni: “dove era l'opposizione?”.

Non tornare indietro. Il Pd ha vissuto due anni di vittorie e sconfitte. La stessa cosa la vivrà il prossimo segretario ma ora occorre eliminare la malattia innata che vuole che ogni volta ci sia una sconfitta si rimetta in discussione tutto il progetto. Per questo non dobbiamo tornare indietro su alcuni punti essenziali. “Non si torna indietro sulla scelta del sistema bipolare e di alternanza di governo, unica conquista ottenuta con la collaborazione dei nostri avversari. Di tattica si muore! Senza alcun ritorno di centrismi che alla fine ci costringerebbero altri 35 anni di opposizione”. “Non si torna indietro sul sistema delle alleanze. Anzi occorre subito sbugiardare il falso federalismo voluto da Bossi e Berlusconi che si scambiano le presidenze di Regione come se giocassero a figurine. Le alleanze si faranno con un patto di lealtà verso gli elettori, luogo per luogo, e non sul collante dato dall'avversario. Quindici sigle da Mastella a Diliberto? No, abbiamo già dato!”. “Non si torna indietro sulla scelta di un partito aperto. Senza contrapposizioni tra iscritti ed elettori. Valorizzando la militanza, nostro grande patrimonio che garantisce il radicamento vero ma aprendo a tutti coloro che, nel 2009, hanno tanti modi di fare politica. La forza degli elettori è una risorsa di cui non privarsi”. "Vorrei dire a Massimo D'Alema che i primi a rispettare l'esito delle primarie saranno gli iscritti che continueranno ad amare il partito indipendentemente da chi vince. Alla forza degli iscritti dobbiamo saper aggiungere la forza degli elettori, e i primi a volere questa apertura sono proprio gli iscritti. Se ai 450 mila iscritti che hanno votato nei circoli si aggiungeranno un milione o un milione e mezzo di elettori, allora le primarie daranno più forza al segretario e più forza al Pd. Se io sarò confermato segretario non toglierò al popolo delle primarie il diritto di eleggere il segretario del Pd". “Non si torna indietro sul fatto che il Pd sia un grande partito in cui sappiano convivere le diversità. Le diversità vanno rispettate senza indossare alcuna gloriosa casacca dei partiti del 900. Vince la sfida della sintesi, il bello del fare politica. Occorrerà votare anche sui temi più scomodi e difficili come quello del testamento biologico dove 'sul se e sul come lasciarsi morire' la scelta sarà sempre della persona, dei suoi familiari e dei medici. Lo Stato resta fuori!”.

Cambiare il Paese. “Il Pd è nato per cambiare il Paese. Una missione collettiva che significa anche condurre battaglie scomode, dicendo anche cose scomode senza fare calcoli sul consenso. Questo significherà investire sul merito per rompere il sistema delle caste andando contro alcuni poteri forti. Per fare questo dovremmo essere credibili, rigorosi e inattaccabili”. “Mi sono ricandidato perché il Pd vada avanti, con il coraggio di battere le nostalgie che stanno dentro di noi, senza vivere di soli ricordi. Spetta a noi il compito di farlo vincere”.

Andrea Draghetti


da lastampa.it


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11/10/2009 (17:6)  - CONVENTION PD

Bersani: "Mettiamoci dalla parte dei deboli, di chi lavora e di chi produce"

   
Sintesi dell'intervento dal sito del Pd
E' il primo a parlare perché la sua mozione è stata la più votata dai circoli. E inizia dal saluto agli iscritti, Pierluigi Bersani, “tutti quelli che hanno partecipato ai congressi di circolo, comunque abbiano scelto o votato. È stata una straordinaria e inedita prova di democrazia di cui dobbiamo essere orgogliosi”. Poi spiega i tratti salienti di quella che sarà la sua segreteria se vincerà, per parlare di politica e di Italia: “Lavorerò con gli altri candidati per una straordinaria partecipazione alle primarie e perché le primarie mostrino sia il nostro aperto confronto di idee sia la nostra amicizia e la nostra unità. Ricordiamoci che chi lavora per fare un partito lavora per realizzare la nostra Carta Costituzionale e non c’è bisogno di interpretare o tanto meno di deformare posizioni altrui, e ancora meno di litigare. Ognuno dice la sua, iscritti ed elettori decidono. Noi ci atteniamo alle loro decisioni, per quello che mi riguarda l’unico avversario possibile è colui che piccona la ditta”.

L’Italia del 2009. Vive una “deformazione di fatto degli equilibri costituzionali e un indebolimento progressivo delle nostre prestazioni economiche e sociali rispetto all’Europa e al mondo. Non significa essere catastrofisti o alimentare la sfiducia o sottovalutare dinamismi, eccellenze, potenzialità a cui dobbiamo sempre richiamarci. La realtà va guardata in faccia e la retorica dello stellone italico, del sole in tasca, dei cieli azzurri ci sta addormentando tutti e rischia di distruggere la capacità di reazione del Paese. Ma se si mette l’orecchio a terra si sente nervosismo diffuso, tensione, preoccupazione. Per la perdita di orizzonte, l’insicurezza crescente nella vita delle persone e delle famiglie, le prospettive dell’impresa. E la politica offre al Paese un messaggio di incertezza, Berlusconi afferra ancora il presente ma non può promettere un futuro né ai suoi né al Paese. Ma una parte importante dei suoi possibili esiti è nelle nostre mani, nelle nostre mani a cominciare da questo Congresso".

La destra populista. “Berlusconi fa camminare il Paese sull’orlo di una deformazione populista del nostro sistema, e noi dobbiamo mettere l’opinione pubblica e la coscienza civile del Paese di fronte alla gravità di questo problema”. Poi denuncia le pulsioni di tipo populista, “di semplificazione drastica dei processi di partecipazione democratica, che riscontriamo in molti paesi a democrazia matura. La difficoltà della democrazia rappresentativa a dominare con efficacia i nuovi problemi lascia spazio a domande di semplificazione e di autorità. Ma se altrove queste pulsioni sono sfumature pur significative nei meccanismi di consenso, da noi il fenomeno sta penetrando ed è già penetrato ben più in profondità. La ragione? il sapore di antipolitica che lasciò in eredità la caduta del muro che avevamo in casa, la singolare forza, di Berlusconi. In ogni caso i fatti ormai si vedono, con l’indebolimento della mediazione fra popolo e governo, l’idea che il consenso debba prevalere sulle regole, l’idea che noi si sia di fatto fuori dal sistema parlamentare, che gli elettori cioè non eleggano un Parlamento ma un capo e che si possa parlare tranquillamente di coabitazione fra Presidente della Repubblica e Presidente del Consiglio. Ma se vediamo con evidenza, e le denunciamo, forme di controllo e condizionamento dei mezzi di informazione; vediamo con minore evidenza un fatto ancora più profondo che riguarda la formazione delle leggi.

Sì alle primarie, no alla nomina dei parlamentari. Il Capo del Governo nomina ormai di fatto i suoi parlamentari. È il capo che dà la fiducia alla maggioranza e non viceversa. Con 25 voti di fiducia e 38 decreti omnibus in 15 mesi ogni decisione è resa possibile; e quindi ogni pressione e perfino ogni ricatto possono essere possibili verso forze economiche e soggetti sociali, così che prevalgano assuefazione e conformismo; così si pensa di poter portare l’opposizione a quella sensazione di impotenza che genera riflessi ribellistici e minoritari. Eppure la Costituzione c’è e batte un colpo! C’è il Presidente della Repubblica, c’è la Corte Costituzionale. Ma ecco che arrivano le picconate contro i muri portanti della casa comune. È tempo di reagire ad una deriva che a poco a poco ci allontana dal contesto delle grandi democrazie del mondo. Ma come reagire? Non possiamo reagire con risposte speculari che portano legna a quel fuoco che Berlusconi vuole accendere attorno ad una personalizzazione che fa del giudizio del popolo su di lui il giudizio di Dio. Né stando in difesa e abbarbicandoci al politicamente corretto. Ci vuole una politica di combattimento, bisogna aprire il fronte di una battaglia democratica. Credo che ci chiamiamo Partito Democratico non perché vogliamo sperimentare la democrazia perfetta in casa nostra, ma perché poniamo al Paese il tema della democrazia e di una democrazia efficiente. Vogliamo custodire i pilastri costituzionali di una democrazia rappresentativa, rigettare ogni forma di autoritarismo che ci ruberebbe il futuro di paese avanzato fra i paesi avanzati del mondo e ci distaccherebbe intimamente dal contesto europeo. È tempo di aprire un confronto con tutte le altre forze di opposizione sul tema della democrazia e delle istituzioni e di rivolgerci alle forze che nella maggioranza sono più consapevoli del problema. Proviamo con le nostre primarie a dire una cosa precisa: è possibile che un cittadino possa scegliere il Segretario del PD e non possa scegliere il suo Parlamentare? Noi vogliamo una legge inquadrata nel sistema bipolare, che garantisca trasparenza e stabilità della maggioranza nella legislatura, e che consenta al cittadino di guardare in faccia il suo Parlamentare, di potergli chiedere conto del suo operato a partire dal suo territorio. Dobbiamo mobilitarci su questo e chiedere a tutte le forze di opposizione se sono pronte a discutere con noi di una iniziativa su questo.

Berlusconi non è Mr. Wolf. “Per la storia profonda e per i caratteri profondi di un Paese come il nostro la deformazione del processo democratico può andare in secondo piano se passa l’idea che per quella via qualche problema si risolve. Non c’è certo bisogno di spiegare questo concetto al nostro Presidente del Consiglio, lui si presenta come il personaggio di Pulp Fiction: sono Wolf, risolvo problemi sempre che mi lascino lavorare. Ma quali problemi ha risolto davvero il signor Wolf? In ormai dieci anni di governo qual è una riforma che si possa ricordare e che non riguardi lui stesso? Abbiamo forse meno fisco, meno burocrazia, più occupazione, più crescita? In che cosa è migliorato questo Paese? E adesso, nella crisi, che cosa possiamo dire che stia facendo precisamente se non aspettare che torni il bel tempo? Non c’è bisogno di essere degli indovini per sapere che cosa succederà: avremo tra quest’anno e l’anno prossimo un milione di disoccupati in più e migliaia di piccole imprese in meno. E tutto questo per una crisi psicologica! Dopo tanti anni di governo non c’è niente di risolto. Ha usato il governo per fare consenso.

Così ci giochiamo il futuro, servono riforme. Se invece di guardare ogni giorno un albero noi guardassimo la foresta, vedremmo che rischiamo una riduzione strutturale della nostra base produttiva, un nostro rimpicciolimento. Stiamo buttando via le nostre risorse potenziali nell’eccesso di disuguaglianza fra ceti sociali e territori, nell’assenza di mobilità sociale, nell’incapacità di prendere decisioni di sistema, cioè di fare riforme: riforme sociali, riforme liberali, riforme civiche. La priorità assoluta e immediata è quella di portare risorse sui redditi medio-bassi, su chi sta perdendo il lavoro, su chi ha superato la soglia di povertà, soglie minime di salario, di reddito, di pensione; sull’unificazione e la tutela dei percorsi di ingresso al lavoro; sulle prospettive del sistema pensionistico e non già dal lato dell’allungamento dell’età (chi ha visto l’evoluzione delle norme sa che questo non è più il problema centrale!) ma bensì sulla tenuta dei livelli pensionistici per le nuove generazioni. Dobbiamo aprire un confronto per un nuovo patto economico e fiscale con le piccole imprese e con le partite iva, mondo verso il quale abbiamo un problema non risolto. Dobbiamo promuovere un piano per mettere ambiente ed efficienza energetica immediatamente e stabilmente nel motore della crescita, investendo le politiche industriali, le politiche pubbliche e la qualificazione dei consumi.Dobbiamo interpretare meglio i temi della scuola e della sanità.

Scuola, Università e Ricerca: la prima fonte energetica del Paese. Il tratto prevalente dell’operazione Tremonti-Gelmini è quello di una riduzione dell’offerta formativa e dell’occupazione. Quando toccherà a noi non potremo accettare gli esiti di quella impostazione. Fermatevi, e facciamo finalmente una operazione nazionale sul sistema formativo, mobilitando le migliori competenze così come si fece ad esempio per la riforma del sistema sanitario nazionale, offrendo alle nuove generazioni e al Paese un assetto moderno, stabile e condiviso dell’istruzione e della ricerca.

Sanità, si a qualificazione e risanamento. Abbiamo eccellenze nell’organizzazione sanitaria in grado di indicare la strada per affrontare i buchi neri che pure abbiamo. Ma distruggere il sistema universalistico, no! I livelli essenziali di assistenza sono un cardine del sistema universalistico e vanno garantiti in modo universale.

Donne e diritti civili. Basta con gli stereotipi distruttivi sulla dignità della donna, serve rispetto e poi torniamo a vedere le condizioni reali di svantaggio e di disuguaglianza, di carico e di fatica. e non si può prescindere da una loro presenza e da un loro protagonismo nei luoghi di decisione. Servono regole di transizione o quote massicce e transitorie sia nei luoghi della politica e delle istituzioni sia in alcuni luoghi dell’economia e della società. Mostriamoci combattivi, così come stiamo facendo, contro razzismi di ogni genere e contro l’omofobia. Facendo leva sugli umanesimi forti che stanno nelle nostre radici e che ci consegnano l’idea di un uomo mai separabile dalla sua dignità e dalla sua libertà, stiamo in campo per l’umanizzazione delle conquiste della tecnica. Diciamolo con chiarezza: non può essere che metà del Paese decida come debba morire l’altra metà; non è possibile. Cerchiamo soluzioni umane e condivise.

Civismo, costi della politica evasione fiscale. Il civismo è il grande punto di attacco per le nostre politiche, la vera chiave di rapporto con la società civile, anzi la società civica. Civismo vuol dire innanzitutto sobrietà della politica senza antipolitica. Ci vuole una Maastricht sui costi della politica che ci metta nella media europea. Così come ci vuole una Maastricht della fedeltà fiscale con un percorso fatto di dissuasione e di incentivazione. Civismo è portare il merito dal cielo alla terra accettando e allestendo in ogni campo meccanismi credibili di valutazione; è rispetto per la sicurezza e per la vita umana nei luoghi di vita e di lavoro e soprattutto è legalità, la legalità dello Stato e non delle ronde, la legalità della lotta a tutte le mafie, la legalità di una giustizia civile finalmente riformata e funzionante.Qui, in questa riscossa civica che il Partito Democratico deve interpretare, metto anche il tema dell’unità del Paese.

Difendiamo e ricostruiamo l’unità d’Italia. Il blocco Lega-destra sta facendo passare l’idea che la politica non deve combattere il divario ma deve interpretarlo, rappresentarlo. Nella loro visione in realtà la prospettiva del federalismo è appunto questo e questo fa da copertura alla distruzione di ogni politica meridionalistica e alla rapina di ogni risorsa. Dobbiamo discuterne ma sono convinto che siamo i soli che possono dire le stesse cose a Varese e a Napoli e che possono legare il rinnovamento delle classi dirigenti a politiche meridionalistiche praticabili e davvero nuove nei contenuti. Sono convinto che abbiamo la forza e la capacità di farlo.

La libertà economica, il conflitto d’interessi. Se ci sono beni fondamentali che non intendiamo affidare al mercato,(salute, istruzione, sicurezza, diciamo anche che è tempo di una offensiva liberale per aprire mercati regolati in molti settori dell’economia oggi strozzati da sistemi relazionali, corporativi, monopolistici. Il cittadino-consumatore al centro e al centro la possibilità di iniziativa economica su basi di parità, a cominciare dai giovani! Facciamo uscire dalle nebbie il conflitto di interessi, fissandolo precisamente su due punti. Primo, le incompatibilità. Per esempio, chi è nella sostanza il concessionario non può fare anche il concedente. Secondo, norme contro le posizioni dominanti in tutte le articolazioni che l’evoluzione tecnologica ha portato nei sistemi di comunicazione e di informazione. Qui sta la sostanza del problema; su questo, in una società liberale va concentrata l’iniziativa.

Le politiche locali. Le nostre culture che hanno le loro originarie radici nella dimensione del territorio, le nostre culture hanno inventato l’urbanistica, gli asili nido, le aree artigianali, la sanità pubblica. Non hanno niente da imparare da chi il quindici anni di veramente nuovo ha inventato solo le ronde. Ma non possiamo cavarcela così. Dobbiamo portare a sintesi e a politicità le nostre esperienze locali sui nuovi temi di frontiera: la sicurezza, la mobilità, l’ambiente, l’immigrazione, l’integrazione, la rete sussidiaria delle risposte sociali. I nostri amministratori e in particolare le nuove generazioni dei nostri amministratori, devono essere messe in condizione di aiutarci a produrre un punto di vista, un orientamento nazionale riconoscibile ed identificabile sulle nuove politiche locali.

Chi siamo. Noi siamo il partito che pone la questione dell’alternativa di governo sapendo bene che il tempo della semina non è quello del raccolto ma sapendo altrettanto bene che in vista del raccolto la semina ha una certa importanza. Opposizione vuol dire opporsi e vuol dire anche lavorare visibilmente per offrire un’altra scelta ai cittadini elettori. Dobbiamo con il Congresso dare un messaggio chiaro e generoso verso l’esigenza di organizzare il campo dell’alternativa e chiediamo altrettanta generosità a tutte le altre forze dell’opposizione. Non siamo più nello scenario di frammentazione esasperata del sistema, la scelta di fare il Partito Democratico ha cambiato la situazione. Adesso abbiamo tre cose da fare: rinnovare e rafforzare noi stessi; riaprire il cantiere dell’Ulivo con movimenti politici e civici disposti ad un dialogo con noi; lavorare per un quadro ampio di alleanza politiche. Noi non vogliamo fare da soli né ci immaginiamo da soli nel futuro, chi pensasse di fare da solo lucrando qualcosa dalla divisione delle forze di opposizione se ne prenderebbe la responsabilità. Penso anzi che dobbiamo proporre già con il nostro Congresso ampie alleanze democratiche per le prossime elezioni regionali, ma giungiamo a questa politica di apertura con un profilo nostro, senza trattini o divisione dei compiti, con un nostro modo di rivolgerci a tutta l’area del centrosinistra e a quella parte dei ceti popolari che fino a qui hanno guardato a destra. Chi siamo? Bersani lo spiega con un profilo “sociale, civico e liberale, con la forma, il linguaggio e l’organizzazione di un grande partito popolare dei tempi moderni. Un partito che si rivolge con concretezza ai ceti popolari: lavoro, piccola impresa, famiglia, nuove generazioni. Che lavora per correggere i suoi difetti, un PD non di un uomo solo ma che vive come comunità di protagonisti, che accetta una disciplina liberamente condivisa, che lavora su un rinnovamento fatto non per via di simboli ma riconoscendo piuttosto le nuove forze che sono già in campo e aprendo loro la strada. Un partito che riconosce che non c’è politica senza pensiero e che riprende quindi in modo non occasionale un rapporto con le forze intellettuali. Un partito plurale, ma non in forma di coabitazione per quanto amichevole. Un partito che si costruisce come sintesi creativa fra antiche radici e nuove culture. Se dico sinistra, se dico popolarismo, se dico cattolicesimo democratico, se dico laicità, se dico civismo non sto parlando di correnti, sto parlando di materiali preziosi da amalgamare per costruire il nostro nuovo muro maestro così che le sensibilità e i punti di vista plurali non si balcanizzino e non siano esclusi dalla centralità di un impianto di cultura politica, da trasmettere alle nuove generazioni.

Il senso. “Invece di dire "futuro" ho detto "storia e senso" sperando che si capisse che intendevo appunto parlare di futuro. Di un futuro che non dimentichi tutti quelli che pronunciando le parole di cui noi facciamo facile uso: libertà, giustizia, democrazia, hanno pagato un prezzo ben più alto del nostro. Di un futuro che puoi affrontare se ti armi non di vuota retorica ma di un senso sicuro, stabile, convinto. Ho detto cento volte qual è per me il senso e lo ripeto qui: se ti metti dalla parte dei deboli, dei subordinati, di chi lavora, di chi produce puoi fare una società migliore per tutti. Questo è il senso che vi propongo, se non fosse vero questo, se non fosse razionale anche oggi e per il futuro guardare l’innovazione con gli occhi della giustizia e della libertà di tutti, noi non avremmo un mestiere. Invece è questo il nostro mestiere, la nostra ragione sociale, il nostro senso; quello per cui ci mettiamo in libera associazione, quello per cui diciamo a un giovane: vieni, cambiaci in meglio, combatti con noi!

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