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Autore Discussione: Fogar è sopravvissuto a un drammatico naufragio mentre Mancini è morto  (Letto 4754 volte)
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« inserito:: Agosto 30, 2009, 10:33:13 pm »

Fogar e Mancini

Lettere dalla zattera

Fogar è sopravvissuto a un drammatico naufragio mentre Mancini è morto

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«Mancini muore misteriosamente». «Fogar misteriosamente si salva».
Per anni le cronache di un drammatico naufragio hanno lasciato una scia di dubbi e di polemiche su uno dei protagonisti, Ambrogio Fogar, il sopravvissuto. Oggi due lettere dalla zattera che per 74 giorni, dal 19 gennaio al 2 aprile 1978, ha vagato nell’Oceano Atlantico in attesa dei soccorsi, raccontano le paure, le speranze e il coraggio dei due navigatori chiusi da settimane in un piccolo canotto.Ne ha parlato «Sfide», il programma tv di Simona Ercolani, e il Corriere ora le pubblica perché testimoniano il legame tra Mancini e Fogar, l’intensità di un’amicizia che ha resistito nei giorni drammatici del naufragio, quando nella zattera dovevano dividere l’aria, l’acqua e gli ulti­mi istanti di una vita che si stava esaurendo per mancanza di cibo.

Il «Surprise», la barca con la quale Fogar aveva fatto il giro del mondo, venne affondato nell’urto con un branco di orche. Le ricerche furono subito difficolto­se, si parlò di ritardi, forse di errori. Quando un mercantile li trovò, Fogar e Mancini erano due scheletri umani: avevano perso 40 chili. «Sono vivo, aspetta­mi », telegrafò Mancini alla moglie. Ma in poche ore la felicità si trasformò in un profondo dolore: aggredito dalla febbre, Mancini morì due giorni dopo.

Fogar in Italia venne messo sotto accusa. Ci fu anche un processo in tv, in una trasmissione di Maurizio Costanzo. «Per molti sono rimasto uno che nasconde verità opache», raccontava negli ultimi giorni di vita, parlando dei veleni che gli avevano spezzato il cuore. Il destino aveva costretto il navigatore solitario a vive­re paralizzato dopo un incidente in un raid nel deserto. «Pochi hanno capito che un pezzo della mia vita se n’è andato con Mancini», ripeteva. Tra quei pochi, Oriana Fallaci, con una lettera dopo il processo televisivo del 1978, di cui pubbli­chiamo uno stralcio, insieme a quei messaggi dalla zattera che ora dissolvono dubbi e sospetti su quella drammatica avventura.


30 agosto 2009


Fogar alla madre
Scusa l’ambizione e l’egoismo Proteggi mia figlia dalla vita

”Ad Alma Fogar, Milano

Mamma, mammotta, madre mia, in che guaio mi sono cacciato! Sono pieno di desolazione nel dirti che questa volta il prezzo della mia ambizione ed egoismo è probabilmente il più alto possibile. E sono pieno di delusione e amarezza per non aver voluto vivere come sapevo essere giusto: vicino alla mia Maria Teresa, che amo, e vicino a quel fiorellino che Dio mi aveva regalato! Perdonami, madre, anche per quel troppo poco che nella vita ti ho dato, a confronto del tutto che ti ho preso: perdonami, ma non essere troppo triste.

Adesso ti dico perché.

Per prima cosa tu hai il dovere di continuare ad essere il capo della nostra famiglia e quindi anche il punto di riferimento della piccola Margherita: sei la sua unica nonna e devi proteggerla dalla vita, come hai fatto con noi quattro e come non ho saputo fare io: promettimelo, ti prego!

Per seconda cosa devi continuare a batterti per realizzare la casa a Bognanco: ho scritto sia a Pupa che a Rita che a Maria Teresa perché si trovi ugualmente la soluzione. È una cosa a cui tengo molto: Bognanco è dove tutti abbiamo cominciato un po’ la vita e deve sopravvivere oltre al nostro ricordo, anche per i nostri figli: sei d'accordo, vero?

Per terza cosa non devi essere triste perché in queste tre settimane che sono attaccato alla zattera di salvataggio (Surprise è andato a fondo il 19 gennaio, attaccato e sfondato da un branco di orche), ad aspettare un ormai improbabile aiuto, mi sono spesso, anzi sempre più spesso incontrato con l’idea di Dio.

Sto trovando una grande serenità, e pur pregando e sperando di poter tornare a casa, sono pronto ad andare a raggiungere papà, che ho sognato anche questa notte. Ho sognato anche te, madre e mammotta, con la tenerezza e il rimpianto di non poterti più raggiungere. Ma se è vero che i sogni una volta detti non si avverano più, allora ti consegnerò a mano questa lettera, prima di entrare nella nostra bella casetta a Bognanco, e ti abbraccerò a lungo: capirai quanto sono cambiato, questa volta davvero, e sarai finalmente e completamente fiera di tuo figlio, non solo perché ha fatto il giro del mondo. Arrivederci, mammotta e grazie.

Tuo figlio. Ambrogio

N.B. Salutami tutti quelli che conosco, ma soprattutto l’Achille, al quale non ho avuto tempo di far capire che è una delle persone più degne e più umane che abbia incontrato. Un bacio.

Stai vicino a Maria Teresa, ti prego!


30 agosto 2009


Mancini alla moglie
Non è stato un errore umano Ambrogio è un uomo buono

”A Roberta Vigna Mancini, Firenze

Tesoro mio, ho vissuto questi lunghissimi giorni di agonia con il tuo nome, sempre ripetuto e pensato.

Scusa del dolore che ti dò. Ma non è dipeso da errore umano. Stavamo anzi tornando indietro perché la barca aveva sofferto qualche piccola avaria. Eravamo a 4 giorni di vela da Rio de la Plata quando un branco di orche o balene ci ha attaccato affondando il Surprise in 4 minuti. Ci siamo gettati sul battello di gomma e sulla zattera autogonfiabile con pochissima roba da mangiare. Era la mattina di giovedì 19 gennaio e adesso sono 3 settimane che stiamo vagando per l’oceano senza che nessuno abbia potuto e saputo cercarci. Oggi siamo a circa 270 miglia a sud di Rio de la Plata! Ambrogio Fogar è uomo coraggioso, equilibrato, buono. Ci siamo fatti compagnia con grande fermezza d’animo e questo è già qualcosa.

A te Roby mio unico grande bene voglio dire una cosa: vivi la vita, in ogni istante perché non vi è regalo più grande. Io lo capisco appieno, soltanto ora che la sto perdendo. Ma vivila nel dialogo, facendo posto anche agli altri. Non mi ricordare troppo. Sono stati 14 anni belli i nostri, e equilibrati. Dal punto di vista finanziario sto abbastanza tranquillo. Con la liquidazione pagherai la casa poi venderai il Quoziente, poi avrai la pensione. Ho scritto a Sensini che ti aiuterà, rivolgiti a lui con fiducia perché avrai qualche mese duro davanti. Addio mia impareggiabile Roberta che aveva molte più ragioni di quante io non gliene dessi! Chiedo perdono ai tuoi genitori e a tutti gli altri di famiglia.

Per sempre tuo, Mauro
30 agosto 2009© RIPRODUZIONE RISERVATA



E la Fallaci gli scrisse: mi fido di te

Caro Fogar, ti ho visto in tv e voglio dirti che se davvero un giorno ti servisse un compagno di viaggio che fuma moltissimo, nuota malissimo, soffre il mal di mare, ne teme le tempeste più di un combattimento a Dag-tu, più di una missione con l’A37 a Khe-san, però sa nascondere la paura con tale abilità che gli sciocchi dico­no che-coraggio-quella-lì, ti accompagno. Con la barca di legno, non di ferro, per­ché mi fido totalmente di te. E va da sé che questa sarebbe, in ogni senso, la più temeraria, la più suicida delle tue imprese.


Oriana Fallaci
30 agosto 2009© RIPRODUZIONE RISERVATA


Il relitto dimenticato da Milano è in cerca di un museo
I due metri in gomma cerata ormai sono ridotti a cartavelina. In un capannone in attesa di restauro

MILANO — Eccola lì, la zattera. Quel che ne resta. Perché nella penombra della stanza, in re­altà, adesso c’è soprattutto un gran silenzio. Ma davvero basta socchiudere un po’ gli occhi da­vanti a quei due metri quadri di gomma cerata per vedere tutto come in un film: l’oceano fino all’orizzonte e due uomini alla deriva per 74 gior­ni, con un po’ di zucchero e pancetta e basta, an­zi no, a un certo punto anche quel cormorano ammazzato a pagaiate poi centellinato al gram­mo, e ancora vento, e onde, e ancora solo quel metro a testa di zattera cui restare aggrappati, e da mantenere a galla rigonfiandolo ogni giorno, con la forza della disperazione, finché appare quella nave greca, e con lei la salvezza, no, solo mezza, perché uno di quei due ormai è allo stre­mo, muore appena dopo aver detto «ce l’ho fat­ta » .

Quando riapri gli occhi le immagini svanisco­no: il naufragio di Ambrogio Fogar e del suo ami­co giornalista Mauro Mancini, quelli del Surprise affondato il 19 gennaio ’78 tra Mar del Plata e le Falkland, è fi­nito e loro non ci sono più. Solo la deriva della loro zattera con­tinua: dopo tanti anni, ridot­ta a un relitto, nessuno la vuole nonostante la sua sto­ria. «Possibile — dice Eolo Pratella, amico storico di Fogar — che non ci siano un museo o un’istituzione interessati a conservarla?».

Il primo approdo del bat­tello, una volta rispedito in Italia dopo il naufragio, è la ca­sa di Benito Bartolucci, radioa­matore di Fucecchio divenuto ami­co di Fogar dopo il suo primo giro in­torno al mondo. Ma alla morte di Barto­lucci la zattera perde gli ormeggi di nuovo. Pra­tella, ex presidente della Lega Navale, capisce che la gomma non è fatta per resistere al tempo e che serve un restauro. Si rivolge alla ditta fran­cese leader del settore, poi a una sua filiale italia­na, ma senza risultato. Nel frattempo riesce a far­la esporre per un po’ al Museo dello Stadio di Milano, poi all’Acquario civico comunale. «Mi sembrerebbe così ovvio — ripete — che la Mila­no di Fogar le trovasse uno spazio...». Bussa al Museo della Scienza e della Tecnica: ma gli ri­spondono picche. «Forse alla piscina Cozzi», gli dicono. Ma possibile, nell’atrio di una piscina?

Quando la zattera è ormai cartavelina, pochi mesi fa, il colpo di fortuna: a Binasco, nelle cam­pagne a sud di Milano, spunta uno che accetta di metterci mano. Si chiama Pippo Puricelli, è un esperto di nautica: «La sistemerò», promette a Pratella. Che intanto ha contattato il Museo del Mare a Genova. Sperando di trovare finalmente un porto.

Paolo Foschini
30 agosto 2009© RIPRODUZIONE RISERVATA
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