LA SVIZZERA E IL SEGRETO BANCARIO
Un successo americano
Gli Stati Uniti fanno sul serio. Nel momento in cui la cittadinanza soffre, colpita dalla recessione, il governo persegue l’evasione fiscale con un’energia sconosciuta all’Italia e all’Europa. Non si limita alla retorica contro i paradisi fiscali, ma attacca una grande banca internazionale perché, come ogni buon fiscalista sa, non c’è paradiso fiscale senza la collusione dell’aristocrazia bancaria globale.
Il Dipartimento della Giustizia vuole i nomi degli americani che hanno depositato i loro denari — si parla di attività per 15 miliardi di dollari — in 52 mila conti correnti aperti presso la Ubs, gestiti in paradisi fiscali e coperti dal segreto bancario svizzero. L’amministrazione finanziaria di Washington sospetta che quelle ricchezze siano state ottenute anche evadendo le tasse. Ma la legge svizzera autorizza le banche residenti nella Confederazione a rivelare identità e interessi dei clienti solo a fronte di richieste che indichino il nome dell’indagato e un reato che, come il riciclaggio o la falsificazione dei documenti contabili, sia compreso tra quelli per i quali va prestata tale collaborazione. L’evasione fiscale ai danni di un erario straniero non fa parte della lista. Ma certi segreti bisogna poterseli permettere. E la Svizzera oggi se li può permettere meno di ieri.
Quando favorisci la crescita di una enorme piovra bancaria con tentacoli estesi in tutto il mondo e attività pari a 4 volte il prodotto interno lordo del Paese, poi capita che la crisi di una Ubs rischi di mandare a picco la Svizzera. E allora i soccorsi costano potere. Per salvare Ubs dall’indigestione di titoli tossici denominati in dollari, ha avuto bisogno della Federal Reserve. La Banca centrale svizzera ha dato alla Fed franchi in cambio dei 60 miliardi di dollari con i quali ha comprato dalla Ubs i titoli spazzatura che la stavano soffocando. E ora l’America di Obama, che non è più quella deregolata dei Bush e di Clinton, chiede il conto. Di più, se Berna non avesse liberato gli gnomi di Zurigo dalle dorate catene dei loro segreti, il governo americano avrebbe potuto togliere a Ubs la licenza per operare a Wall Street.
La Svizzera, dunque, sembra piegarsi. Di quanto ancora non si sa. La banca e il governo elvetico rischiano cause da parte dei clienti. Si parla di alcune migliaia di nomi svelati. Non tutti quelli richiesti, dunque. Ma forse abbastanza per incrinare davvero il segreto bancario sull’evasione fiscale. La Svizzera rinuncia così a una quota di sovranità. Ma di questa rinuncia aveva posto le basi lasciando crescere un colosso non più governabile da un piccolo Paese.
Il successo americano potrebbe incoraggiare l’Italia dello scudo fiscale a chiedere all’Europa una politica coerente con tutte le Ubs del mondo. E intanto pretendere dalle banche che hanno sedi nelle varie Cayman Islands i nomi dei beneficiari dei conti sospettabili da parte dell’Agenzia delle entrate, pena il ritiro della licenza bancaria nel Belpaese.
mmucchetti@corriere.it Massimo Mucchetti
13 agosto 2009
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