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Autore Discussione: Ecclestone consiglia: frega Briatore (che gentaglia. ndad)  (Letto 2732 volte)
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« inserito:: Settembre 18, 2009, 11:50:33 am »

I verbali

Ecclestone consiglia: frega Briatore

Papà Piquet: «Mosley mi disse: non ci sono le prove, a meno che...»


È il 17 agosto 2009. Londra, uffici dell’agenzia investigativa Quest che opera per la Fia. Nelson Piquet senior viene interrogato da Martin Smith, e Jake Marsh. L'interrogatorio dura poco meno di un'ora. Una lunga conversazione tenuta sino ad oggi segreta, a differenza di altre. Il motivo sta forse in alcune dichiarazioni dello stesso Nelson il quale afferma di aver denunciato i fatti di Singapore al braccio destro di Mosley, Charlie Whiting, alla vigilia del Gran Premio del Brasile dello scorso anno. Whiting gli rispose che «non si poteva provare nulla». Non contento, Piquet dichiara di aver raccontato tutto a Bernie Ecclestone in Ungheria alla vigilia dell'ultima gara di Nelsinho con la Renault, lo scorso agosto: «Gli dissi: cosa devo fare? Bernie rispose: fottilo» intendendo ovviamente Flavio Briatore. Ancora, Piquet riferisce di aver detto tutto anche a Mosley. Risposta del presidente Fia: «Charlie (Whiting) mi ha già informato ma non possiamo provare nulla a meno che non arrivi qualcuno a dirmi come stanno i fatti».

Ora, qualche conto non torna. Non spetta a noi giudicare se ci fu frode sportiva o meno a Singapore ma affiorano molti elementi per ipotizzare che la ricerca della verità sia ampiamente subordinata ad altro. Qualche dato: il GP Singapore venne disputato il 28 settembre 2008. Due giorni più tardi (il 30) scadeva l'opzione di Nelsinho Piquet per il 2009, opzione che Briatore non rinnovò nonostante il supposto debito con un pilota che aveva appena sbattuto contro un muro «per la squadra». La delazione a Whiting avviene in Brasile, tra il 30 ottobre e l'1 novembre 2008. Il 2 novembre Briatore rinnova il contratto di Nelsinho riducendo il compenso da 1,5 milioni di dollari a 1 milione con possibilità di taglio in base alle prestazioni. Il che non quadra con l’incombenza di un possibile ricatto e nemmeno con la nota astuzia di un «ricattabile» Briatore.

La Fia è a conoscenza della cosa da 10 mesi. Eppure l’inchiesta è scattata solo questa estate. Con un avvertimento minaccioso e palese: la squalifica di una gara inflitta alla Renault per una ruota fissata male a Budapest. Squalifica tolta in appello. Un appello al quale i giudici di gara ungheresi non si sono nemmeno presentati. Per intenderci, la molla persa dalla Brawn di Barrichello che ha ferito Massa in Ungheria non ha prodotto alcuna azione federale. Zero. Dunque, viene da chiedere, intesi i rapporti che intercorrono tra Mosley, Ecclestone e Briatore, con quali finalità questa inchiesta sta andando in porto. Briatore si è tolto dalla scena, ma una risposta alla domanda viene soprattutto dal comunicato Renault di due giorni fa. Nel quale la casa francese, in pratica, rinuncia a difendersi, ammette la colpa. Il tutto nonostante le trascrizioni delle comunicazioni radio smentiscano Piquet jr. (il quale chiede una sola volta a che punto è la corsa e non più volte come afferma) e non rilevino alcuna responsabilità del manager italiano.

La paura assoluta e manifesta della Renault si basa sulla convinzione di non trovarsi di fronte ad un normale tribunale ma a una giuria (il Consiglio mondiale della Fia) che agisce secondo criteri propri, connessi alla volontà del proprio vertice. Vale a dire Mosley. Quindi cosa accadde davvero a Singapore diventa un tema strumentale. Lo è già diventato prima del processo. Briatore è fuori. La Renault si è già dichiarata colpevole, mentre, in contemporanea, attacca e denuncia i Piquet davanti a un vero tribunale, quello dello Stato francese. In pratica la Renault è consapevole di non poter essere giudicata dal tribunale Fia in base ai fatti. Piuttosto, sembra chiedere clemenza all’onnipotente sovrano.

Giorgio Terruzzi
17 settembre 2009(ultima modifica: 18 settembre 2009)© RIPRODUZIONE RISERVATA
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