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Autore Discussione: Tangenti in Nigeria, c'è un superteste nel gruppo Eni  (Letto 2159 volte)
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« inserito:: Luglio 19, 2009, 11:00:32 pm »

L'inchiesta

Tangenti in Nigeria, c'è un superteste nel gruppo Eni

Il caso degli appalti del gas, ex manager Snamprogetti: «Così si aggirava il codice anti-corruzione»


MILANO - Dopo il ciclone Mani pulite del 1992-1993, ancora gli stessi sistemi corruttivi per un altro decennio, almeno dal 1995 al 2004 negli appalti sul gas nigeriano: soltanto, appena più sofisticati. Con l'aggiramento, da parte di società del gruppo Eni, del codice etico anti-tangenti che il colosso dell'energia si era dato proprio per voltare pagina con la gestione tangentizia degli «intermediari» scoperta da Mani pulite. E' la severa accusa che la Procura di Milano muove nel decreto di perquisizione eseguita venerdì da Guardia di Finanza e Polizia nell'«area commerciale» e nell'«audit» dell'ex Snamprogetti (oggi incorporata in Saipem), partecipe al 25% del consorzio Tskj (con i francesi di Technip, gli americani di Kbr-Halliburton, e i giapponesi di Jgc) negli appalti da 6 miliardi di dollari per sei enormi impianti di estrazione e stoccaggio del gas liquefatto del giacimento nigeriano di Bonny Island. Ed è fondata, oltre che sui parzialmente noti atti dell'inchiesta americana conclusa con 7 anni di pena patteggiata dall'amministratore di Kbr, sull'inedito racconto che appena un mese fa dall'interno del gruppo Eni ha cominciato a fare ai pm milanesi un superteste: un ex manager di Snamprogetti, interrogato in giugno per tre volte nell'inchiesta che ipotizza «corruzione internazionale» nella quota italiana di tangenti a politici nigeriani pagate dal consorzio multinazionale Tskj per 180 milioni di dollari. Il nome del teste è mantenuto «coperto» dagli inquirenti, ma stralci d'interrogatorio sono riportati nella motivazione del decreto di perquisizione. E' dunque anche su questa base che i pm Fabio De Pasquale e Sergio Spadaro considerano «che i comportamenti tenuti dai rappresentanti della Snamprogetti nel 1995-2004 appaiono improntati a deliberata elusione del codice etico che Eni aveva adottato dopo le vicende emerse all'inizio degli anni '90, consistite nella creazione di fondi neri da parte delle società Snamprogetti e Saipem, utilizzati allo scopo di pagare provvigioni a intermediari all'estero» che facessero l'ultimo miglio del lavoro sporco, e cioè si incaricassero di smistare le tangenti ai destinatari di turno.

In Nigeria, Snmprogetti non operava direttamente: partecipava al consorzio Tskj, il cui comitato direttivo decideva quali «consulenti» (la Lng Servicoes nel paradiso fiscale portoghese di Madeira) individuare e finanziare, con soldi che poi l'entità portoghese a sua volta intermediava verso una società di Gibilterra (gestita dall'arrestato avvocato inglese Jeffrey Tesler) e una giapponese, penultime tappe del giro dell'oca delle tangenti fino ai destinatari nigeriani (dal presidente della Repubblica al ministro del Petrolio). Ed è qui che il teste dei pm spiega: «Il contratto con l'intermediario avrebbe dovuto essere approvato dal consiglio di amministrazione Eni o forse Snamprogetti», perché dopo Mani pulite l'Eni si era dato un «codice etico» che, «ripudiando pratiche di corruzione dirette o attraverso terzi per influenzare rappresentanti di governi o dipendenti pubblici», imponeva il passaggio in cda di tutto ciò che attiene ai delicati rapporti all'estero con «intermediari» e «consulenti». Ma «questo problema fu evitato perché il rapporto con gli intermediari non era in capo alle singole società del consorzio, ma a una società partecipata dalla joint venture, la cosiddetta Madeira 3».

A quel punto, per il via libera alle tangenti stanziate dal consorzio a beneficio dei famelici militari nigeriani, bastava la tacita e strategica assenza italiana nei momenti delle decisioni comunque approvate dall'esplicito sì del restante 75%: «In questo atteggiamento complessivamente defilato — aggiunge infatti l'ex manager —, rientra anche l'indicazione che venne data dalla direzione Snamprogetti di non partecipare alle delibere della Lng Servicoes quando era all'ordine del giorno il rilascio di una procura per la stipulazione dei contratti con Tesler o Marubene», i primi due intermediari dei soldi poi utilizzati per lo smistamento delle tangenti. E ad aprire nuove prospettive all'inchiesta milanese, che allo stato ha come indagati due ex manager di Snamprogetti e che ha solo 12 giorni di tempo per non far prescrivere l'eventuale responsabilità amministrativa della società sul contratto firmato il 31 luglio 2004 per il sesto impianto, sono le ultime righe dello stralcio d'interrogatorio che i pm hanno scelto di svelare: «Mi è stato comunicato nel corso della mia attività presso il consorzio — dice infatti il teste — che tutte queste indicazioni, in ordine al fatto di tenere un atteggiamento defilato, venivano dal top management».

Luigi Ferrarella
lferrarella@corriere.it

Giuseppe Guastella gguastella@corriere.it

19 luglio 2009
da corriere.it
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