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Autore Discussione: Cristina Castagna, "Se accade qualcosa lasciatemi in montagna"  (Letto 4266 volte)
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« inserito:: Luglio 20, 2009, 03:15:58 pm »

Cristina Castagna, 31 anni, infermiera all'ospedale di Vicenza, si trovava con il suo compagno


Aveva iniziato la discesa del Broad Peak, dodicesima vetta più alta nel mondo

Alpinista italiana esperta di 8mila precipita e muore su K3 in Pakistan

Prima di partire aveva lasciato un biglietto: "Se accade qualcosa lasciatemi in montagna"

 
VICENZA - Aveva appena conquistato il Broad Peak quando è precipitata in un crepaccio, davanti agli occhi del suo compagno che non ha potuto fare nulla per salvarla.
Cristina Castagna, 31 anni, tra le più promettenti alpiniste italiane, è morta precipitando per decine di metri sul Broad Peak, noto come K3, montagna di oltre 8mila metri nella catena del Karakorum in Pakistan. Lo riferisce oggi il Giornale di Vicenza, la città dove la giovane lavorava come infermiera al pronto soccorso dell'ospedale San Bortolo.

E' stato proprio il suo compagno, l'alpinista italiano Gianpaolo Casarotto, anche lui vicentino, a dare la notizia. A casa i familiari hanno trovato un biglietto dove Cristina, prima della partenza, aveva lasciato scritto di suo pugno: "Se mi succederà qualcosa lasciatemi dove la montagna mi ha chiamato a sé".

La giovane ma esperta alpinista, soprannominata "el Grio", il grillo - che era anche il nome che aveva dato al suo sito - aveva appena conquistato la vetta e stava scendendo dal Broad Peak (8.047 metri), conosciuto come K3, dodicesima montagna più alta del pianeta. Il suo programma prevedeva, dopo il Broad Peak, di scalare successivamente il Gasherbrum I (8.068 metri).

All'attivo aveva già quattro cime sopra gli ottomila metri: lo Shisha Pangma conquistato nel 2004, al Gasherbrum II (2005), al Dhaulagiri (2007) e al Makalu (2008), prima donna italiana ad arrivare in vetta.

Sul suo sito El Grio ha raccontato la sua passione e le sue conquiste, con diari di viaggio, video e foto. Per questa ultima avventura a Gashembrum1(metri 8080) e Broad Peak (metri 8047) l'ultimo messaggio risale al 16 luglio quando si registravano "problemi con il collegamento telefonico alla nostra spedizione in Pakistan". Pochi giorni prima, il 12 luglio, Cristina scriveva: "Ciao a tutti sono El Grio dal campo base del K2 (...) Io e Gandalf il 6 e 7 Luglio abbiamo passato un po' di tempo al Campo 2 a 6300 metri. Dopo le nevicate è arrivato il vento molto forte 100 km/h a 8000 metri, sembra quindi difficile al momento salire, speriamo che nei prossimi giorni cali, ci sono buone speranze che questo accada. Noi non ci arrendiamo di certo abbiamo ancora un po' di tempo e la pazienza non manca. Chi l'ha dura la vince. La Cima è li che ci guarda severa e ci fa capire ancora una volta che non esistono 8000 semplici esistono solo condizioni più o meno buone per la scalata. Un bacio a tutti dal Grio e grazie a tutti gli Angeli che mi aspettano a casa".

(20 luglio 2009)
da repubblica.it
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« Risposta #1 inserito:: Luglio 21, 2009, 11:06:28 pm »

21/7/2009
 
Le ultime parole d'amore
 
 
ALBERTO PAPUZZI
 
Poche righe per una dichiarazione di fedeltà: «Se mi succederà qualcosa lasciatemi dove la montagna mi ha chiamato a sé». È il biglietto scritto dall’alpinista vicentina Cristina Castagna.

Lo aveva lasciato prima della partenza per il Karakorum e della salita del Broad Peak. Nella storia dell’alpinismo non era ancora mai accaduto, per quanto se ne sappia, che uno scalatore immaginasse la propria morte e chiedesse di restare con la montagna e nella montagna. Lo ha fatto questa ragazza trentunenne, infermiera di professione, soprannominata Grillo, passata con successo dal free climbing e dalle gare di arrampicata alle imprese in alta quota e alla conquista degli ottomila metri. Tuttavia la sua testimonianza di fedeltà a cime e pareti appartiene in realtà a una lunga tradizione che attraversa la storia moderna dell’alpinismo, da Paul Preuss, caso insuperato, alla Scuola di Monaco negli Anni Trenta a Domenico Rudatis, filosofo e ideologo della competizione sulla roccia. Il biglietto di Cristina rimodella con una sorta di spirito fanciullesco la cultura dell’alpinismo romantico e solitario, adattandolo ai tempi della comunicazione e dei siti Web.

Punto d’arrivo probabilmente insuperato dell’idea di scalare come competizione con noi stessi e viaggio nell’inconscio, autore di 1200 ascensioni di cui 300 in solitaria, Preuss predicava agli inizi del Novecento un’etica così severa delle scalate che rifiutava i chiodi e persino la corda, perché si deve diventare quasi parte della roccia. E cosa scrive l’alpinista vicentina? Che la montagna l’ha chiamata a sé, che morendo ne diventa parte. Nella stessa chiave si può leggere l’amore per il rischio, la sfida mortale che erano le fondamenta della Scuola di Monaco, che ebbe il suo straordinario leader in Emil Solleder, il quale incarnava la tipologia dell’alpinista tedesco dell’epoca nell’eco più che vistosa dello «Sturm und Drang». In questa breccia il veneziano Rudatis mise a punto un caleidoscopio dell’alpinismo in cui giocavano le filosofie orientali, Nietzsche e i Maya: il record sportivo, la prestazione atletica passavano allora in secondo piano per scoprire nella scalata il superamento dei propri limiti in un’inedita dimensione di libertà.

Nelle parole che compongono il testamento alpinistico di Cristina Castagna c’è in verità un’aria più lieve e tenera, ma il punto resta la dedizione totale che la montagna richiede a certi livelli e i significati che questa dedizione assume nell’immaginario degli alpinisti. Non si può non ricordare la figura di un grande ma eccentrico scalatore torinese, Gian Piero Motti, vero intellettuale dell’alpinismo, che vedeva nell’arrampicata una via d’uscita dalle quotidianità esistenziali verso altri possibili mondi. In nome dei quali Motti si uccise nel 1983 su una strada di montagna delle Valli di Lanzo. Agli alpinisti della sua generazione aveva dedicato il saggio I falliti.

Se mai si può notare come le concezioni eroiche s’infrangano in incidenti banali. Cristina Castagna, già vincitrice di quattro ottomila, scendeva dal Broad Peak felice, una ragazza allegra che stava coronando i suoi sogni, quando è scivolata in un crepaccio, senza speranza di salvezza. Lo stesso destino era capitato nell’estate del 1986 nella discesa dal K2 a un altro fortissimo scalatore vicentino, Renato Casarotto: dal campo base lo videro scendere di corsa sulla neve e improvvisamente scomparire. Il gioco magnifico dell’alpinismo sviluppa forme estreme, si pensi alle solitarie senza corda, senza nulla, ma la montagna continua a uccidere tradizionalmente.

 
da lastampa.it
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