LA-U dell'OLIVO
Novembre 23, 2024, 10:37:25 pm *
Benvenuto! Accedi o registrati.

Accesso con nome utente, password e durata della sessione
Notizie:
 
   Home   Guida Ricerca Agenda Accedi Registrati  
Pagine: [1]
  Stampa  
Autore Discussione: «Gli Usa non sono più intransigenti Con Obama soluzioni possibili»  (Letto 2314 volte)
Admin
Utente non iscritto
« inserito:: Luglio 05, 2009, 06:00:07 pm »

l'INTERVISTA

«Gli Usa non sono più intransigenti Con Obama soluzioni possibili»

Il presidente Medvedev: «La Nord Corea ci preoccupa più dell'Iran»


MOSCA — Alla vigilia della visita di Barack Obama in Russia e del G8 dell'Aquila, il presidente Dmitrij Medvedev ha accettato di rispondere alle domande del Corriere nella sua dacia di Barvikha, alle porte della capitale.

Signor Presidente, il pulsante «reset» proposto dagli Stati Uniti ha funzionato? «I nostri rapporti con Washington hanno in effetti avuto una nuova partenza. Con la precedente Amministrazione le relazioni personali tra i leader erano calorose, mentre il confronto politico doveva fare i conti con numerosi dissensi. Oggi è diverso. Ho parlato da poco al telefono con Obama della riduzione dei nostri armamenti strategici offensivi. Ma durante il nostro incontro affronteremo anche altri temi come le crisi regionali e la congiuntura economica mondiale. Io sono moderatamente ottimista e, da quello che ho colto nella conversazione, penso che lo sia anche lui. Vedremo come andranno i colloqui; in ogni caso ci conosceremo meglio, e questo è importante per tutto il mondo».

L'accordo sugli arsenali nucleari sarà possibile anche senza un'intesa che riguardi lo scudo anti-balistico che incontra l'opposizione della Russia? Questo vuol dire che gli Stati Uniti devono rinunciare completamente al loro progetto? «No, credo che i due temi siano interdipendenti perché non si può discutere di missili offensivi senza parlare di quelli difensivi. La nostra opposizione allo "scudo" in Repubblica Ceca e in Polonia non è un mistero. La precedente Amministrazione Usa su questo era intransigente, mentre quella attuale è disposta a discutere».


Questo vuol dire che gli Stati Uniti devono rinunciare completamente al loro progetto?... «Credo che saremo capaci di trovare una soluzione ragionevole. Non è assolutamente necessario cancellare tutte le decisioni prese in precedenza. Basta dare prova di moderazione. Noi non siamo contrari a sviluppare questi strumenti di difesa, ma crediamo non debba trattarsi di iniziative unilaterali dirette contro una parte disponibile al dialogo come la Russia. Se proprio vogliamo parlare di una difesa anti-missilistica, allora ci vuole un sistema globale capace di far fronte a tutte le minacce reali».

Gli americani sostengono che lo «scudo» serva soprattutto a fermare eventuali missili iraniani. Ma la Russia, anche dopo gli ultimi tragici fatti post-elettorali, viene considerata troppo morbida verso Teheran... «L'Iran è un nostro importante partner; abbiamo rapporti economici rilevanti e dobbiamo anche affrontare una serie di sfide comuni, come il traffico di droga e il terrorismo. Sul programma nucleare iraniano abbiamo la stessa posizione delle altre potenze: è lecito soltanto l'uso civile sotto il controllo dell'Agenzia atomica. E quanto ai disordini scoppiati dopo le elezioni, credo che gli iraniani debbano risolvere da soli i loro problemi interni. Quello che conta per noi è che l'Iran sia un Paese stabile».

Perché con la Corea del Nord il Cremlino è più severo? «Pyongyang ci preoccupa di più perché non ha alcun dialogo con il resto del mondo. Dispone di vettori a medio e lungo raggio, ed esiste il pericolo che le passioni possano far crescere la tensione con la Corea del Sud, il Giappone, la Cina e la Russia». Che intende per passioni? «Mi riferisco alle dichiarazioni bellicose di questi ultimi tempi». E Ahmadinejad non le sembra altrettanto bellicoso? «Iran e Corea del Nord sono casi diversi. Del resto Obama tende la mano all'Iran e noi appoggiamo la sua linea. Sanzioni supplementari contro Teheran non sarebbero produttive e potrebbero anzi complicare la situazione».

Cosa si aspetta dal G8 dell'Aquila? «In Italia dovremo occuparci soprattutto della crisi economica, ma sul tavolo ci sono anche altri temi importantissimi, come la difesa dell'ambiente, gli aiuti ai Paesi poveri e le crisi regionali». Molti dicono che Berlusconi è il difensore della Russia. Lo considerate il vostro «avvocato»? «Che vuol dire avvocato? Non siamo in tribunale e non abbiamo ingaggiato alcun avvocato difensore. È vero che abbiamo rapporti di particolare amicizia. Discutiamo spesso assieme le questioni internazionali; ci siamo sentiti al telefono recentemente e abbiamo parlato di come far ripartire il dialogo tra Russia e Nato. Il presidente del Consiglio ha detto di voler rilanciare lo spirito di Pratica di Mare e io credo che abbia ragione. Noi sosteniamo pienamente le idee e le iniziative che il premier italiano periodicamente suggerisce con la brillantezza che gli è propria».

Berlusconi può essere il mediatore giusto tra Russia e America? «Noi contiamo sul suo aiuto e sul suo sostegno di amico. Ma questo non vuol dire che comunichiamo con gli altri Paesi attraverso l'Italia e il capo del suo governo».

Al G8 parlerete delle riforme necessarie per evitare una nuova crisi globale? «Si tratta di cambiare l'architettura finanziaria internazionale. Ne abbiamo discusso al G20 di Londra, ora lo faremo al G8 e poi di nuovo al G20 di Pittsburgh. Dobbiamo passare dalle parole ai fatti. Servono nuovi standard finanziari globali e ci vuole una riforma delle Organizzazioni internazionali a cominciare dal Fondo Monetario al quale sono stati affidati 1.100 miliardi di dollari».

La Russia suggerirà anche di ricorrere a nuove monete di riserva? «Il sistema attuale basato su dollaro ed euro ha dei difetti. Mi rendo conto che non è realistico pensare oggi a un'alternativa, ma in futuro serviranno altre valute di riserva stabili. Due o anche tre monete mondiali non sono più sufficienti, ci vogliono valute di riserva regionali. A più lungo termine occorrerà pensare anche a una sola unità di pagamento quali sono i Diritti Speciali di Prelievo del Fondo Monetario Internazionale. Non possiamo essere tutti ostaggi della situazione economica di un solo Paese, come accade oggi con gli Stati Uniti».

Lei e il primo ministro Vladimir Putin avete le stesse idee su come uscire dalla crisi? «Le misure prese dal governo su mia indicazione stanno dando dei frutti. Naturalmente non tutto ci soddisfa e attueremo delle correzioni di rotta. Io seguo attentamente quello che fa l'esecutivo e se arrivo alla conclusione che in alcuni casi agisce troppo lentamente, lo dico apertamente. Questo è del tutto normale».

E i suoi rapporti personali con Putin? «I nostri rapporti sono eccellenti e ci parliamo continuamente. Ci conosciamo da vent'anni. Abbiamo relazioni di lavoro cameratesche anche se legate alle rispettive cariche. Io prendo tutte le decisioni strategiche interne e internazionali; lui ha il compito di organizzare il funzionamento dell'economia. E in questo momento si tratta di un ruolo molto difficile».

Anche la guerra alla corruzione che lei ha promesso non è facile... «Il livello raggiunto in Russia è altissimo e noi dobbiamo fare di tutto per modificare la situazione. Abbiamo preso varie iniziative, come la pubblicazione dei redditi di tutti i funzionari pubblici e dei loro familiari, e questo è solo l'inizio».

A livello internazionale c'è preoccupazione anche per lo stato della giustizia. Il caso Khodorkovskij ne è un esempio. «Ogni vicenda ha la sua storia. Se parliamo dei problemi che riguardano il business, non mancano i processi in altri Paesi. Lì ci sono sanzioni assai pesanti. Ad alcuni imprenditori vengono inflitte pene fino a 150 anni, come è accaduto negli Usa, e questo non suscita scandalo».

Ma lei pensa che il caso Madoff negli Stati Uniti e il caso Khodorkovskij in Russia siano simili? Nella comunità internazionale molti credono che nel processo all'ex patron della Yukos esistano motivazioni politiche... «Io la vedo in maniera diversa: da un punto di vista puramente giuridico, il presidente non può fare altro. Khodorkovskij e alcuni altri imprenditori sono stati condannati in tribunale, non si è trattato di provvedimenti politici».

Khodorkovskij potrà ottenere la grazia? «La nostra procedura è precisa: chi vuole si rivolge al presidente, si riconosce colpevole e chiede l'atto di clemenza».

Darete una mano agli americani in Afghanistan? «Prevediamo di usare le forze armate solo per respingere un'aggressione, salvaguardare la vita di nostri cittadini e stroncare un attacco terroristico. Collaboreremo con l'Alleanza ma non invieremo certamente truppe».

In quel Paese non l'hanno spuntata né gli inglesi né i sovietici. Crede che gli americani e la Nato ce la faranno? «Con il solo uso della forza certamente no. Il problema in Afghanistan non è soltanto militare, occorre far rinascere il sistema politico, creare una società moderna, debellare il traffico di droga».

Una visita del Papa a Mosca è più vicina? «Col Vaticano la Russia ha buoni rapporti. Quanto alle relazioni tra la Santa Sede e il Patriarcato ortodosso, non dubito che le due Chiese se la possano cavare senza il Cremlino».

Fabrizio Dragosei e Franco Venturini

05 luglio 2009
da corriere.it
Registrato
Pagine: [1]
  Stampa  
 
Vai a:  

Powered by MySQL Powered by PHP Powered by SMF 1.1.21 | SMF © 2015, Simple Machines XHTML 1.0 valido! CSS valido!