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« inserito:: Luglio 04, 2009, 04:44:54 pm » |
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Il festival delle correnti democrat in cerca di ricette nuove per l'Italia di Mario Ajello
ROMA (4 luglio) - Le correnti? Sono varie, sono tante e che male c’è? Nessuno. Il bello è che, in un partito che vuole essere «nuovo» e che qualcuno vorrebbe «nuovista», anche le correnti non possono più chiamarsi come si faceva prima. E allora c’è chi, come Paolo Gentiloni, ieri ne ha dato una nuova definizione: «Il pluralismo identitario e organizzato che il Pd deve far proprio». E ha cominciato subito. Fra ieri e oggi, in rapida sequenza, ecco in campo la corrente (ma non va chiamata più così?) degli Esigenti, prima si chiamavano i Volenterosi e insomma si tratta dei rutelliani Liberi Democratici, i quali puntano a una ridefinizione ammodernata della Terza Via di Blair (molto liberali, dunque) e scelgono di appoggiare Franceschini ma al grido: «Noi con Dario saremo esigenti».
Qualche centinaio di chilometri più in là, riuniti a Norcia, ecco i Fioronidi (qualcuno li chiama i Norcini) e pure loro stanno con Dario ma bando ai «nuovismi» e insomma il leader Fioroni resta quello che è: un Dc allergico alla politica che si esaurisce nel modello YouTube. Due correnti? Macchè: si rischia di perdere il conto. Occhio ai trenta-quarantenni, assai fashion, denominati Lingottini (ma anche Piombini, perchè prima nella città toscana si sono incontrati e poi negli ex stabilimenti Fiat a Torino) che però sono diversi e distinti dal Ciclone Debora (la Serracchiani, giovane quanto loro ma accusata di essersi fatta cooptare dai ”vecchi”) perchè questa s’è adagiata su Franceschini mentre loro puntano sul «Terzo Uomo» che comunque non è il blogger loro coetaneo Mario Adinolfi il quale fa una corsa tutta sua. O i liberal-Pd che fanno capo a Enzo Bianco e sono a loro volta impegnatissimi nel cercarsi e ritrovarsi in questa fase pre-congressuale. O via così.
Uno «spazio di idee» - mai la chiamerebbe corrente e infatti il suo sostenitore Goffredo Bettini parla della necessità di «un partito senza correnti, fondato sul potere d’iscritti e d’elettori» - è quello che da stasera propone il medico Ignazio Marino. Il «Terzo Uomo» è lui, la sua corsa è partita, Bettini ci crede molto e il suo fiuto politico conta, e in nome di una partito aperto, dell’idea di pienezza di libertà di scelta da parte degli uomini e delle donne rispetto ai problemi della vita e della morte, di una visione della società e dell’economia di tipo liberale di sinistra, la candidatura Marino può creare scompiglio. E aggregare pezzi di società vogliosi d’aria nuova e ormai irriducibili nel loro fastidio per i bisticci da specchietto retrovisore fra D’Alema e Veltroni.
Viva le correnti. Ma a un patto: il gioco delle correnti è virtuoso solo se si trasforma in un concorso di idee, in una gara fra contenuti. Sta qui il confine fra il fallimento e il successo del «nuovo inizio» del Pd. Riusciranno i nostri eroi a superare le contese personali e di gruppo e a far diventare senso comune non solo nel Partito Democratico ma anche nell’Italia, che ne ha bisogno, le idee di frontiera, quelle più innovative e liberali, capaci di oltrepassare i vecchi schemi classici di destra e sinistra e di far muovere un Paese fermo?
A guardarla bene, senza soffermarsi sulle liti fra comari, sull’eccessiva autoreferenzialità dei linguaggi stantii e su categorie poco significanti (dalemismo, veltronismo, franceschinianesimo, post-prodismo, centro-sinistra col trattino, centrosinistra senza trattino...), questo inizio di stagione congressuale sta fornendo delle idee per il Paese. «Meritocrazia», per esempio, è il sogno da far diventare realtà che Ignazio Marino mette al centro del suo programma. «Dopo 18 anni trascorsi negli Stati Uniti - spiega il chirurgo-candidato segretario - non avrei mai creduto di trovare, da questo punto di vista, l’Italia così indietro». O ancora: delle liberalizzazioni nei servizi locali, nei sistemi di trasporto, nell’energia - chiodo fisso di Bersani - l’Italia ha un bisogno urgentissimo.
Così come di un nuovo approccio alla questione del Mezzogiorno, dove - è Fioroni che parla - non servono l’assistenzialismo ma la detassazione degli investimenti e delle assunzioni. E che dire dell’innalzamento dell’età pensionabile che, qua e là, fra i democrat, sta smettendo di far paura? Nel manifesto rutelliano, incontri per esempio il rifiuto del pauperismo e le virtù dell’economia sociale di mercato, o l’invito a «più concorrenza», alla «semplificazione burocratica», «a più investimenti nelle infrastrutture e nella ricerca», all’«interculturalismo» al posto del «multiculturalismo», a più «severità» e «educazione» nelle scuole. E via così, a stilizzare un nuovo centrosinistra. Che dovrebbe darsi questo slogan: con le correnti, controcorrente!
da ilmessaggero.it
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