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Autore Discussione: Tutti i documenti dell'affare Ifil-Exor...  (Letto 3594 volte)
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« inserito:: Giugno 13, 2007, 12:06:24 pm »

Lettere, bozze di accordi, telefonate: così è stato mantenuto il controllo di Fiat

Tutti i documenti dell'affare Ifil-Exor

di ETTORE BOFFANO e PAOLO GRISERI
 
TORINO - Quando fu decisa dall'Ifil la strategia dell'"equity swap" che, tra l'aprile e il 20 settembre 2005, consentì alla finanziaria del gruppo di mantenere il controllo del 30,06 per cento della Fiat anche dopo l'esercizio da parte delle banche creditrici del "convertendo" da tre miliardi di euro? E quali furono, con esattezza, i tempi della decisione di trasformare consapevolmente un'azione di mera speculazione sui 90 milioni di azioni Fiat acquistate da Merril Lynch in un vero e proprio aumento della quota di Ifil nel Lingotto? E infine, come devono essere letti quei tempi e quella decisione rispetto alla sincerità (o alla possibile falsità) dei due comunicati dell'Ifil del 26 luglio 2005 e della Fiat del 24 agosto successivo nei quali, su richiesta della Consob, si negava di essere coinvolti nelle manovre per l'acquisto di azioni del Lingotto?

Sono domande cruciali, in queste ore, per i magistrati della Procura di Torino (Marcello Maddalena, Bruno Tinti e Giancarlo Avenati Bassi) che deve decidere entro luglio sull'indagine nella quale sono indagati, per i reati legati alla violazione degli articoli 120 e 187 del Testo unico sulla Finanza (riguardano l'obbligo di comunicazione alla Consob sulle acquisizioni di partecipazioni rilevanti e la "manipolazione del mercato" da parte di chi approfitta di informazioni privilegiate), il presidente di Ifil, Gianluigi Gabetti, il civilista di fiducia degli Agnelli e della Fiat, Franzo Grande Stevens e l'attuale amministratore delegato di Ifi, Virgilio Marrone. Su questa vicenda, si è già pronunciata la Consob che, dopo aver escluso un obbligo di Opa per quell'operazione, il 13 febbraio scorso ha però ritenuto "non veritieri" i due comunicati e ha condannato l'Ifil a una multa complessiva di 16 milioni di euro, infliggendo la sospensione dalle cariche societarie a Gabetti (6 mesi), Grande Stevens (4 mesi) e Marrone (2 mesi). Una sanzione sospesa poi dalla Corte d'appello di Torino, il 4 aprile scorso, in attesa della decisione di merito.

Oggi Repubblica è in grado di ricostruire questa vicenda a partire dal dicembre 2004: un segreto svelato il pomeriggio dell'8 marzo 2006, quando gli uomini della Guardia di Finanza suonarono al portone di corso Matteotti 26, l'ex casa Agnelli di "Vestivamo alla marinara" e oggi sede dell'Ifil. Un ufficiale delle Fiamme Gialle entrò nell'ufficio del presidente e nel cassetto della sua scrivania sequestrò appunti scritti a mano e lettere riservate che consentono ora di raccontare la storia di quei "mesi drammatici", come li definirà poi lo stesso Gabetti.

L'allarme. Su un foglio di carta a quadretti, il 1° dicembre 2004 Marrone scrive a mano una nota "riservata" per Gabetti. L'amministratore avverte che se le banche esercitassero il "convertendo" anche solo per due terzi (2 miliardi) "si avrebbe una diluizione della partecipazione Ifil al capitale ordinario Fiat dal 30,06 a circa il 24 per cento". E comunica anche che, "per mantenere la partecipazione al 30,01 l'accomandita dovrebbe acquistare, prima dell'aumento di capitale, 58.467.000 azioni Fiat" a un prezzo che, a seconda della quotazione (ipotizzata tra il 6 e gli 8,5 euro), varierebbe tra 351 e 497 milioni. Subito dopo Marrone ricorda che "la disponibilità dell'accomandita è pari a circa 510 milioni". Un'evidente ammissione di difficoltà. Da quel momento scatta la febbrile consultazione su come evitare il ridimensionamento di Ifil a settembre.

L'incidente. Nel cassetto di Gabetti viene scoperta anche la sbobinatura di una telefonata del 23 aprile 2005. Chi parla è un noto avvocato torinese, Angelo Benessia, vicepresidente di Rcs e candidato del sindaco Sergio Chiamparino a succedere a Grande Stevens alla presidenza della Compagnia di San Paolo. Nel testo non è specificato chi risponde. Anche Benessia racconta una storia preoccupante e legge una lettera (già nota alla Consob) in cui Lehman Brothers avanza alle banche del "convertendo" la proposta di "investitori privati italiani ed esteri, famiglie italiane con vocazione industriale e investitori istituzionali" che si offrono di creare una nuova società che rilevi il convertendo e realizzi un "patto di joint governance con l'Ifil" che "coinvolgerebbe circa il 50 per cento di Fiat senza obbligo di Opa".

La reazione. Da questo momento i tecnici di Ifil si sentono sotto attacco e il giorno dopo producono una "bozza" da "inviare a Sergio Marchionne e Gabetti". All'apparenza una lettera che dovrà essere firmata dall'ad della Fiat, nella quale si commenta la proposta di Lehman Brothers: "L'iniziativa è vaga, non rivela chi sarebbero i proponenti, presuppone un'intesa con l'attuale azionista di controllo che ne è assolutamente all'oscuro e che, tesa a violare le regole a tutela del mercato e in particolare di tutti gli azionisti, può servire a fruttuose attività speculative".

Il contrattacco. Due giorni dopo, il 26 aprile, Ifil chiude con Merril Lynch Italia, attraverso la controllata di Vaduz "Exor", un contratto di "equity swap" per 90 milioni di azioni Fiat. Rispondendo sul sito internet "lavoce. it" ai dubbi dell'ex presidente Consob, Salvatore Bragantini, alla fine del settembre 2005, lo stesso Gabetti fornirà una "lettura" che è sempre stata poi mantenuta da Ifil. E cioè che quel contratto aveva, all'epoca, solo scopi speculativi: "Esso fu originato dalla sorpresa causata dall'improvvisa caduta della quotazione del titolo... Solo a fine agosto prese corpo un vero progetto per reperire con urgenza la disponibilità del pacchetto di azioni necessarie".

Dietro le quinte. Ma già il 16 maggio 2005, su alcuni fogli di carta a quadretti, compaiono le simulazioni di una sorta di nuovo "patto di sindacato" Fiat tra Ifil, Mediobanca e Generali. I due istituti conferirebbero al patto 12 milioni di azioni ciascuno per un totale equivalente al 2,99 per cento delle azioni in modo da evitare l'obbligo dell'Opa che scatta oltre il 3 per cento. Anche con questa ipotesi, spiega però la nota, sarebbe necessario rastrellare 66 milioni di azioni per rimanere sopra il 30 per cento. Quei 66 milioni di azioni, nello schema, sono attribuiti, alla voce "A. D.". Subito dopo, un'ulteriore specificazione chiarisce che "a seguito dei conferimenti ipotizzati, da Mediobanca e Generali, l'esercizio dell'equity swap si riduce da 90 a 66 milioni di azioni". Ecco dunque, per la prima volta, comparire l'operazione di "equity swap" come strumento per acquistare azioni Fiat e non, come sempre sostenuto da Ifil, per scommettere sulla loro rivalutazione. Addirittura, la nota tiene conto "del rateo di interesse da corrispondere a MLI (Merril Lynch Italia, ndr) per un periodo di 4-5 mesi". Un periodo che arriva proprio al settembre 2005, quando scade il "convertendo". L'identico schema è ripetuto in un'altra ipotesi che prevede l'ingresso nel patto anche di Sanpaolo-Imi.

Il tormento dell'Opa. Per le menti finanziarie dell'Ifil rimane però da sciogliere il problema di non dover sottostare all'obbligo dell'Opa. In un appunto del 1° giugno 2005, il quesito è chiaro: "Ifil può procedere all'acquisto delle azioni Fiat senza incorrere nell'obbligo dell'Opa di consolidamento?". Ed è chiara anche la strategia: "La società I. (Ifil, ndr) detiene, prima dell'aumento di capitale circa il 30,5 per cento di F. (Fiat, ndr) e non intende esercitare i propri diritti di opzione bensì intende acquistare, contestualmente all'emissione delle nuove azioni F. (quelle del "convertendo", ndr) un numero di vecchie azioni F. tale da mantenere sostanzialmente inalterata la quota". Su questa possibilità le direttive della Consob sono però contrastanti e per i tecnici dell'Ifil appare dunque "fondamentale il momento della rinuncia e dell'acquisto: se l'acquisto fosse contestuale alla rinuncia (al "convertendo", ndr) ci sarebbe margine per affermare che Ifil non supera la quota del 3 per cento".

Nuove ipotesi. Il 15 giugno gli uffici dell'Ifil producono un documento "confidential" in inglese, denominato "Term Sheet" ("Termini e condizioni del finanziamento") nel quale si ipotizza un nuovo assetto del Gruppo Fiat anche dopo il mantenimento della quota di controllo. Si prevede in particolare che "a ottobre-novembre 2005, Ifil dovrà cedere tutte le quote F. a una nuova società denominata Ifil Institutional Investements (I. I. I.) e sottoscrivere un accordo con i partners di minoranza". A tali partners andrebbe la partecipazione del 20 per cento in I. I. I. Questo schema, che prevede il superamento dell'attuale Ifil alla guida del gruppo Fiat, non ha trovato finora realizzazione. Nel vuoto cade anche un successivo progetto del 20 giugno nel quale Mediobanca e Generali parteciperebbero al nuovo "patto" con tutte le loro azioni: circa 47 milioni. In questo caso Merril Lynch dovrebbe "cedere sul mercato le azioni eccedenti del contratto Exor".

Finale di partita. All'inizio del luglio 2005 il progetto "equity swap" è ormai operativo. Bisogna allora agire su due fronti: quello della Consob, per avere la certezza che non scatterà l'Opa, e quello con "Exor" per acquisire le azioni di Merril Lynch. Riguardo all'Opa, dalle carte sequestrate spunta un appunto scritto a mano datato 6 luglio 2005. Marrone lo invia a Gabetti e suggerisce: "Estremamente opportuno l'approccio riservato da parte dell'avvocato Grande Stevens con il presidente della commissione" sul "noto problema". Quanto invece a Merril Lynch, l'8 settembre Ifil scrive alla "G. B. Partners" di Gerardo Bragiotti chiedendogli di fare da "consulente indipendente per l'assistenza nelle negoziazioni con Exor". Ma per la Guardia di Finanza tale iniziativa è "un incarico generico che suscita particolari dubbi, del quale non si capisce il senso se non la volontà di Ifil di precostituire documentazione a supporto".

L'inchiesta penale. Quanto peseranno adesso questi documenti sulle decisioni della procura? L'iter seguito da Ifil, e già vagliato dalla Consob, potrebbe aver "esorcizzato" il problema dell'Opa: resta da vedere però se i pm concorderanno. Invece, i magistrati dovranno dire soprattutto se l'utilizzo, fin dall'inizio di questa vicenda, di Merril Lynch e di Exor per rastrellare in maniera riservata azioni Fiat non renda "falsi" i due comunicati nei quali si sosteneva (26 luglio 2005) che "Ifil non è a conoscenza di informazioni relative a nuovi fatti rilevanti che possano aver influito sull'andamento del titolo Fiat" e che (24 agosto 2005) "Fiat non dispone di informazioni relative a nuovi fatti rilevanti tali da influire sulle proprie quotazioni". In altre parole, si dovrà stabilire se il comportamento di Ifil non abbia leso i diritti della Borsa in generale e quelli degli altri azionisti Fiat in particolare.

(13 giugno 2007)
 
da repubblica.it
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