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Autore Discussione: Mentana "Mediaset? E' un comitato elettorale"  (Letto 3272 volte)
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« inserito:: Maggio 13, 2009, 10:22:27 am »

12/5/2009 (17:25)

"Mediaset? E' un comitato elettorale"
 
Mentana pubblica il suo primo libro e svela la lettera scritta a Confalonieri

«Silvio Berlusconi voleva la mia testa»

ROMA


Mentana scrisse una lettera a Fedele Confalonieri nella notte tra il 21 e il 22 aprile 2008 - dopo una cena con i vertici di Mediaset e tutti i suoi direttori giornalistici, a una settimana dal trionfo elettorale di Berlusconi - chiedendo al presidente di Mediaset di aiutarlo ad uscire dal gruppo. «Non mi sento più di casa in un gruppo che sembra un comitato elettorale - ha scritto Mentana - dove tutti ormai la pensano allo stesso modo, e del resto sono stati messi al loro posto proprio per questo».

A rivelare della lettera è proprio l’ex conduttore di Matrix nel suo libro "Passionaccia" (Rizzoli), in uscita domani. Mentana ha anticipato un parte del libro nel corso di un’intervista a Vanity Fair. Questo il testo della lettera scritta al presidente di Mediaset: «La nostra cena si è conclusa da poche ore. Le dico francamente che è stato un errore invitarmi. Mi sono sentito davvero fuori posto. C’era tutta la prima linea dell’informazione, ma non ho sentito parlare di giornalismo neanche per un minuto. Sembrava una cena di Thanksgiving... Un giorno del ringraziamento elettorale. Tutti attorno a me avevano votato allo stesso modo, e ognuno sapeva che anche gli altri lo avevano fatto. Era scontato, così come il fatto di complimentarsi a vicenda per il contributo dato a questo buon fine... Non mi sento più di casa in un gruppo che sembra un comitato elettorale, dove tutti ormai la pensano allo stesso modo, e del resto sono stati messi al loro posto proprio per questo... Mi aiuti a uscire, presidente! Lo farò in punta di piedi».

Mentana nell’intervista rivela molte tappe della vicenda che ha portato alla fine del suo rapporto professionale con Mediaset: su quella notte («Dopo aver irriso per oltre un decennio le accuse di chi dipingeva Mediaset come una dependance di Forza Italia, avevo assistito a una scena che avrebbe fatto esultare i teorici del conflitto di interessi»), su come Confalonieri lo convinse a restare, e sul perchè il 9 febbraio scorso, la sera della morte di Eluana, l’azienda scelse invece la rottura. «L’aspetto della nostra "rottura" che mi è dispiaciuto di più - dichiara Mentana - è che Confalonieri non si è mai ricordato di un fatto che lo qualifica, nella mia vita, in modo diverso rispetto a un qualunque altro dirigente Mediaset: è stato uno dei miei testimoni di nozze».

Con Mediaset c’è tuttora un contenzioso aperto: «Ho presentato una richiesta di reintegro al Tribunale del lavoro - conclude Mentana - La sentenza dovrebbe arrivare nelle prossime settimane. Dopodichè, anche se dovessi vincere, Mediaset potrebbe ’risolvere immediatamente il contratto. Ma voglio che siano loro a dire che mi mandano via».

da lastampa.it
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« Risposta #1 inserito:: Maggio 13, 2009, 10:53:27 am »

«Passionaccia» uscirà il 13 maggio (rizzoli). vanity fair ne anticipa un capitolo

Mentana racconta l'addio a Mediaset: «Un gruppo che è un comitato elettorale»

Il giornalista pubblica la sua lettera (inedita) scritta a Confalonieri, nel suo primo libro
 

MILANO - «La nostra cena si è conclusa da poche ore. Le dico francamente che è stato un errore invitarmi. Mi sono sentito davvero fuori posto. C'era tutta la prima linea dell'informazione, ma non ho sentito parlare di giornalismo neanche per un minuto. Sembrava una cena di Thanksgiving... Un giorno del ringraziamento elettorale. Tutti attorno a me avevano votato allo stesso modo, e ognuno sapeva che anche gli altri lo avevano fatto. Era scontato, così come il fatto di complimentarsi a vicenda per il contributo dato a questo buon fine... Non mi sento più di casa in un gruppo che sembra un comitato elettorale, dove tutti ormai la pensano allo stesso modo, e del resto sono stati messi al loro posto proprio per questo... Mi aiuti a uscire, presidente! Lo farò in punta di piedi». Sono le parole della lettera - mai resa nota - che Enrico Mentana scrisse a Fedele Confalonieri la notte tra il 21 e il 22 aprile 2008, dopo una cena con i vertici di Mediaset e tutti i suoi direttori giornalistici, a una settimana dal trionfo elettorale di Berlusconi. La pubblica nel suo primo libro, Passionaccia (Rizzoli), in uscita il 13 maggio.

L'ANTICIPAZIONE - A Vanity Fair, che gli dedica la copertina - in edicola dal 13 maggio - Mentana anticipa un capitolo del libro e risponde a molte domande rimaste senza risposta. Su quella notte («Dopo aver irriso per oltre un decennio le accuse di chi dipingeva Mediaset come una dépendance di Forza Italia, avevo assistito a una scena che avrebbe fatto esultare i teorici del conflitto di interessi»), su come Confalonieri lo convinse a restare, e sul perché il 9 febbraio scorso, la sera della morte di Eluana, l'azienda scelse invece la rottura.

Lei scrisse a Confalonieri perché tra di voi c’era un rapporto speciale. Era stato lui a difenderla ogni volta che qualcuno aveva chiesto la sua testa. Perché, allora, lo scorso febbraio ha smesso di stare dalla sua parte?
«Non lo so. Ma sa qual è l’aspetto della nostra “rottura” che mi è dispiaciuto di più? In questi mesi, Confalonieri non si è mai ricordato di un fatto che lo qualifica, nella mia vita, in modo diverso rispetto a un qualunque altro dirigente Mediaset: è stato uno dei miei testimoni di nozze».

Motivo di più per chiedersi perché.
«Evidentemente o lui o l’azienda hanno ritenuto che la misura fosse colma. Si saranno chiesti: è più importante stare tranquilli o tenerci Mentana?». E si sono dati una risposta nel giro di poche ore. «Il punto è che io mi sono dimesso da direttore editoriale, dopodiché loro mi hanno licenziato da conduttore di Matrix. Mi ha sorpreso la determinazione a troncare – senza dialettica, e senza neppure il coraggio di dirmelo in faccia – un rapporto che durava da 17 anni».

Con Mediaset c’è tuttora un contenzioso aperto.
«Ho presentato una richiesta di reintegro al Tribunale del lavoro. La sentenza dovrebbe arrivare nelle prossime settimane. Dopodiché, anche se dovessi vincere, Mediaset potrebbe “risolvere” immediatamente il contratto. Ma voglio che siano loro a dire che mi mandano via. Mi interessa fare chiarezza in un rapporto che è stato importante: a Mediaset, ho fatto nascere dal niente un telegiornale, l’ho diretto per 13 anni, l’ho portato a essere il primo del Paese, ho creato una trasmissione, Matrix, che dopo tre anni e mezzo era il più seguito programma informativo in seconda serata... È giusto che tutto questo abbia un finale chiaro».

In 17 anni, quante volte Silvio Berlusconi ha chiesto la sua testa?
«Parecchie. A volte, però, si chiede la testa di qualcuno per non ottenerla. È uno “sfogatoio”, un modo per marcare il territorio».

Del suo impegno politico da ragazzo parla nell’ultimo capitolo del libro. Ricorda gli scontri tra autonomi e polizia, nel maggio 1977 a Milano, che portarono all’uccisione dell’agente Antonio Custra. E svela una notizia inedita riguardo all’inchiesta.
«Nel 1987, un magistrato milanese aveva riaperto le indagini su quell’omicidio, scoprendo che a uccidere Custra era stato Mario Ferrandi, detto Coniglio. Lui stesso fino a quel momento non aveva mai sospettato di aver sparato il proiettile responsabile dell’assassinio, ma, messo di fronte alle perizie, collaborò immediatamente con il giudice istruttore Guido Salvini. Nessuno prima di me ha mai svelato che Ferrandi e Salvini erano stati amici. Loro stessi non lo hanno mai detto. Io lo so perché tutti e tre avevamo fatto militanza insieme in un gruppo anarchico, da liceali, all’inizio degli anni Settanta».

Il video non le manca?
«No. Sarà che mi sentivo a rischio e che, quindi, ero psicologicamente preparato a fermarmi. Soprattutto dopo la vicenda Di Pietro». Che lei invitò spesso in trasmissione – l'ultima volta il 3 febbraio, sei giorni prima del lunedì di Eluana – nonostante le avessero chiesto di non invitarlo più.

Fu Confalonieri in persona a domandarglielo?
«Sì. Del resto, che tra Di Pietro e il pianeta Berlusconi ci sia della ruggine non è un segreto».

Cose che avrebbe voluto e che non è ancora riuscito a fare?
«Avrei voluto condurre una bella puntata di Matrix sulla morte di Eluana».


12 maggio 2009

da corriere.it
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« Risposta #2 inserito:: Maggio 14, 2009, 11:51:04 am »

14/5/2009
 
Politica a colpi di foto
 

 
MARCO BELPOLITI
 
La battaglia si combatte a colpi di fotografie. Come nel marzo del 2001 Silvio Berlusconi e il suo entourage d’addetti all’immagine - la mitica Miti Simonetto in primis - s’affidano alle fotografie. Libero ha confezionato una nuova «Storia italiana», intitolata «Berlusconi tale e quale», ovvero conforme all’originale - prender su e portar via - in 16 fascicoli con tanto di raccoglitore cartonato in vendita a parte. Un nuovo fotoromanzo a puntate con le istantanee ricavate direttamente dall’archivio del Cavaliere e diligentemente orchestrate da attenti cultori del rotocalco illustrato. Grand Hotel o Bolero in versione aggiornata, come se non fossero trascorsi quasi 60 anni dall’epoca in cui le italiane e gli italiani si abbeveravano a quella fonte iconografica per alimentare i loro sogni alla stregua della sposina dello Sceicco bianco di Fellini.

L’Italia torna indietro agli Anni 50? A guardare Chi, il Who’s who della nuova casa reale di Arcore, sembrerebbe di sì. Nel numero della settimana scorsa campeggiava in copertina una meravigliosa immagine del líder máximo con la moglie. Il titolo eloquente: «Veronica, la favola spezzata».

Una foto in cui i due, marito e moglie, dimostrano molto meno della loro età: al massimo 50 anni lui e 40 lei. Dentro la didascalia: foto scattata la scorsa estate nella villa in Sardegna. Il viso del presidente del Consiglio appare disteso e rilassato, privo di rughe, con due piccole zampe di gallina intorno agli occhi, e un leggero sorriso stampato sul volto. Lei, più radiosa che mai, è a dir poco perfetta. Miracoli di Photoshop. Come alla fine degli Anni 80 e inizio Anni 90, quando la mitica Miti arrivava in gran segreto allo studio Imagik di Milano e si chiudeva nella stanza con le foto del Capo per farle correggere a colpi d’aerografo: calvizie, bozzo sulla fronte, naso. E dire che la discesa in campo era ancora lontana, eppure la cura dell’immagine già attentissima. Nella Bibbia dei poveri sparata da Vittorio Feltri nell’allegato c’è persino un’immagine degli Anni 70 distribuita dal costruttore di Milano 2 ai giornali, già ritoccata nella capigliatura e nel profilo. Un procedimento antico, che è l’analogo della restaurazione attuata oggi direttamente sul corpo del Capo mediante le tecniche del trapianto, del lifting e del cerone quotidiano - compreso un discreto, ma efficace, ritocco con la matita intorno agli occhi dato prima di scendere dall’automobile, come hanno notato i cameramen accorsi a ritrarlo in Abruzzo.

Questa settimana Chi torna alla carica e dedica la copertina a lui: «Il mio album di ricordi», con un Silvio-Maigret, con tanto di pipa, foulard di seta al collo e l’immancabile pollice in su, alla Fonzie, ovvero l’ennesima incarnazione del trasformista di Arcore. Nel medesimo numero continua la favola del compleanno napoletano con Noemi che si confessa: «Sono ancora illibata». La foto di lei con il fidanzato appena scoperto - o riscoperto - e i genitori sullo sfondo che si baciano, e dietro il profilo del Vesuvio, è un esempio perfetto della comunicazione attuata dal Grande Ufficio Stampa del Cavaliere, ovvero da Alfonso Signorini, direttore di Chi, la vera rivista politica del presidente del Consiglio. Dal glamour tutto zucchero e miele di «Una storia italiana», fondata sulla famiglia e sul successo imprenditoriale, siamo passati invece al gossip vero e proprio, edificatorio, se si vuole, ma pur sempre gossip quale chiave di autopromozione. La vicenda del divorzio da Veronica diventa così un pezzo della sua storia patinata, un ulteriore esempio di una carriera inarrestabile, e non, come capita a tutti i mortali, di una sconfitta personale.

L’immagine dell’attore consumato, hollywoodiano, prevale su tutto, almeno nei rotocalchi di sua proprietà, e l’intera storia si trasforma in chiacchiera, cicaleccio, rumore di fondo intorno a una vita inimitabile. Una favola per adulti in un mondo massmediatizzato, in cui tutto scompare dietro alle figurine dell’album personale che da privato si trasforma in pubblico: l’album di tutti gli italiani. Si torna agli Anni 50, eppure nel contempo ci si lancia in avanti in una realtà postmoderna, in cui anche l’intimità viene usata a scopo pubblicitario. Persino la chiacchiera più negativa sulla vita sessuale del Capo diventa materia di visione pubblica, incanalata con stupefacente bravura sui giornali patinati del proprio gruppo editoriale. Così, mentre in Abruzzo, vestendo l’abito e il maglioncino nero, il leader politico si trasforma in un santo taumaturgo - un Padre Pio senza stigmate, almeno per il momento -, per farsi toccare dalle folle, alternando questo alla sua naturale propensione a fare il Dj, l’animatore turistico, alla Fiorello prima maniera, negli album sfoderati da Feltri e Signorini si presenta direttamente come «un uomo unico al mondo» («non posso evitare di essere me stesso», ha risposto a Ferruccio de Bortoli a «Porta a porta»).

In quello di Feltri, nella prima puntata appare in copertina come padre amoroso (dei figli di Veronica) e nella seconda è l’interlocutore di Gheddafi (il Colonnello ride, ma chiude gli occhi, Silvio ride e guarda dritto in macchina). Nella «rivista politica» di Signorini, Berlusconi-Re Sole è colui-che-va-verso-il-popolo e sfoglia compiaciuto il proprio album: dai 4-5 anni ai 17, la medesima età di Noemi, anzi più giovane di lei, che nell’articolo seguente parla della propria verginità. E la ragazza appare degna seguace del suo Papi, poiché è ricorsa, come dice il fidanzato su un altro periodico in edicola, Novella 2000, a Photoshop, per accomodare il proprio sedere. Il narcisismo traboccante del presidente del Consiglio non è un segreto per nessuno, così come la sua volontà di presentarsi come uno specchio degli italiani. Gli riesce, sui giornali di famiglia, dove la concorrenza non esiste. Ma sembra capace anche del contrario: fare degli italiani il proprio personale specchio, la superficie riflettente in cui si guarda. Un miracolo che, per durare, ha bisogno di massicce dosi d’incantamento. L’archivio fotografico accumulato nei decenni, e ora sapientemente usato, lo aiuta. Gli anni passano, ma come nel racconto di Wilde, che ha per protagonista Dorian Gray, lui è sempre bello e giovane. Nei romanzi, e ora anche nei fotoromanzi. Fin che lo specchio non si rompe.
 
da lastampa.it
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