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Autore Discussione: Enrico Fierro Viaggio a Onna, dove il sisma ha cancellato la vita  (Letto 2380 volte)
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« inserito:: Aprile 07, 2009, 06:50:03 pm »

Viaggio a Onna, dove il sisma ha cancellato la vita

di Enrico Fierro inviato a L'Aquila


Questo è il paese dove i morti dormono sotto una quercia. Avvolti in povere lenzuola lerce di polvere nera. Sono donne, giovani e anziane, uomini, mariti e figli, ragazzi e vecchi di paese. Tanti bambini. Il terremoto li ha presi nel sonno. Sono stati uccisi dall'imperizia degli uomini e dalla colpevole sottovalutazione di una tragedia annunciata da settimane di scosse. Schiacciati sotto le macerie di povere case di pietra e tufo. Otto secondi di apocalisse, il 90% della abitazioni spianate. Quando sono le dieci del mattino e nessuna radio, nessuna diretta tv, nessuno, neppure uno straccio di autorità pubblica, ha la benché minima idea della tragedia che ha colpito questo buco dell'Abruzzo, i morti sono messi in fila al sole, riparati dalle deboli foglie di un albero. «Cazzo, ma lo capite o no? Mi servono le casse, i cadaveri stanno per strada». È l'urlo disperato di un poliziotto il primo appunto sul taccuino del cronista. Intorno scene di guerra, case sventrate, poveri quadri di madonne penzolanti nel vuoto, materassi catapultati in strada, pezzi di una vita quotidiana stravolta dalla furia del sisma. Onna è la Sant'Angelo dei Lombardi dell'Abruzzo. Come il paese dell'Irpinia devastata dal terremoto del 1980 è il “cratere”, il simbolo sanguinante di questa tragedia.

Dopo sette ore
A sette ore e più dalle prime scosse i soccorritori sono pochi e danno l'anima. Una donna di fronte a un ammasso informe di macerie piange e spera: «Mia madre e mio nipote sono là sotto. Ha vent'anni, salvate almeno lui». Un vecchio tenta di recuperare qualcosa da quella che era la sua casa. «Manca tanta gente del paese. Noi siamo 350, ma all'alba ci siamo contati ed eravamo una settantina. Gli altri dove sono?». Quanti sono i morti di Onna sarà difficile saperlo fino a tarda sera, piove e grandina. Una sessantina, dicono. Il cronista ha contato almeno una ventina di cadaveri avvolti nelle lenzuola. E mentre contava i soccorritori scavavano altri morti. Della famiglia di Antonio si è salvata solo la moglie, una giovane donna malata di leucemia. Quando tirano fuori i corpi dei figli, due bambini di due e tre anni, un vigile del fuoco scoppia in lacrime. «Li hanno trovati abbracciati», mi racconta. Via delle Massare, una donna indica un'altra casa sbriciolata. «C'è mia madre sotto, ha 84 anni». Passeranno ore per recuperare il cadavere della donna. Sotto la quercia dove dormono i morti del terremoto l'urlo di una ragazza: «Gabriele no, non lo voglio vedere». Era un ragazzo Gabriele, ora da una coperta grigia che lo avvolge spuntano i suoi piedi lividi. Arrivano le prime bare, qualcuno scrive i nomi dei morti riconosciuti: Parisse Domenico, Colaianni Emma.

Il sisma ha ucciso più del cannone
Piazza Umberto I. «Venite, portate le lenzuola c'è un morto». Di fronte alla casa dove i cani cercano segni di vita dalle macerie, la targa che ricorda i caduti delle due guerre mondiali. Sono dodici. Il sisma ha ucciso più del cannone. Nella stessa strada un vecchio col volto tumefatto e il pigiama sporco di sangue ancora addosso, cerca la sorella. «È là sotto», dice alla soldatessa Coppola.

È una ragazza, corpo degli alpini. Le lacrime le rigano il bel volto. Adrian Muntian si aggira tra i soccorritori come uno zombie. Ha il volto gonfio di pianto. «Eravamo in casa io e mia moglie con i due bambini. Noi ci siamo salvati, ma lui, il più piccolo di 9 anni è morto. L'ho tirato fuori dalle macerie insieme ai vigili. Come si dice in italiano? Soffiava ancora». Antonella Foresta ascolta le parole di Adrian ed esplode. «È una carneficina e non è solo colpa del terremoto. Noi siamo salvi perché ieri notte abbiamo dormito in una casa nuova. Tutto il centro storico è crollato. Ma perché non ci hanno avvisato? Domenica sera alle undici c'è stata una scossa fortissima. Nessuno ci ha detto che dovevamo dormire per strada, ma che Paese è questo? Le tv locali lanciavano appelli ad evitare inutili allarmismi. Che schifo».


Una ragazza bionda si strappa i capelli e urla. «Ditemi mamma dov'è». È romena e lavora da queste parti. Punta gli occhi verso il prato con i morti. Una donna italiana l'avvicina e l'abbraccia. Lei capisce. «Mamma è morta non c'è più». Sua madre si chiamava Enesoiu Adriana, faceva la badante e dormiva con una anziana del paese, Jole Pezzopane. Le hanno trovate insieme. Il terremoto non chiede il passaporto. Uccide e basta. Susanna P., di dodici anni, e sua sorella Benedetta, di 25, sono morte schiacciate dalla loro casa. Domenica mattina avevano cantato in chiesa e distribuito le palme. L'altra sorella non sa della tragedia (per questo evitiamo di scrivere per intero il cognome), è fuori in gita scolastica. Vite straziate, famiglie distrutte. Un uomo anziano che non sa darsi pace. Si tuffa sulla bara dove c'è il cadavere del figlio e la stringe con tutta la forza che ha in corpo. «Il ragazzo si chiamava Fabio – racconta una donna – un giovane d'oro. Domenica notte non ha dormito nella casa dei genitori, quella laggiù, ancora in piedi, perché doveva far compagnia alla nonna che abitava nel centro storico. Lui è morto e la sua famiglia si è salvata». Le voci si rincorrono. Parlano di una bambina di tre mesi uccisa dal crollo della sua casa. E di due fidanzatini che forse avevano deciso di passare una notte d'amore in una della case schiacciate dal sisma.

07 aprile 2009

da unita.it
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