LA-U dell'OLIVO
Novembre 26, 2024, 07:05:43 pm *
Benvenuto! Accedi o registrati.

Accesso con nome utente, password e durata della sessione
Notizie:
 
   Home   Guida Ricerca Agenda Accedi Registrati  
Pagine: [1]
  Stampa  
Autore Discussione: Il bilancio della pandemia, quattro anni dopo. - Economist, New York Times  (Letto 653 volte)
Admin
Administrator
Hero Member
*****
Scollegato Scollegato

Messaggi: 30.949



Mostra profilo WWW
« inserito:: Aprile 13, 2024, 12:29:59 pm »

Economist, New York Times

Il bilancio della pandemia, quattro anni dopo

    di ELENA TEBANO

   Non c’è dimostrazione migliore di quanto le cose siano cambiate del fatto che il quarto anniversario della pandemia di Covid sia passato assolutamente in sordina. Ormai il 9 marzo del 2020, quando tutta l’Italia fu dichiarata «zona rossa», sembra lontanissimo. E del Covid non parliamo più, se non quando si tratta di istituire Commissioni per condannare l’operato dell’allora governo Conte II. Ma questo ha anche impedito di fare una seria riflessione a freddo sul bilancio della pandemia. Se ne occupano invece sia l'Economist, che continua a compilare il più aggiornato database sulle morti da Covid nel mondo, che il New York Times con un commento di David Wallace-Wells: entrambi smontano un po’ di luoghi comuni sulla pandemia.
Le morti ufficiali per Covid, un conteggio che si basa sui test effettivamente fatti nei vari Paesi, ammontano nel complesso a 7 milioni. L’Economist, però, analizzando le morti in eccesso (un indicatore usato per la prima volta al mondo in un articolo sul Corriere firmato da Claudio Cancelli e Luca Foresti), stima che i morti causati dalla pandemia — o direttamente per i virus, o per il virus come concausa, o perché il virus ha precluso l'accesso alle cure mediche per altre patologie — siano oltre quattro volte tanto, 28,5 milioni. «Questo numero — spiega il settimanale — rappresenta il divario tra il numero di persone morte in una determinata regione in un determinato periodo di tempo, indipendentemente dalla causa, e il numero di morti che ci si sarebbe aspettati se non si fosse verificata una particolare circostanza», in questo caso se non ci fosse stato l’epidemia di Covid.

Con questo metodo l'Economist stima che in Italia ci sia stato il 50% di morti in più di quelli registrati, tra 300 mila e 310 mila decessi complessivi (contro i 196.376 registrati ufficialmente). In base a questa stima il nostro Paese (vedi grafico sotto) rimane uno di quelli che hanno registrato un numero maggiore di vittime in rapporto alla popolazione. Da questi numeri si evince anche che la politica svedese, basata sull’assunzione di responsabilità dei cittadini invece che sui divieti, ha funzionato.
 
Dall'analisi dell’Economist emerge soprattutto un dato inaspettato: i Paesi che hanno avuto più vittime non sono quelli occidentali, a dimostrazione del fatto che l’efficienza dei sistemi sanitari e l'accesso al vaccino sono stati fattori fondamentali nel prevenire le morti per Covid.
«L’impatto più grave della pandemia non si è verificato negli Stati Uniti o in Gran Bretagna, ma nell’Europa dell’Est, una regione che presentava un mix catastrofico di invecchiamento della popolazione, sistemi sanitari deboli e governi centrali spesso incapaci o indifferenti. Di tutte le grandi nazioni del mondo, secondo questa analisi, la Russia è quella che se l’è cavata peggio» spiega David Wallace-Wells. Anche in India, che dichiara 533 mila morti ufficiali per Covid, la pandemia ha fatto strage: sempre secondo le stime dell’Economist, i morti sono stati tra i 2,8 e i 10 milioni, nel migliore dei casi 5 volte quelli dichiarati, nel peggiore 18 volte.

Se invece si analizzano le vittime over 65, si vede che l’Italia, l'Europa e il Nord America in rapporto alla popolazione ne hanno avute molte meno che gli altri Paesi (vedi il grafico sotto).
 
«Quando si controllano le differenze demografiche, la pandemia è stata più triste non nei “ricchi Stati falliti” dell’Anglosfera o in quelli a medio reddito dell’Europa dell’Est, ma nei Paesi più poveri del mondo, in particolare nell’Africa subsahariana, proprio come si sarebbe potuto prevedere all’inizio del 2020. Il più colpito è stato l’Uganda, che ha registrato un tasso di mortalità corretto per la demografia sette volte superiore a quello degli Stati Uniti. Quelli subito dopo più colpiti nella tabella dell’Economist sono lo Zambia, il Ciad, lo Zimbabwe e il Mozambico. Seguono altri due Paesi africani - Etiopia e Malawi - prima dei primi Paesi non africani, Bahrein e Afghanistan» scrive ancora il giornalista del New York Times. Sono Paesi con sistemi sanitari inesistenti e dove la campagna vaccinale è arrivata con anni di ritardo rispetto al Nord America o all’Europa. I morti africani sembravano meno solo perché in Africa ci sono meno 0ver 65 che in Europa.

Dall’analisi dell’Economist emerge infine che i vaccini, che pure hanno fatto vittime, nel complesso hanno difeso la popolazione da conseguenze molto peggiori.

Da - Il Punto del Corriere della Sera


Registrato

Admin
Pagine: [1]
  Stampa  
 
Vai a:  

Powered by MySQL Powered by PHP Powered by SMF 1.1.21 | SMF © 2015, Simple Machines XHTML 1.0 valido! CSS valido!