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Autore Discussione: Woody Allen e le aragoste contro Madoff  (Letto 2612 volte)
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« inserito:: Marzo 23, 2009, 11:23:36 am »

La storia

Woody Allen e le aragoste contro Madoff

Nel racconto per il «New Yorker» la vendetta di due investitori truffati nell'imbroglio da 65 miliardi di dollari


NEW YORK - Due vittime di Bernard Madoff - la prima morta d'infarto, la seconda suicida - tornano in vita reincarnate come aragoste per mettere a segno una divertentissima e diabolica vendetta postuma contro il finanziere la cui maxi-truffa da 65 miliardi di dollari ha ridotto sul lastrico non solo loro ma migliaia di altri investitori privati, associazioni religiose e non profit. Dalle pagine del prestigioso New Yorker Woody Allen non ha resistito alla tentazione di azzerare i conti con il 70enne genio del male, oggi rinchiuso nel Centro Correzionale Metropolitano di Lower Manhattan. Protagonisti dell' esilarante racconto breve infarcito di termini yiddish sono Abe Moscowitz e Moe Silverman. Due vecchi amici newyorchesi morti entrambi di recente, che si rincontrano nella piscina per aragoste di un elegante ristorante dell' Upper East Side di Manhattan.

«Abe sei tu?», chiede Moe, che nel crostaceo scaraventato da un inserviente nell'acqua salata riconosce subito il vecchio dentista Moscowitz, morto due settimane prima d'infarto. «Sono proprio io», replica Abe all'amico Moe, che dopo aver perso tutti i risparmi di una vita nel crac Madoff si è suicidato buttandosi dal tetto del suo golf club a Palm Beach. «Ho dovuto aspettare mezz'ora prima di lanciarmi», ironizza Moe, «Ero il 12˚ della fila». Mentre i due filosofeggiano sulla bizzarra sorte riservata loro dalla provvidenza, Madoff e l'ingioiellatissima moglie Ruth entrano nel ristorante e si siedono ad un tavolo lì vicino. Alla vista dell'uomo che li ha mandati all'altro mondo, Abe è assalito da una crisi di riflusso esofageo. «Ogni mese ricevevo il suo estratto conto», mugugna, «sapevo che quei numeri erano troppo belli per essere kosher. Quando, scherzando, ho detto a Madoff che assomigliavano allo schema Ponzi, gli è andato di traverso un boccone di kugel».

«Giocavo a golf con lui in Florida», ribatte Moe, «quando non guardavi, spostava la palla col piede dentro la buca ». «All'inizio mi disse che non aveva spazio per un altro investitore», prosegue Moe, «più mi rifiutava e più io volevo entrare. Lo invitai a cena e mi promise di darmi il prossimo posto libero, ma solo dopo aver assaggiato le blintzes di Rosalee». A questo punto, il maitre scorta Madoff alla vasca delle aragoste. «L'untuoso pescecane analizza i candidati in base alla potenziale succulenza», scrive il regista di Manhattan e Mariti e Mogli, «puntando alla fine il dito verso Moscowitz e Silverman». «Dopo avermi rubato i risparmi di una vita, adesso mi vuole degustare in salsa al burro?» strepita Abe, ormai completamente fuori controllo, «Ma che razza di universo è mai questo?».

Il resto della storia vede i due amici rovesciare a colpi di coda la vasca e, tra gli applausi dei commensali che nel frattempo hanno riconosciuto il farabutto, ridurre Madoff in una maschera sanguinante. «Questo è per le vedove e le charities!», strillano. Alla fine della giornata le due aragoste vendicate raccolgono le poche forze rimaste e si tuffano nelle acque gelide e profonde della Sheepshead Bay, dove oggi vivono libere, Abe insieme ad una sogliola conosciuta quand'era ancora dentista a Manhattan. «Prima di spedirlo al Lenox Hill Hospital coperto di abrasioni e vesciche», conclude soddisfatto Allen, «riescono a persuadere l'untuoso ladro a dichiararsi colpevole. E a chiedere scusa per il monumentale raggiro».


23 marzo 2009
da corriere.it
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