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« inserito:: Novembre 25, 2008, 05:24:52 pm » |
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Laboratorio Varese
di Francesco Bonazzi
Presenza capillare. Dirigenti giovani. Salda presa sulle poltrone che contano.
Così la Lega si rafforza e aumenta i consensi. Anche a scapito degli alleati Ma si può tollerare che il centrosinistra governi Laveno Mombello, un paese che ha dato i natali a Renato Pozzetto e dove ha segnato i primi gol Gigi Riva? No che non si può, anche perché a Laveno, sponda varesina del lago Maggiore, hanno capovolto la storia del villaggio di Asterix, l'eroe preferito del ministro Maroni: qui gli eredi della tradizione centralista e cattocomunista resistono in municipio da tre anni e mezzo, circondati da decine di sindaci col fazzoletto verde in quella che è la provincia più leghista d'Italia.
Ora, in un grande partito moderno se ne strafregherebbero di riconquistare una cittadina di novemila anime. E invece sabato prossimo, alle cinque e mezza della sera, a Laveno sarà Umberto Bossi in persona a inaugurare la sezione numero 32 della provincia di Varese. Ci saranno pochi militanti? Non importa, perché anche se ora fa il ministro, il Grande Capo non si è dimenticato che qui tra un anno e mezzo si vota e tocca rimontare. Con i soliti sistemi: comizi, sagre, sezioni e manifesti. E soprattutto, da almeno dieci anni, con una classe dirigente selezionata attraverso una severa gavetta dove nessuno può bruciare i gradini. Roba da museo? Sarà, ma intanto con questa strategia la Lega Nord non è solo il partito più vecchio tra quelli che siedono in Parlamento, ma è anche il più vitale. Ha raddoppiato i voti alle ultime politiche (8,3 per cento alla Camera), li ha triplicati due settimane fa alle provinciali di Trento (tutto a spese del Pdl, dimezzato in pochi mesi) e ora sfonda quota 11 per cento nei sondaggi, sempre a spese degli alleati di governo. Varese è il posto giusto per provare a capire il segreto della Lega, perché qui sono le sue radici e queste radici non sono mai state tagliate. Anzi, producono i leader di oggi e di domani.
Per i leghisti della prima ora, piazza Podestà è un luogo mitico quasi quanto Pontida.
Il 28 novembre prossimo saranno esattamente 22 anni dall'apertura della prima sezione del partito. Un posto che ha portato fortuna. Il 28 novembre del 1992, mentre festeggiava con torta e comizio il sesto compleanno della Lega, Umberto Bossi la sparò grossa: "Questa sarà la prima città ad avere un sindaco della Lega e presto arriveremo al governo di Roma". Per la cronaca, quello stesso giorno, Mario Chiesa si beccava la prima condanna di Tangentopoli e il Senatùr aveva capito prima di altri come stava girando il vento. A gennaio del 1993 il leghista Raimondo Fassa diventa puntualmente sindaco di Varese, mentre per Palazzo Chigi bisogna aspettare solo la primavera dell'anno dopo e il primo governo Berlusconi. Oggi, a Varese, il sindaco è sempre del Carroccio e il partito ha anche una sede di prestigio in un bel palazzo di via Magenta. "La Lega ormai è l'unico partito vero, inteso come partito di una volta, e sbaglia di grosso chi crede che non sopravviverebbe a Bossi. Semmai questo è un problema del Pdl con Berlusconi.", spiega l'avvocato Fassa, che se non fosse uscito dal partito nel '98 per ragioni ideologiche (denunciò una "deriva neo-nazionalista"), oltre che eurodeputato sarebbe probabilmente diventato ministro. In quella sua giunta da pionieri, tanto per citarne uno, si è fatto le ossa come assessore al bilancio Roberto Maroni, altro varesino doc. Ma è da tutta la provincia che stanno venendo fuori i colonnelli del Carroccio. Giancarlo Giorgetti, commercialista di 41 anni, oggi guida la commissione Bilancio della Camera dopo una gavetta che non gli ha risparmiato nulla, neppure di dover fare il sindaco di Cazzago Brabbia, suo paese natale. L'ingegner Marco Reguzzoni, che a soli 37 anni è il vicepresidente dei deputati leghisti, a 22 era consigliere comunale a Busto Arsizio, a 31 veniva eletto presidente della provincia con il 58,6 per cento dei voti e cinque anni dopo incassava la riconferma con una nuova valanga di voti (61,7 per cento). Quando Bossi lo candida a Montecitorio interrompendone il secondo mandato dopo un anno scarso, la Lega non paga neppure pegno in provincia. Al posto del presidente-ragazzino, Bossi ha il colpo di genio di candidare il senatore Dario Galli, che lo scorso aprile prende addirittura il 64 per cento dei voti. Galli è un ex ingegnere dell'AerMacchi, ovviamente ha dovuto fare il sindaco della sua Tradate fin dal 1993 e prima di tornare nella cara 'Insubria' ha dovuto sgobbare dieci anni in Parlamento. Con i suoi 51 anni, Galli in altri partiti sarebbe un giovane promettente.
Nella Lega, invece, è quasi un vecchio.
Per Varese città, dopo i sette anni del pedagogista Aldo Fumagalli, dal 2005 il Senatùr ha scelto il cinquantacinquenne Attilio Fontana, penalista tra i più noti della zona. Oggi Fontana si presenta come un leghista atipico, poco incline alla pochette verde, ben introdotto nei salotti che contano e con una passionaccia per il golf e le Porsche. Ma quando frena i suoi compagni di partito sull'opportunità delle ronde padane, come sta facendo in questi giorni, è solo perché fu lui, come avvocato, a difendere i primi 'volontari della sicurezza'. E saggiamente aspetta da Roma un qualche codicillo che li garantisca penalmente. Nonostante il servizio in avvocatura e a dispetto del censo, prima di arrivare a Palazzo Estense anche Fontana ha dovuto farsi le ossa: prima come sindaco di Induno Olona e poi da presidente del Consiglio regionale lombardo. Non sarà un emergente, forse, ma chi mai volesse sfidarlo nel 2010 avrà di fronte una parete di sesto grado.
Il potere della Lega, però, non si ferma qui e neppure ai mitici mondiali di ciclismo, quelli che per la Lega sono stati un po' la parata in mondovisione del 'Ce l'abbiamo fatta'. Loro continuano a pedalare in tutti i palazzi del potere con la solita praticità: se devono concedere qualcosa alla Compagnia delle Opere lo fanno, magari in materia di assistenza, ma su sicurezza e immigrazione non lasciano spazi scoperti a destra. A meno di volersi dedicare a qualche testa calda nazistoide di Luino e dintorni.
"Qui i leghisti hanno il merito politico di non aver privatizzato i servizi pubblici essenziali, ma è anche vero che hanno quintuplicato le poltrone di sottogoverno", sostiene Flavio Nossa, storico leader della Cgil varesina. Tutti sanno quanto conta la Lega nella partita Malpensa, a cominciare dal gran capo della Sea, l'avvocato Giuseppe Bonomi, ma forse la vicenda delle municipalizzate varesine raggruppate sotto la holding Aspem è più indicativa di come funziona il sistema. Negli anni delle giunte leghiste, Aspem è diventato un semi-big nei settori dell'acqua, del gas e dell'igiene urbana, ma ha anche prodotto poltrone in serie e ben pagate per personaggi di seconda fila del sottobosco carrocciesco. Lo documentò molto bene, l'anno scorso, un'inchiesta del direttore di 'Rete55' Matteo Inzaghi, alla quale sta facendo seguito un'indagine della magistratura varesina sull'attribuzione degli incarichi.
Al di là di eventuali risvolti penali, quello che più interessa di Aspem è quanto sia la prova di come la Lega si divora gli alleati. Nei mesi scorsi, Forza Italia voleva fondere Aspem con le cuginette prealpine di Busto e Gallarate, ultime roccaforti azzurre nel varesotto, e la giunta Fontana, che invece pensava in grande, ha rischiato per un attimo di cadere. Ma poi è bastato che Bossi andasse a protestare da Berlusconi e nella Stalingrado leghista è scattato il rimpasto: il vicesindaco forzista che premeva per la fusione a tre è stato sostituito dalla sera alla mattina e Aspem si è unita ai colossi bresciani di 'A2A'. Succo della lezione per i poveri forzisti locali: a Varese non si passa. Del resto, anche quando si tratta di nomine pubbliche, è sempre dall'inesauribile fucina della gloriosa 'Insubria' che i leghisti vanno a pescare. Di Varese e dintorni sono il presidente della Sea Giuseppe Bonomi (ex Alitalia), il direttore di RaiDue Antonio Marano e il suo predecessore Massimo Ferrario, il consigliere Rai Giovanna Bianchi Clerici e il 'vecchio' Galli che siede anche nel cda di Finmeccanica.
Chi sarà davvero l'erede di Bossi, tra Maroni e Reguzzoni, magari è un po' presto per dirlo. Ma è molto probabile che sarà di Varese e che avrà fatto una lunga gavetta.
(25 novembre 2008) da espresso.repubblica.it
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