Admin
Utente non iscritto
|
|
« inserito:: Ottobre 07, 2007, 11:58:00 am » |
|
6/10/2007 Quei segnali d'attacco all'Iran GIULIETTO CHIESA
Da diverse settimane era già evidente che il momento dell’attacco contro l’Iran si stava avvicinando. Ma la gran parte dei commentatori sembrava sorda a ogni suono e cieca di fronte ai segnali. Tutti fermi alla stolida constatazione, politically correct, secondo cui gli Stati Uniti non potrebbero invadere l’Iran, non avendo la forza di farlo. Il problema è che nessuno, al Pentagono, pensa di invadere l’Iran. Non era bastata la secca dichiarazione di Sarkozy al suo ritorno da Washington: o via la bomba iraniana oppure si dovrà bombardare l’Iran. Poi è arrivata la replica del ministro degli Esteri francese Kouchner, ancora più esplicita: «Prepararsi». Alle conseguenze, s’immagina, e ce ne saranno molte. D’Alema, unico europeo a parlare fino ad ora, ha detto una cosa saggia: «La guerra non serve». Ma bisognava farlo prima e dirlo più forte. Perché ormai siamo alla vigilia. Ci sono state «fughe di notizie» direttamente dalle vicinanze del vice-presidente Cheney. E c’è un considerevole numero di analisti rinomati, sia nel campo dei falchi che delle colombe, che giungono tutti alla stessa conclusione.
Il sito Raw Story ha pubblicato la sintesi di un ampio studio condotto da Dan Plesh (Università di Londra) e da Martin Butcher (direttore del Consiglio Britannico Americano per l’Informazione sulla Sicurezza) che afferma: «Gli Usa hanno preparato le loro forze armate a un massiccio attacco contro l’Iran che è di fatto già pronto e che non prevede un’invasione sul terreno». L’obiettivo: «Eliminare le armi di distruzione di massa iraniane, il sistema energetico nucleare, il regime, le forze armate, l’apparato statale, e le infrastrutture economiche in pochi giorni, se non poche ore dal momento in cui il presidente Bush darà l’ordine di attacco». La stessa conclusione è stata pubblicata da Timesonline (Sunday Times), riportando le parole che Alexis Debat (direttore per il Terrorismo e la Sicurezza Nazionale del Nixon Center) pronunciò a un incontro organizzato dalla rivista dei neocon The National Interest. Gli Usa - ha detto - non si preparano a «qualche puntura», ma «coinvolgeranno l’intera forza militare iraniana», con l’obiettivo di «annichilirla nello spazio di tre giorni».
Ma i segnali più direttamente politici sono ancora più inquietanti. Il deputato democratico Kucinch fa sapere in riunioni ristrette (ma rimbalzate sul web) che il vertice del suo partito ha già dato via libera a Bush. Hillary Clinton ripetutamente dichiara di non escludere l’uso della forza contro l’Iran. E, quando, recentemente, il Senato Usa ha approvato il «Defense Appropriations Bill», con il consenso di Nancy Pelosi, non solo sono stati concessi i 100 milioni di dollari aggiuntivi chiesti dal Presidente per la guerra irachena, ma è sparita dalla risoluzione la condizione (inizialmente prevista) secondo cui il Presidente avrebbe dovuto affrontare un voto del Congresso prima di poter decidere l’attacco. Che sarà dunque bipartisan.
Quindi non più soltanto la bomba atomica iraniana, che Washington intende stroncare prima che nasca, ma la voglia di eliminare l’ultimo antagonista rimasto nell’area. Il tema della bomba si è incaricato di svolgerlo uno dei principali organizzatori e sobillatori dell’attacco contro l’Iraq, Michael Ledeen, che con l’attivo supporto dell'American Enterprise Institute ha lanciato il suo ultimo libro: «La bomba a tempo iraniana: la necessità di distruggere i Mullah Zeloti» (St Martin Press). Dove ripete ciò che dice e fa da anni: «Questa Amministrazione presidenziale, o la prossima, dovranno fare fronte a una scelta terribile: accettare un Iran nucleare, o bombardarlo prima che le sue armi atomiche siano pronte a partire». E poiché Ahmadinejad non accenna a cedere, la conclusione non lascia spazio a dubbi. Questo pensano coloro che guidano l’America, inutile farsi illusioni. Hanno convinto anche la Francia di Sarkozy. Cosa pensi l’Europa non è dato sapere. Noi ci occupiamo solo di pagare gli effetti del disastro della finanza americana, ma a fare due più due non siamo capaci.
da lastampa.it
|