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Autore Discussione: JAVIER CERCAS In pensione a 40 anni (e ritorno)  (Letto 2390 volte)
Admin
Utente non iscritto
« inserito:: Febbraio 09, 2009, 05:15:16 pm »

9/2/2009
 
In pensione a 40 anni (e ritorno)
 
JAVIER CERCAS
 

Ho trovato la soluzione: la cosa migliore è che rinchiudano tutti noi quarantenni. Lo Stato del benessere dovrebbe darci un posto pulito e illuminato bene dove ci accudissero e dove fosse possibile condurre un’esistenza minima, vegetativa. Potremmo leggere, vedere la tv, passeggiare in giardino, giocare a calcio nel cortile; e, la domenica, uscire in fila indiana per andare a fare opere di carità e visitare gli infermi. Certo si tratterebbe d’una clausura volontaria e la durata dipenderebbe dall’interessato: ad alcuni giganti basterebbero pochi mesi, ma il soggiorno normale dovrebbe durare una decina d’anni: invece di mandare in pensione le persone a 65 anni - quando vivono la stagione migliore dell’esistenza - le si manderebbe in pensione a 40 e si pagherebbero i costi della clausura con i soldi del loro vitalizio; quindi, una volta usciti dalla clausura e tornati, euforici, alla realtà, potremmo riprendere il nostro lavoro per pagare la clausura dei nuovi quarantenni. Questa è la soluzione.

Gli scienziati si sono dedicati allo studio della felicità. Secondo i giornali sono arrivati alla stessa conclusione: i due periodi più felici della vita sono i 20 anni e i 60, la gioventù e la pensione. Per i giovani è scontato, a 20 anni uno si dedica alle attività più appaganti: innamorarsi, accoppiarsi, bere birra e tirare polpette nei ventilatori alle feste. Per i pensionati, anche se non è scontato, è comunque certo. Un amico quest’estate ha trascorso un fine settimana in un alberghetto con moglie e figlio; tutto bene sino a che non si è materializzato un gruppo di pensionati: addio tranquillità. Il peggio è stata la notte: alle due l’amico è dovuto uscire in corridoio in pigiama a implorare un po’ di silenzio; un’ora dopo era ancora lì, a impedire con la forza che una signora che poteva essere sua madre buttasse giù a calci una porta al di là della quale il marito si dava da fare con un’ex parrucchiera.

Che dicono gli scienziati dei 40? Dicono che a 40 anni si apre un solco. Il quarantenne non s’innamora, si accoppia poco, beve poca birra e non tira mai una polpetta nel ventilatore. Vive incastrato tra figli troppo giovani e genitori troppo vecchi, si prende cura dei figli, ma si sente in colpa perché non si prende troppo cura di loro; si prende cura dei genitori, ma si sente in colpa perché non si prende troppo cura di loro. A volte ricorda il giorno in cui un’infermiera gli ha messo tra le braccia suo figlio appena nato; ha pianto, come tutti, ma ha capito che non piangeva per la felicità ma per la voglia di correre via sino al deserto del Gobi. Non l’ha fatto, adesso è tardi per farlo, e ha il terrore di perdere la propria famiglia. Odia la parola responsabilità, anche se si sente responsabile di tutto. Schopenhauer ha detto che ogni volta che respiriamo è come se tenessimo la morte lontana a schiaffoni; il quarantenne ha l’impressione di dover tenere lontani, a schiaffoni, i morti: muoiono i padri, le madri, i padri e le madri degli amici, a volte muoiono persino gli amici. I più decidono di alimentarsi a base di ansiolitici e antidepressivi. Alcuni ingenui sognano di cambiare vita, sogno da mentecatti. A me viene una voglia matta di vestirmi da uomo rana e di chiedere solennemente che la seduta sia subito tolta.

Ma non può essere così: non si può cambiar vita, togliere la seduta; non c’è soluzione, non è una soluzione neppure che ci rinchiudano: era uno scherzo, ah, ah, era solo un altro sogno da mentecatti. Signore e signori, lo spettacolo deve continuare. Bisogna continuare a prendersi cura dei genitori. Bisogna continuare a prendersi cura dei bambini. Bisogna continuare a tenere lontana la morte a schiaffoni. Bisogna attenersi a una buona dieta. Bisogna essere coraggiosi e ridere fragorosamente almeno due volte al giorno - ridere è roba da coraggiosi: i vigliacchi non ridono mai. Non bisogna piangere e, se si piange, bisogna arrivare a casa in lacrime. Bisogna tirare avanti come si può, anche se si è vestiti da uomo rana: è sufficiente che ci rendiamo ridicoli il meno possibile e conserviamo un minimo di dignità non sorridendo agli imbecilli, essendo buoni con i buoni ed evitando ad ogni costo i cattivi e, soprattutto, i cattivi travestititi da buoni. Non è così difficile, amici. Tutto questo passerà. Sembra impossibile, ma passerà. Da lì non si esce con facilità, ma quando finalmente ne usciremo non ci saranno, nel mondo, abbastanza polpette e abbastanza ventilatori per ripagarci. Quel giorno ve ne renderete conto.
 
da lastampa.it
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